Prof. Francesco Franceschi

Direttore U.O.C. Medicina D’Urgenza e PS, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 2, Aprile - Giugno 2023

Comunicazione: Oltre la troponina: nuovi biomarcatori nello screening del dolore toracico in Pronto Soccorso

28 febbraio 2023

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Oltre la troponina: nuovi biomarcatori nello screening del dolore toracico in Pronto Soccorso

A. Piccioni, S. Baroni, F. Sarlo, F. Manca, M. Santoro, F. Rosa, V. Vaccaro, L. Franza, M. Covino, A. Gasbarrini, F. Franceschi


Abstract
Introduzione. Il dolore toracico è una delle cause più frequenti di accesso in Pronto Soccorso (PS), e può essere la manifestazione clinica di un ampio spettro di patologie, incluse condizioni “tempo-dipendenti” come la Sindrome Coronarica Acuta (SCA). La diagnosi o esclusione di Infarto Miocardico Acuto (IMA) è una sfida quotidiana in Pronto Soccorso, soprattutto quando i criteri clinici classici e l’ECG non sono sufficienti per porre diagnosi. Il medico di PS ha il compito estremamente delicato di gestire pazienti con dolore toracico e definirne correttamente l’inquadramento diagnostico; pertanto, ha necessità di fare una diagnosi differenziale, dal momento che il dolore toracico può essere causato da un insieme di cause non cardiache, sia vascolari sia non vascolari, ad esempio polmonari, neurologiche, osteoarticolari, gastrointestinali e psicologiche. Recentemente è stata evidenziata l’importanza dei processi infiammatori e del danno endoteliale nella patologia cardiovascolare; di conseguenza ci si è focalizzati sui nuovi biomarcatori, con un approccio “multimarker” in cui i vantaggi offerti da ciascun marcatore sono combinati, in modo da dare al problema clinico una soluzione ottimale.
Metodi. Lo studio è uno studio pilota prospettico, osservazionale e monocentrico. 258 pazienti sono stati arruolati in seguito al loro accesso in PS con dolore toracico tipico, previo consenso informato. Su ogni paziente sono stati eseguiti test diagnostici alla ricerca dei biomarcatori IL-6 e suPAR, ai tempi 0-1h, in aggiunta ai test di routine eseguiti normalmente in PS, tra cui ritroviamo la hsTnI (0-1h) (TNIH kit Siemens). I dati di ciascun paziente (storia clinica, terapia domiciliare, risultati dei test ematici, ECG, etc.) sono stati raccolti in un database gestito tramite Excel®, ed analizzati con il software IBM SPSS Statistics25®. Inoltre, è stato portato avanti un follow-up a 6 mesi per verificare l’outcome ed eventuali eventi avversi.
Risultati. I risultati confermano che il gruppo di pazienti che presentavano hsTnI superiore al cut-off ischemico cardiaco e/o con un’escursione superiore al 20% tra la prima e la seconda determinazione erano meritevoli di rapidi approfondimenti diagnostici e terapeutici, in quanto è maggiore la probabilità che gli eventi che li affliggono siano di natura cardio-ischemica. Nel gruppo con una hsTnI intermedia (>6ng/mL <47/57 ng/mL), anche detta “ZONA GRIGIA”, se il suPAR è < 3ng/ml (16 pazienti, 5F e 11M), non ci sono differenze con i controlli sani (101 pazienti, 48F e 53M) se IL-6 ha valori normali. I pazienti di quest’ultimo gruppo possono essere dimessi in sicurezza a domicilio; anche il follow-up conferma l’assenza di eventi avversi a 6 mesi. In maniera simile, pazienti con hsTnI < 6ng/L e suPAR< 3 ng/mL non avranno bisogno di ulteriori procedure diagnostiche in PS (76 pazienti, 36F e 40M). Al contrario, il gruppo di pazienti con valori intermedi di hsTnI, suPAR > 3ng/ml (62 pazienti, 26F e 36M), necessitano l’ospedalizzazione ed ulteriori approfondimenti diagnostici, come dimostrato dal follow-up che associa a sST-2 una particolare funzione prognostica, dal momento che tutti i pazienti con valori di sST-2 >110 ng/ml sono morti (4 pazienti, 1F e 3M). Un ulteriore gruppo è rappresentato dai pazienti con hsTnI intermedia e IL-6 > 4.4 ng/L (29 pazienti, 12F e 17M) in cui l’elevazione di IL-6 suggerisce la presenza di un’infiammazione acuta che può anche coinvolgere cause extra-cardiache; pertanto, questi pazienti sono suscettibili di ulteriori indagini diagnostiche. Infine, è necessario un approccio individualizzato nei pazienti che presentano hsTnI intermedie e suPAR > 3.0 ng/mL (62 pazienti, 26F e 36M). Quest’ultimo gruppo (hsTnI intermedia e suPAR positivo) si comporta in maniera simile a coloro nei quali si riscontra un incremento inferiore al 20% tra la prima e seconda determinazione di hsTnI, anche detta hsTnI “cronica” (12 pazienti, 6F e 6M), che necessitano di un approccio individuale, ponderato sul singolo paziente.
Conclusioni. I nostri dati suggeriscono che la hsTnI rimane il biomarcatore di scelta per il cuore, considerando la sua particolare cardio-specificità; al contempo, come è noto, molti elementi fisiopatologici differenti possono influenzarsi e associarsi tra loro per determinare multipli quadri clinici nei pazienti. L’sST-2 può avere un ruolo complementare alla troponina, nella stratificazione prognostica dei pazienti ischemici. Il suPAR, in quanto marcatore di danno endoteliale e coinvolgimento di diversi pathway fisiopatologici, può guidare il clinico lì dove sono necessari ulteriori approfondimenti diagnostici, quando la troponina non è indicativa di per la diagnosi di SCA. L’IL-6, d’altro canto, è un marker di infiammazione; dai nostri risultati, IL-6 aumenta quando è presente in contemporanea uno stato infiammatorio sistemico e/o locale, di natura non cardio-ischemica. I dati suggeriscono come una futura integrazione di questi biomarcatori nell’approccio di routine ai pazienti con dolore toracico acuto in PS possa garantire una migliore stratificazione dei pazienti e una gestione appropriata, permettendo al clinico di praticare una dimissione precoce in sicurezza, o un ricovero rapido per chi necessita di ulteriori approfondimenti diagnostico-terapeutici.
Parole chiave: approccio multimarker; suPAR; IL-6; dolore toracico; hsTnI; Sindrome coronarica acuta (SCA); Infarto Miocardico Acuto (IMA); Pronto Soccorso (PS); stratificazione precoce del rischio.


Introduzione

Il dolore toracico è una delle cause più frequenti di accesso al Pronto Soccorso (PS). È all’origine del 10% degli accessi non dovuti a trauma, con un’incidenza di 8-19 persone ogni 1000 ogni anno1.

Negli Stati Uniti, il dolore toracico è la seconda ragione più comune di accesso al PS (in seguito ai traumi), con 6.5 milioni di visite, ovvero il 4.7% di tutte le visite2.

Il dolore toracico è uno dei sintomi più insidiosi con cui il clinico si confronta ogni giorno, dal momento che può avere numerose cause, sia cardiache sia extra cardiache (Tab. 0). Le cause cardiovascolari includono la sindrome coronarica acuta (SCA), l’angina instabile, la dissezione aortica acuta, la pericardite acuta e l’insufficienza cardiaca. Riconosciamo anche eziologie polmonari (polmonite, embolia polmonare, pneumotorace), gastrointestinali (malattia da reflusso gastro-esofageo [MRGE], perforazione gastrointestinale), psicologiche (stato ansioso, disturbo di panico), e disturbi muscolo-scheletrici (dolore della parete toracica, costo-condrite)3. Le cause più comuni di dolore toracico sembrano essere dolore della parete toracica (20%), esofagite da reflusso (13%), e costo-condrite (13%), mentre solo l’1.5% dei pazienti che accedono al PS con questo sintomo il dolore toracico è attribuibile ad angina instabile o infarto miocardico acuto4. La prima azione da compiere di fronte ad un accesso in PS per dolore toracico è identificare condizioni pericolose per la vita che possano essere di origine cardiovascolare (SCA, dissezione aortica ed embolia polmonare) e non-cardiovascolare (rottura esofagea, pneumotorace iperteso)2. Pertanto, le line guida raccomandano di eseguire un ECG entro 10 minuti dall’accesso in PS nei pazienti con sospetto IMA4.

I pazienti che all'ECG presentano un’elevazione del tratto ST sono detti STEMI, e hanno un’occlusione completa di un’arteria coronarica. I pazienti che non hanno elevazione del tratto ST sono divisi in non-STEMI (NSTEMI) e angina instabile (UA), in base alla presenza o assenza di marker di miocardionecrosi (presenti nel NSTEMI, assenti nell’UA)5. Nello STEMI, la riperfusione rapida con Intervento Coronarico Percutaneo (PCI) entro due ore reduce la mortalità dal 9% al 7% e, nel caso non si possa eseguire, si deve somministrare terapia trombolitica con PCI nelle successive 24 ore (se non vi sono controindicazioni)6. Nel NSTEMI, un PCI eseguito entro 24/48 ore è associato a una riduzione della mortalità dal 6.5% al 4.9%6. Il dolore toracico è un sintomo molto insidioso, quindi non sempre viene offerta una diagnosi corretta; tra il 2% e l’8% dei pazienti con IMA viene erroneamente dimesso7.

La valutazione e inquadramento del dolore toracico in PS continua ad essere uno degli argomenti più attuali e caldi della discussione nel PS, sia perché è uno dei sintomi più comunemente incontrati nel PS, sia perché è associato a condizioni potenzialmente letali. Per questa ragione, sono stati sviluppati numerosi scores clinici riguardo questo tema così interessante. Uno score molto usato è il Chest Pain Score, che consiste in 7 parametri (localizzazione, irradiazione, carattere, severità, sintomi associati, comportamenti che lo modificano, pregressa storia di angina da sforzo), ed è molto utile per discriminare i pazienti con dolore toracico in cui si sospetta malattia coronarica (pazienti con punteggio uguale o superiore a 6)8. Il medico di emergenza-urgenza, oltre al corretto inquadramento diagnostico di questi pazienti, si confronta con la complessa sfida di stratificare coloro che accedono per dolore toracico cardiogeno in modo da discriminare chi può essere dimesso da chi necessita di ulteriori approfondimenti diagnostici. Proprio per questo motivo, sono stati studiati molti scores di natura prognostica, di cui i più usati sono gli scores HEART, TIMI e GRACE. Lo score HEART consiste in 5 parametri (Storia, ECG, Età, Fattori di rischio, Troponina), e permette di dividere i pazienti in 3 classi di rischio: basso (0-3), con un rischio di eventi avversi pari al 2.5%, intermedio (4-9), con un rischio di eventi avversi pari al 20.3%, e alto (più di 7 punti), con un rischio di eventi avversi pari al 72.7%9. Questo ha permesso di stratificare pazienti a basso rischio, per cui non erano richiesti ulteriori esami in urgenza. La validità di questo score è stata poi dimostrata in un trial successivo10. Un altro score del rischio è il GRACE Risk Model, che coinvolge nove parametri: età, storia di infarto miocardico, storia di scompenso cardiaco, frequenza cardiaca a riposo, pressione arteriosa sistolica, sottoslivellamento del tratto ST, concentrazione di creatinina sierica inziale, biomarcatori cardiaci sierici elevate, ed attuazione di PCI intraospedaliero11.  Lo score TIMI, d’altro canto, considera sette parametri (età>65, pregressa stenosi>50%, fattori di rischio cardiaci, utilizzo di aspirina, eventi anginosi ogni 24 ore, deviazione del tratto ST, biomarcatori elevati)12, 13. In uno studio che ha coinvolto nove ospedali olandesi e 1748 pazienti giunti in pronto soccorso per dolore toracico, sono stati comparati gli scores HEART, GRACE e TIMI, identificando HEART come il più efficace al fine della stratificazione del rischio14.

 

Tab. 0. Possibile diagnosi differenziale di dolore toracico.


Biomarkers

I biomarcatori cardiaci sono una componente essenziale dei criteri utilizzati per stabilire la diagnosi di IMA. Il biomarcatore ideale dovrebbe avere una concentrazione elevate nel miocardio, assente nei tessuti non cardiaci, rilasciato rapidamente in maniera lineare in seguito a necrosi miocardica, e presente nella circolazione abbastanza a lungo da essere rilevato facilmente con un test relativamente economico e largamente disponibile. La troponina (I o T) ha una cardio-specificità assoluta e una sensibilità altra per ischemia del miocardio, grazie ai test con anticorpi specifici (immunoassay) che ne identificano solo l’isoforma cardiaca. Pertanto, la troponina è il biomarcatore di prima scelta per la rilevazione di danno miocardico, e ha un’indicazione di classe I per la diagnosi di infarto del miocardio15.

Le troponine cardiache sono proteine regolatorie che controllano l’interazione calcio-mediata tra actina e miosina, che risulta nella contrazione e rilassamento dei muscoli striati. In conseguenza dell’occorrenza del danno ai miociti, si verifica un incremento bifasico della troponina sierica. Pertanto, le troponine cardiache sono altamente sensibili e specifiche nel rilevare la necrosi miocardica, e sono biomarcatori di prima scelta per la diagnosi differenziale di SCA secondo le più recenti linee guida ESC del 2020. Al momento, il limite dei metodi di ricerca delle troponine ad alta sensibilità è la possibile rilevazione di ampie aree di “positività biochimica” che può non essere sempre dovuta con certezza ad un contesto di ischemia miocardica. L’aumentata sensibilità del test, infatti, causa inevitabilmente una ridotta specificità per ischemia miocardica, quindi le troponine sono rilevabili anche in un ampio insieme di condizioni non ischemiche, acute e croniche, cardiache ed extra-cardiache, come pericardite, miocardite, sindrome di Takotsubo, tachiaritmie, scompenso cardiaco, embolia polmonare, ictus e sepsi16-19. Di conseguenza, queste troponine hanno un’elevata sensibilità per il “danno miocardico”, ma non per IMA (basso valore predittivo positivo), e i loro valori dovrebbero essere interpretati come un marker quantitativo di danno miocardico, essendoci una proporzionalità diretta tra il livello di troponina e l’estensione del danno.

suPAR è la forma solubile di uPAR, il recettore di membrana dell’attivatore del plasminogeno di tipo urinario o urochinasi (uPA), ed è rilasciato dalla membrana plasmatica tramite clivaggio dall’ancora Glicosil-Fosfatidil-Inositolo in risposta a stimoli infiammatori, a prescindere dalla causa sottostante20. Pertanto, i livelli sierici di suPAR sono strettamente correlati all’attivazione immune e infiammatoria, e nel contesto di patologia cardiovascolare, il suPAR è emerso come un biomarcatore molto promettente in quanto indicatore prognostico. Infatti, nonostante la sua natura non cardio-specifica limiti il suo valore diagnostico per patologia cardiovascolare, ne è stato dimostrato il valore aggiunto nell’identificare i pazienti a rischio per eventi cardiovascolari avversi, morbidità e mortalità, se usato in un approccio multimarker sinergicamente a studi di imaging e punteggi clinici di valutazione21.

IL-6 è un’interleuchina multifunzionale, che agisce in maniera sia pro-infiammatoria, sia anti-infiammatoria. In condizioni normali, i livelli di IL-6 circolante sono inferiori a 4.4 ng/L, e mantengono l’omeostati organo/cellulare; durante gli stati infiammatori questi livelli possono aumentare anche di 1000 volte.  A livello cardiaco, molti studi hanno rilevato livelli elevati di IL-6 in prossimità di un’area infartuata; in tale circostanza, questa citochina è prodotta sia da cardiomiociti e fibroblasti, sia dalle cellule infiammatorie, ed ha dimostrato di avere un ruolo cardioprotettivo. In effetti, sembra che IL-6 sia coinvolta nella riduzione della contrattilità miocardica tramite l'induzione dell'espressione di NO-sintasi, mentre la cardiotropina 1- una citochina che appartiene alla superfamiglia delle IL-6- sembra capace di attivare processi anti-apoptotici e ipertrofizzanti nel cuore22. È  stato ipotizzato che queste tre risposte indotte dall’IL-6 (ridotta contrattilità, ipertrofia e reazione anti-apoptotica) possano promuovere la sopravvivenza del miocardio che circonda l'area danneggiata.


Obiettivi

Lo studio mirava a valutare l'utilità di un approccio multimarker, combinando l'utilizzo di IL-6 e suPAR con la determinazione di hsTnI, nel percorso diagnostico e nella stratificazione precoce del rischio nei pazienti con dolore toracico in PS. L'obiettivo primario dello studio era vagliare IL-6 e suPAR combinati con hsTnI (misurata a tempo 0-1 ora) in PS, valutando qualora l'approccio multi marker potesse essere utile nel migliorare l'accuratezza diagnostica o prognostica, specialmente in quei pazienti privi di una diagnosi definita. Il secondo obiettivo era definire il possibile ruolo dell'approccio multimarker per la stratificazione dei pazienti, e la sua associazione con l'outcome clinico (dolore toracico) ed eventi avversi (tutte le cause di morte e/o SCA) sei mesi dopo l'accesso in PS.


Metodi

Progettazione dello studio e Popolazione Campione

Abbiamo realizzato uno studio prospettico monocentrico con un approccio multimarker per i pazienti che presentino dolore cardiaco in PS, realizzato e sviluppato in stretta collaborazione con l'Unità di Chimica, Biochimica e Biologia Molecolare e il Dipartimento di Medicina di Urgenza della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, IRCCS. Abbiamo arruolato prospetticamente un totale di 258 pazienti, non selezionati e consecutivi (142 maschi, 116 femmine), in seguito ad accesso al PS della “Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli” di Roma con dolore toracico o altri sintomi tipici di SCA. I criteri di inclusione nel gruppo dei pazienti erano: 1) età ≥ 18 anni; 2) dolore toracico o sintomi che suggeriscano SCA in PS; 3) capacità di fornire il consenso informato. Non sono stati inclusi nello studio pazienti che presentassero solamente dispnea o palpitazioni. Tutti i pazienti arruolati sono stati sottoposti al processo diagnostico e terapeutico raccomandato dalle più aggiornate linee guida e dalle buone pratiche clinico assistenziali, senza alcuna alterazione del protocollo. I dati demografici e clinici di base (età, genere, fattori di rischio cardiovascolare, pressione arteriosa, frequenza cardiaca, elettrocardiogramma, frequenza respiratoria, saturazione arteriosa di ossigeno), così come le informazioni sulla terapia, sono stati raccolti e registrati con moduli standardizzati di raccolta dei dati. Inoltre, è stata effettuata la misurazione dei valori dei biomarcatori (IL-6 e suPAR) per ciascun paziente, utilizzando lo stesso campione ematico previsto nel percorso assistenziale per dolore toracico approvato nel nostro ospedale. I pazienti hanno dato il consenso informato per l'utilizzo del loro campione ematico per la misurazione di suPAR e IL-6. I campioni ematici sono stati raccolti in PS ed immediatamente conservati nel CoreLab ad Alta Automatizzazione del nostro ospedale. Nel nostro studio abbiamo anche analizzato i valori degli stessi biomarcatori in un gruppo di controllo di soggetti sani (n. 101) con caratteristiche omogenee relativamente a sesso ed età.


Misurazione dei biomarcatori

La misurazione dei biomarcatori è stata eseguita presso il CoreLab ad Alta Automatizzazione della “Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli”:


- Kit TnIhs (Siemens Healthcare Diagnostics, USA), CLIA. Il limite di rilevazione (LOD) è (Limit of Detection) 2.5 ng/L, il cut-off è 57 ng/L per i maschi e 37 ng/L per le femmine. I livelli di TnIH sono stati misurati utilizzando Advia Centaur XPT Siemens (Siemens Healthineers, USA).
- Kit IL-6 (Siemens Healthcare Diagnostics, USA), CLIA. Il LOD (Limit of Detection) è 2.7 ng/L, il cut-off è 4.4 ng/L. Measured by Advia Centaur XPT Siemens (Siemens Healthineers, USA).
- Kit suPAR- SUPARNOSTIC (virogates DK). Misurato con Advia Chemistry XPT Siemens. Il LOD è 1.7 ng/mL e l'intervallo è da 1.7 a 26.5 ng/ml; il cut-off è 3.0 ng/ml.


Follow up

I dati per il follow up sono stati raccolti da documenti dei pazienti scritti e digitali tra cui lettera di dimissione, referti gli interventi di rivascolarizzazione e qualsiasi altra documentazione rilevante. I dati di follow up clinico a sei mesi sono stati ottenuti da tutti i pazienti coinvolti dallo studio tramite colloqui telefonici, in modo da valutare l'outcome clinico (per sintomi come il dolore toracico), nuovi accessi in ospedale ed eventi avversi, qualsiasi causa di morte, infarto del miocardio, rivascolarizzazione.


Considerazioni etiche

Il protocollo di studio non ha alterato il percorso diagnostico e l’azione terapeutica dei pazienti coinvolti in nessun modo. Lo studio è stato approvato dalla Commissione Etica della “Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, IRCCS” (Protocollo n. 3477/22). Tutti i pazienti hanno dato il proprio consenso informato in forma scritta per la loro partecipazione allo studio.


Analisi statistica

Le analisi statistiche sono state effettuate utilizzando il software “MedCalc®Statistical version 19.5.6 (MedCalc Software Ltd,Ostend, Belgium; https://www.medcalc.org; 2020)” (versione 15.0). Sono state espresse variabili continue come valori medi ± deviazione standard o come la mediana (intervallo) e variabili categoriche quali le frequenze. La distribuzione dei dati è stata valutata con il test di Kolmorov-Smirnov/ Shapiro-Wilk con l'obiettivo di verificare la distribuzione della popolazione. Sono stati utilizzati i test statistici, parametrici e non parametrici, più appropriati (T Student test o Mann Whitney, chi-quadroo Fisher) sulla base della distribuzione dei dati. L'analisi di correlazione tra le variabili è stata perpetrata utilizzando il coefficiente di Spearman. È stato considerato statisticamente significativo un valore P <0.05.


Risultati

Abbiamo arruolato 258 pazienti consecutivi giunti in PS con dolore toracico sospetto per SCA. Le caratteristiche cliniche di base e i valori dei biomarcatori della popolazione in studio sono riassunti nella Tab. 1. Nella nostra popolazione l'età mediana era 65 anni ed il 55% dei pazienti era maschio. Il gruppo di controllo sano era omogeneo con un'età mediana di 56,1 anni ed il 52,4% (N. 53) di pazienti maschi. Il principale fattore di rischio cardiovascolare nella popolazione in studio era l’ipertensione (52,8%), seguita dalla dislipidemia (36,4%). Una storia familiare per una predisposizione alla patologia cardiovascolare, diabete mellito di tipo 2, patologia arteriosa periferica erano presenti rispettivamente nel 22,4%, 16,8%, 10,4% dei pazienti. L'abitudine al fumo era presente nel 16,4% dei pazienti. Solo pochi pazienti nella coorte (n=35, 14%) non presentavano fattori di rischio cardiovascolare predisponenti. La distribuzione di valori era chiaramente molto eterogenea considerando le molteplici caratteristiche cliniche che possono essere responsabili per il dolore toracico. Il gruppo di pazienti (N=43) con livelli di hsTnI superiore al cut off ischemico cardiaco, divisi per sesso, è riportato in Tab. 2 con le corrispondenti misurazioni dei biomarcatori. Abbiamo suddiviso questo gruppo in “Veri Positivi” (N=31), ovvero pazienti con un infarto del miocardio (STEMI o NSTEMI), con una variazione (delta change) significativa della troponina da 0 a 1 ora (Tab. 3), e coloro (N=12) che non presentavano il tipico andamento con aumento e caduta di hsTnI tipica degli eventi acuti (Tab. 4), definiti come gruppo “hsTnI cronica”. In effetti, hsTnI è stato l'unico biomarcatore a presentare variazioni tra tempo zero e tempo uno, esprimendo, con il proprio rilascio immediato, un evento acuto; gli altri biomarcatori, anche nei “Veri Positivi”, non hanno dimostrato una variazione significativa tra le due misurazioni. I “Veri Positivi” avevano valori significativamente più alti di hsTnI (P=0.00002) rispetto al gruppo di pazienti senza variazione delta ma con un’elevazione cronica.

Il suPAR era superiore al cut-off di 3.0 ng/mL in entrambi i gruppi, mentre IL-6 è rimasto nei propri valori normali. Abbiamo poi selezionato il gruppo “hsTnI negativo”, in cui i pazienti avevano valori di hsTnI inferiori al LOD di 2.5 e/o inferiori a 6.0 ng/L, ovvero il cut-off validato per il kit TNIH per l’algoritmo di esclusione tempo 0-1 h (vedi ESC 2020). I valori ottenuti in questo gruppo di pazienti (N. 137) sono riportati in Tab. 5.

L’intervallo dei valori di IL-6 e suPAR è molto variabile a causa della natura del campione; per differenziare meglio l’eterogeneità clinica dei membri di questo gruppo abbiamo distinto i pazienti con suPAR 3.0 ng/ml (Tab. 6, 7). Abbiamo notato che i pazienti con suPAR > 3.0ng/mL erano significativamente più anziani, mentre i valori di IL- 6 rimangono simili in entrambi i gruppi. In effetti, il suPAR è influenzato dalla funzione renale e quindi dall'età, che influisce fisiologicamente sulla filtrazione glomerulare. Inoltre, se compariamo i valori del gruppo con suPAR <3.0ng/mL (Tab. 6) ai valori del gruppo di controllo sano (Tab. 8), possiamo evidenziare una distribuzione simile dei valori di tutti i biomarcatori studiati.

Il suPAR sembra essere in grado di identificare, tra i pazienti con hsTnI negativa, i pazienti che possono essere dimessi in sicurezza dal PS dai pazienti (più anziani) che possono necessitare di maggiore attenzione. Il follow-up ha anche confermato l’assenza di eventi avversi. La Tab. 9 rappresenta il gruppo “hsTnI intermedia”, e riporta i risultati ottenuti in pazienti con hsTnI>6 ng/L ma inferiore al cut-off specifico per il genere, ovvero <37ng/L per i maschi, e 3.0ng/ml (Tab. 10, 11).

Nei pazienti con “hsTnI intermedia”, il suPAR permette di differenziare soggetti con età significativamente differenti, mentre IL-6 rimane costante in ogni paziente di questo gruppo. Da quanto emerso nel nostro follow-up, il gruppo di pazienti con valori intermedi di hsTnI e suPAR> 3ng/ml (No. 62, 26F e 36M) necessita di ospedalizzazione e ulteriori indagini. Come già osservato nel gruppo di pazienti con troponina 4,4 ng/mL da chi aveva IL-6>4,4 ng/mL. I pazienti con IL-6 >4.4 ng/L erano più anziani, e mostravano valori di suPAR significativamente più alti. L'incremento simultaneo dei tre biomarcatori può validare la presenza di una componente infiammatoria reattiva, responsabile per il dolore toracico con presumibile causa extra-cardiaca. Mentre IL-6 non è utile ai fini della stratificazione del rischio, anche quando i suoi livelli sono inferiori al cut off, abbiamo riscontrato che suPAR lo è. IL-6 appare meno precisa e specifica, rispetto al suPAR, nella stratificazione del rischio, anche se confrontata con i dati provenienti dal controllo sano.

 

Tab. 1. Caratteristiche cliniche basali e misurazioni dei biomarcatori nei pazienti arruolati (N=258, 116 F e 142M).

 

Tab. 2. Pazienti con hsTnI>37/47ng/L nella coorte validativa (N=43, 16 F e 27 M).

 

 

Tab. 3. Gruppo di “veri positivi” con variazione delta dihsTnI 0-1h (N=31, 10F e 21M).

 

Tab. 4. Pazienti senza variazione delta tra hsTnI 0-1h (N=12, 6F e 6M) *P = 0.000; **P = 0.0495.

 

Tab. 5. Pazienti con hsTnI ≤6.0 ng/L(N= 137, 70F e 67M).

 

Tab. 6. Pazienti con hsTnI ≤6 ng/L e suPAR < 3.0 ng/mL (N=76, 36F e 40M).

 

Tab. 7. Pazienti con hsTnI ≤6 ng/L e suPAR ≥3.0 ng/mL (N=61, 34F e 27M).

 

Tab. 8. Gruppo di controllo sano (N=101, 48F e 53M).

 

Tab. 9. Pazienti con hsTnI ‘intermedia’ (N= 78, 31F e 47M).

 

Tab. 10. Pazienti con hsTnI ‘intermedia’ e suPAR < 3.0 ng/mL (N=16, 5F e 11M).

 

Tab. 11. Pazienti con hsTnI ‘intermedia’ e suPAR ≥3.0 ng/mL (N=62, 26F e 36M) *P = 0.0290; **P = 0.0005; ***P < 0.0001.

 

Tab. 12. Pazienti con hsTnI ‘intermedia’ e IL-6 < 4.4 ng/L n. 49 (19 F e 30M).

 

Tab. 13. Pazienti con hsTnI ‘intermediate’ e IL-6 ≥ 4.4 ng/L n. 29 (12F e 17M); *P = 0.0267; **P < 0.0001; ***P = 0.0003.


Discussione

I pazienti che giungono in PS con dolore toracico acuto costituiscono una sfida per i medici di emergenza e per la medicina d'urgenza negli ospedali, perché un ampio spettro di diagnosi può essere all’origine di questo dolore, spaziando dall'infarto miocardico acuto (IMA) ed embolia polmonare all’inoffensiva tensione muscolare appartenente al gruppo delle sindromi di dolore della parete toracica, così come cause gastrointestinali come la malattia da reflusso gastroesofageo. Le cause non cardiache sono molto comuni, ma è importante non sorvolare su condizioni gravi. Spesso prendere una decisione rapida e corretta relativa all'ospedalizzazione o dimissione di un paziente in poche ore può essere difficile per il clinico. La valutazione dei pazienti consiste in un'indagine clinica relativa alla storia medica, esame obiettivo, seguito da un elettrocardiogramma a 12 derivazioni (ECG) e ulteriore diagnostica focalizzata. Nonostante lo sviluppo di biomarcatori cardiaci sempre più precisi e la validazione di sistemi di valutazione clinica, non sempre le decisioni mediche relative all'ospedalizzazione o dimissione sono repentine. L'introduzione della troponina cardiaca ad alta sensibilità (hs-TnI) ha migliorato sensibilmente l'accuratezza diagnostica della sindrome coronarica acuta, sia nella fase di rule-in (con anticipazione della diagnosi), sia nella fase di rule-out, con la possibilità di escludere danni acuti con un campione ematico in un'ora. Di contro, l’hsTnI è in grado di evidenziare qualsiasi sofferenza della cellula muscolare cardiaca, non solo la causa ischemica, aggiungendo dubbi alla fase di scelta tra ospedalizzazione, osservazione di 24 ore ho dimissione in sicurezza. Recentemente, la standardizzazione e la validazione di nuovi metodi diagnostici ha aumentato la fiducia dei clinici nell'utilizzo di biomarcatori circolanti al fine di migliorare la accuratezza diagnostica, di valutare il rischio individuale di sviluppare patologia cardiovascolare e di monitorare eventi avversi associati.

Recentemente, molti studi hanno preso in considerazione il suPAR come un marker cardiovascolare, correlato all'attivazione immunitaria, infiammazione e danno endoteliale; il suPAR è stato proposto anche come biomarcatore per la stratificazione del rischio e per il monitoraggio della risposta terapeutica nei pazienti con patologia cardiaca. Inoltre, molti studi hanno rilevato che IL-6 gioca un ruolo significativo nella rete di citochine e vie infiammatorie umane. La nostra ricerca è basata su un approccio multi-marker per i pazienti che giungono in pronto soccorso per dolore toracico acuto. Abbiamo arruolato 258 pazienti consecutivi (142 maschi, 116 femmine) con sospetto di SCA. Con lo stesso campione ematico abbiamo misurato hsTnI e gli altri biomarcatori a tempo 0-1 h. L'obiettivo della nostra ricerca è valutare se la combinazione di diversi biomarcatori possa supportare il clinico nel giungere ad una diagnosi corretta, andando a spiegare l'origine dei sintomi del paziente, e migliorare la stratificazione del rischio e la prognosi. Dalla nostra analisi statistica, abbiamo notato che la distribuzione dei valori è chiaramente molto eterogenea considerando i multipli aspetti clinici che possono essere responsabili di dolore toracico. I pazienti (N=43) appartenenti al gruppo con livelli di hsTnI superiori al cut-off ischemico cardiaco, divisi per sesso, sono riportati in Tab. 2 con le corrispondenti misurazioni dei biomarcatori. Abbiamo suddiviso questo gruppo in “Veri Positivi” (N=3, con p=0.0002), i cui pazienti avevano un infarto del miocardio (STEMI o NSTEMI), con una variazione significativa (variazione delta) della troponina da 0 a 1 h, come mostrato in Tab. 3, e quei pazienti (N=12) con elevazione di hsTnI, ma assenza del tipico andamento con incremento e caduta tipico degli eventi acuti (Tab. 4), definito come gruppo “hsTnI cronica”. In effetti, hsTnI è stato l'unico biomarcatore a presentare variazioni tra 0 e 1 ora, esprimendo, con il proprio rilascio immediato, un evento acuto; gli altri biomarcatori, anche nei “Veri Positivi”, non hanno dimostrato una variazione significativa tra le due misurazioni. I “Veri Positivi” avevano valori significativamente più alti di hsTnI (P=0.00002) rispetto al gruppo di pazienti senza variazione delta ma con un’elevazione cronica. Concentrandoci sul suPAR, in entrambi i gruppi (veri positivi e cronici) era superiore al suo cut-off di 3.0 ng/mL, mentre IL-6 rimaneva nei suoi limiti fisiologici; dal momento che la troponina era alterata, tutti i pazienti sono stati considerati ad aumentato rischio cardiovascolare, come suggerito da suPAR, mentre IL-6, espressione della risposta immunitaria e flogistica acuta, non sembra essere coinvolta. I nostri riscontri hanno confermato il ruolo diagnostico della troponina, ma suPAR potrebbe aiutare il clinico a comprendere meglio e personalizzare il rischio cardiovascolare di ciascun paziente. Abbiamo poi considerato i pazienti con livelli di hsTnI inferiori a 6.0 ng/mL (cut-off raccomandato dalle linee guida ESC 2020 per il rule-out)23. La troponina sembra escludere un evento acuto in questi soggetti, e la nostra popolazione era molto eterogenea come età. Abbiamo pertanto suddiviso i pazienti in base al cut-off del suPAR di 3.0 ng/mL, che ci ha permesso di differenziare i pazienti in base all’età, mentre i valori di IL-6. Effettivamente, il suPAR è influenzato dalla funzionalità renale, e quindi dall’età, che fisiologicamente influisce sulla filtrazione glomerulare. Inoltre, abbiamo confrontato i livelli dei biomarcatori del gruppo di pazienti con troponina negativa e suPAR < 3.0 ng/mL con quelli del gruppo di controllo sano, evidenziando una distribuzione simile dei valori di tutti i biomarcatori studiati. Pertanto, il suPAR sembra essere capace di identificare, tra i soggetti con troponina negativa, coloro che possono essere dimessi in sicurezza dal pronto soccorso da chi ha bisogno di maggiore attenzione (più anziani). Il gruppo di pazienti con troponina “intermedia", ovvero superiore a 6.0 ng/L ma inferiore al cut-off ischemico, è il gruppo che di solito crea più problemi al clinico, anche considerando il significato prognostico della stessa troponina ad alta sensibilità, per valori inferiori al cut-off. Nel gruppo con suPAR > 3.0 ng/mL e troponina intermedia, è possibile notare come il suPAR assume un significato nel danno endoteliale e un valore prognostico relativamente al rischio cardiovascolare di entrambi io biomarcatori, selezionando così pazienti con rischio più alto che hanno bisogno di maggiori attenzioni. Al contrario, i pazienti con troponina “intermedia” e suPAR < 3.0 ng/mL, il suPAR sembra essere in grado di riconoscere soggetti con un rischio cardiovascolare basso. Nel gruppo con troponina “intermedia”, il cut-off di IL-6 di 4.4 ng/L permette di differenziare chiaramente i pazienti in base all’età, suPAR già distribuiti omogeneamente per i loro valori di troponina; effettivamente, pazienti con IL-6 > 4.4 ng/L sono più anziani e hanno valori maggiori di suPAR. L’analisi simultanea dei tre biomarcatori può suggerire e confermare una componente infiammatoria sottostante un dolore acuto e/o cronico, presumibilmente responsabile per causa sottostante, sistemica e/o extra-cardiaca, di dolore toracico.

In confronto con i dati provenienti dai controlli sani, IL6 < 4.4 ng/L sembra essere meno precisa e specifica rispetto al suPAR nel distinguere pazienti a basso rischio. IL-6 è una citochina che aumenta in molte risposte infiammatorie, ma non può da sola inquadrare i molti aspetti fisiopatologici cardiovascolari. Il suPAR sembra essere in grado di distinguere tra coloro con troponina negativo intermedia, i pazienti che potrebbero essere dimessi in sicurezza dal pronto soccorso dai i pazienti (più anziani) che potrebbero necessitare di maggiore attenzione. Il nostro studio pone per la prima volta in associazione con la troponina, l'utilizzo di un approccio multi marker con la misurazione di suPAR e IL-6, nella valutazione dei pazienti con dolore toracico acuto. Troponina, suPAR e IL-6 esplorano vie completamente distinte tra di loro che potrebbero indipendentemente contribuire alla genesi della patologia cardiovascolare, essendo al contempo capaci di coesistere in alcuni casi senza una relazione causale. Inoltre, suPAR deve anche essere considerati indicatore di salute endoteliale, essendo fortemente influenzati da condizioni come stati infiammatori, malattie autoimmuni, neoplasie, così come condizioni cardiache non ischemiche. I nostri dati sono preliminari, necessitano di un'espansione dei pazienti da arruolare e soprattutto manca la valutazione dell'outcome clinico nel follow-up (che non è ancora terminato), per meglio valutare e confermare il ruolo diagnostico e prognostico dei marcatori studiati. Ciò nonostante, i nostri risultati appaiono interessanti e meritano di essere considerati e valutati attentamente dai clinici, che sempre più spesso chiedono ai laboratori di essere supportati dai biomarcatori nelle proprie scelte diagnostiche, ponendosi nella condizione di gestire dei pazienti in un contesto complesso come il PS.


Limitazioni

Sono presenti alcune limitazioni al nostro studio che devono essere prese in considerazione. Innanzitutto, lo studio è limitato da una dimensione del campione ridotta che può influenzare i nostri risultati. Ad ogni modo, la nostra ricerca dovrebbe essere vista come un punto di partenza per uno studio multicentrico con un campione di maggiore entità. Inoltre, studi multicentrici sono necessari per determinare il potenziale ruolo di un approccio multi marker nel percorso diagnostico, nella stratificazione dei pazienti per il rule-in e il rule-out. In secondo luogo al nostro studio mancava una misurazione seriata dei biomarcatori: i livelli plasmatici di IL-6 e suPAR sono stati rilevati solamente all'accesso in pronto soccorso. La variazione temporale nei valori dei biomarcatori dall'accesso alla dimissione dal PS potrebbe essere una rilevazione importante. Comunque, nonostante queste limitazioni, è importante sottolineare gli ottimi risultati relativi all'approccio multi marker in pazienti con dolore toracico.


Conclusioni

Da quanto emerso dai nostri dati, hsTnI rimane il biomarcatore di scelta a livello cardiaco, considerando la sua cardio specificità, ma è noto che molteplici elementi fisiopatologici differenti possono avere influenza e associarsi nel determinare svariati quadri clinici nei pazienti. Il suPAR, in quanto marker di danno endoteliale è coinvolto in diverse vie fisiopatologiche, può guidare il clinico dove è necessario un ulteriore approfondimento diagnostico, quando la troponina non è indicativa di diagnosi di SCA, oltre che può avere un ruolo complementare alla troponina, nella stratificazione prognostica dei pazienti ischemici. IL-6, d’altro canto, è un marker di infiammazione; dai nostri risultati, IL-6 aumenta quando coesiste uno stato infiammatorio sistemico e/o locale, che non sia di natura cardio-ischemica. I nostri dati suggeriscono come una futura integrazione di questi biomarcatori nell'approccio di routine al paziente con dolore toracico acuto in PS possa garantire una migliore stratificazione dei pazienti e una migliore gestione di essi, supportando il clinico nella scelta di effettuare una dimissione precoce in sicurezza oppure una ospedalizzazione tempestiva per coloro che abbiano necessità di un approfondimento diagnostico-terapeutico (Fig. 1).

 

Fig. 1. Il nuovo approccio integrato tra troponina e nuovi biomarcatori nella gestione del paziente con dolore toracico.


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