Prof. Mauro Cacciafesta

Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Respiratorie, Nefrologiche, Anestesiologiche e Geriatriche, “Sapienza” Università di Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 1, Gennaio - Marzo 2023

Simposio: Impatto del lockdown e dell’isolamento: ciò che resta del COVID-19 nell’anziano

13 dicembre 2022

Copertina Atti Primo Trimestre 2023 per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

Differenze di genere nel Post COVID (Sintesi)

W. Verrusio, M. Cacciafesta

Il 10% delle persone che hanno contratto il COVID-19 riferisce sintomi persistenti (da 12 settimane o più), una condizione nota come Long COVID1. Tra le manifestazioni più frequentemente riscontrate troviamo una sensazione di stanchezza cronica associata a disturbi della sfera cognitiva e/o affettiva.

È interessante notare come questa sindrome colpisca maggiormente il sesso femminile, oltre che le persone di età più avanzata e in condizioni di sovrappeso/obesità2. Alcuni studi hanno ipotizzato un meccanismo di tipo autoimmune alla base di questa maggiore predisposizione delle donne ad incorrere nel Long COVID. Infatti, è noto come la risposta immune sia più forte nelle donne rispetto agli uomini e questo rappresenta un’arma a doppio taglio: l’outcome del COVID-19 acuto è più severo nel sesso maschile, ma le reazioni autoimmuni sono più frequenti nel sesso femminile. Il danno d’organo causato da un’eccessiva risposta infiammatoria attivata dal virus, ma anche una reazione autoimmune “slatentizzata” dal virus stesso, forse per mimetismo molecolare con alcuni componenti del nostro organismo, potrebbero essere responsabili dei quadri di Long COVID3. Un altro aspetto che può aver contribuito a rendere le donne più vulnerabili è stato il carico emotivo che hanno dovuto sopportare durante la pandemia per supportare la famiglia (aiutare i figli a seguire le lezioni da casa, occuparsi dell’organizzazione domestica, lavorare in smart working). Le mamme si sono fatte carico del malessere dei figli e come caregiver hanno continuato ad accudire anche le persone anziane della famiglia. A tal proposito non stupisce come siano state proprio le donne ad usufruire maggiormente del “bonus psicologo” messo a disposizione dal Governo per mitigare gli effetti della pandemia. Ma il COVID-19 non è l’unico responsabile di questa maggiore suscettibilità del sesso femminile a sviluppare disturbi dell’affettività. Dati pre-pandemia evidenziano, infatti, come sebbene il totale degli anni vissuti dagli uomini sia inferiore rispetto a quello delle donne, il numero di anni vissuti con una salute percepita buona o molto buona e quello degli anni vissuti senza limitazioni nelle attività sono, invece, leggermente maggiori per gli uomini rispetto alle donne4.

In altre parole, le donne possono vantare una maggiore longevità rispetto agli uomini ma a costo di una qualità di vita (QoL) più bassa. Diverse le basi fisiopatologiche che possono rendere le donne più suscettibili ai disturbi dell’affettività: dalle alterazioni tipiche indotte dalla menopausa (ad esempio, il deficit estrogenico altera il metabolismo e i livelli dei neurotrasmettitori a livello sinaptico, con implicazioni negative sui circuiti dell’emotività; i sintomi somatici come le vampate di calore influenzano negativamente la QoL), al processo d’invecchiamento cerebrale che, nella donna, colpisce maggiormente l’ippocampo e il lobo parietale, con possibili implicazioni nella sfera cognitiva ed affettiva. Studi di neuroimaging funzionale, inoltre, hanno evidenziato come le aree limbiche, sede dell’emotività, nella donna, a parità di stimoli, si attivino più intensamente che negli uomini5.

Del resto, gli studi sul connettoma, ovvero un modello descrittivo della rete strutturale di connessioni che formano il cervello umano, dimostrano come nella donna prevalgano le connessioni interemisferiche rispetto a quelle intraemisferiche prevalenti nel maschio. Ciò è indice di una maggiore integrazione delle modalità di ragionamento analitico e sequenziale dell'emisfero sinistro con quelle emotive dell'emisfero destro6. Una maggiore attivazione di aree cerebrali connesse con l’emotività potrebbe spiegare, quindi, la maggiore suscettibilità delle donne a sviluppare i disturbi dell’affettività in particolari condizioni di stress come, ad esempio, quelle provocate dalla pandemia da COVID-19.


BIBLIOGRAFIA

  1. Office for National Statistics. The prevalence of long COVID symptoms and COVID-19  complications. 19 Jan 2021.www.ons.gov.uk/news/statementsandletters/theprevalenceoflongcovidsymptomsandcovid19complications.
  2. Sudre CH, Murray B, Varsavsky T et al. Attributes and predictors of long COVID. Nat Med 2021; 27: 626-31.
  3. Rapporto ISS COVID-19 n. 2/2021.
  4. EHLEIS. Health expectancy in Italy. EHLEIS Country Reports 2014; 7. http://www.eurohex.eu.
  5. Salomone G. Gender e cervello.https://www.bing.com/videos/search?q=Salomone+G.+Gender+e+cervello.
  6. Ingalhalikar M, Smith A, Parker D, et al. Sex differences in the structural connectome of the human brain. Proc Natl Acad Sci U S A 2014; 111: 823-8