Dott. Salvatore D'Antonio

Dirigente U.O.C. Pneumologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2021-2022

Vol. 66, n° 2, Aprile - Giugno 2022

ECM: Cuore Polmone 2021-2022 - V Edizione

08 febbraio 2022

Copertina Atti Secondo Trimestre 2022 per sito.jpg

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Storie di epidemie e di vaccinazioni

S. D'Antonio

 

Peste

Le epidemie fanno parte della storia dell’umanità e ne hanno modificato il corso. Sicuramente l’epidemia più narrata, più rappresentata dal punto di vista letterario è la peste (dal latino pestis, "distruzione, rovina, epidemia") trasmissione del morbo dalle pulci di ratto agli esseri umani attraverso il bacillo Yersinia pestis che ha segnato l’inizio del declino di molte potenze, fiaccate dalla decimazione della popolazione1.

Tucidide narrò la peste di Atene (430-427 a.C.) che causò la morte di metà della popolazione determinando anche la sconfitta nella guerra del Peloponneso e la morte dello stesso comandante Pericle.

La peste antonina (165-180), nota anche come peste di Galeno, dal medico Galeno che la descrisse nel trattato Methodus medendi, causò la morte dell'imperatore romano Lucio Vero, morto nel 169, co-reggente con Marco Aurelio, il cui patronimico "Antoninus" diede il nome all'epidemia. Secondo lo storico romano Cassio Dione, una seconda ondata causò fino a 2.000 morti al giorno a Roma, uccidendo un quarto degli infetti. La peste avrebbe imperversato nell'impero per quasi 30 anni, facendo secondo le stime tra i 5 e i 30 milioni di morti. La malattia uccise circa un terzo della popolazione in alcune zone, e decimò l'esercito romano, contribuendo alla caduta dell’impero2.

La peste dilagò fino alla Gallia e alle legioni stanziate lungo il Reno. Eutropio asserisce che moltissime persone morirono in tutto l'impero, secondo lo scrittore spagnolo del V secolo Paolo Orosio, molte città e villaggi della penisola italiana e delle province europee persero tutti i loro abitanti. Quando l'epidemia si spostò verso nord raggiungendo il Reno, infettò anche i popoli germanici e galli posti all'esterno dei confini dell'impero3.

Nell’Europa del 1350 si ebbe la peste nera che iniziò con un atto deliberato di bioterrorismo, per cui si può parlare per la prima volta di una guerra batteriologica. Nel 1347 infatti durante l’assedio di Caffa, scalo commerciale della città di Genova in Crimea, le fila dell’esercito dei tartari erano sconvolte da un’epidemia di peste, diffusa da qualche anno in Asia e così il khan Ganibek decise di utilizzare i corpi dei soldati morti per espugnare la città, catapultandoli oltre le mura4. I marinai genovesi scappando da Caffa portarono la peste nei porti del Mediterraneo, alla fine del settembre del 1347 il morbo arrivò al porto di Messina e da lì la malattia si diffuse in tutta Europa dove rimase come endemica, tornando a cicli di 10-12 anni, per i successivi tre secoli almeno decimando gli abitanti durante le epidemie che la flagellarono tra il 1331 e il 13535. Furono distrutte intere città dove, per le particolari condizioni socioeconomiche conseguenti a carestie e abbandono delle campagne, si era determinato un notevole aumento delle popolazioni con sovraffollamento e pessime condizioni igieniche. Tale situazione favorì la diffusione della peste nera causando la morte di quasi un terzo della popolazione europea contagiando nel giro di cinque anni tutti i paesi dal Mediterraneo fino alla Scandinavia e alla Russia e svuotando città come Venezia e Londra6, 7. Si ritiene che lo stesso agente patogeno sia responsabile delle ricorrenti epidemie scoppiate in Europa, con vari gradi di intensità e mortalità seppur sempre inferiori alla prima, a ogni generazione, fino al XVIII secolo. A partire dal 1480 la frequenza incominciò a diminuire, con ondate epidemiche ogni 15-20 anni circa, caratterizzate sempre da effetti devastanti che nel 1466 causarono circa 40.000 morti a Parigi8. Ricordiamo nel 1630 l’epidemia in Italia, più precisamente nell’Italia settentrionale, narrata da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi.

In questo periodo i medici furono perseguitati perché non in grado di capire le cause di questo male e debellarlo. L’impostazione della Medicina era basata su concetti filosofici per cui, ricordando le impostazioni di Ippocrate e Galeno, le malattie nascevano da una cattiva miscela (discrasia) dei quattro umori del corpo: sangue, flemma, bile gialla e bile nera. Si fecero congetture sull’importanza dell'aria umida e fredda che ci fu nella primavera 1348 o si fece riferimento alla teoria astrale per cui la congiunzione di Giove, Saturno e Marte, avvenuta in anni prima, avesse determinato effetti malefici. L'idea di contagio era sconosciuta e impensabile era ritenuta la trasmissione di malattie da animale a uomo. Si pensò che la causa di queste epidemie fosse dovuta ai cattivi odori, “miasmi” emanati dalla povera gente per cui si individuarono categorie di persone da evitare ed allontanare considerate “moralmente inquinanti”, come prostitute, vagabondi e altri soggetti ai margini della società. Nelle poche terapie proposte veniva indicata la cauterizzazione delle zone colpite e non potevano mancare i salassi.

Forse l’unico merito che possiamo riconoscere ai medici dell’epoca fu l’uso di mascherine ante litteram, costituite da lunghi becchi d’uccello riempiti di cotone e sostanze aromatiche, che avevano il compito di impedire ai “miasmi” di penetrare nel loro organismo.

Non potendo trovare una giustificazione si pensò al castigo divino ed all’azione di “nemici”, persone malefiche intenzionate a causare danni alla comunità cristiana, in un momento di assenza di un controllo superiore, tanto che Giovanni Boccaccio nel Decameron scrive che: «E in tanta afflizione e miseria della nostra città era la reverenda autorità delle leggi, così divine come umane, quasi caduta e dissoluta tutta per li ministri e esecutori di quelle, li quali, sì come gli altri uomini, erano tutti o morti o infermi o sì di famigli rimasi stremi, che uficio alcuno non potean fare; per la qual cosa era a ciascun licito quanto a grado gli era d'adoperare». In questa situazione di anarchia e paura gli ebrei subirono le peggiori conseguenze e furono perseguitati e trucidati, nonostante che papa Clemente VI asserì che la malattia non era dovuta all'intervento umano ma aveva una causa naturale o divina e facendo presente che anche gli ebrei erano vittime della pandemia. In due Bolle pontificie, il 4 luglio e 26 settembre 1349, condannò le persecuzioni contro gli ebrei scomunicando i responsabili, ma senza ottenere ubbidienza, tanto che le persecuzioni continuarono ed a  Strasburgo le corporazioni fecero decadere il governo cittadino che aveva cercato di proteggere la comunità ebraica e, con l’autorizzazione della nuova amministrazione,  furono mandati al rogo 2000 ebrei nel febbraio 1349. La persecuzione fu tale che a distanza di anni ben pochi ebrei erano rimasti tra Germania e Paesi Bassi, i più furono uccisi o si spostarono verso l'Italia9.

Quando le navi furono più veloci la peste varcò gli oceani e mentre prima si moriva a bordo durante il viaggio, adesso i malati arrivarono a contagiare popolazioni lontane. Per tale motivo a Venezia, per la prima volta nel 1377 venne attuata la quarantena (parola italiana), per fermare la diffusione della peste isolando le navi e le loro ciurme per 40 giorni che secondo alcuni sono da collegare alla tradizione cristiana: sono quaranta i giorni della Quaresima, così come sono quaranta quelli trascorsi da Mosè sul Monte Sinai secondo la Bibbia e quelli che Gesù, sempre secondo le scritture, passò nel deserto10, 11.

In questi anni di incertezza e di terrore in cui ogni persona piangeva decessi di parenti ed amici, ricordo ad esempio che Francesco Petrarca, oltre che molti amici, perse la sua donna ideale, Laura protagonista del Canzoniere, presero vita diversi movimenti religiosi spesso in contrapposizione  alle gerarchie ecclesiastiche creando chiese votive, monumenti e dando luogo a pellegrinaggi soprattutto nel culto di San Rocco, patrono degli appestati. Sempre in questi anni comparvero i “flagellanti” che sfilavano in processione, fino a 10.000 persone, infierendo sul proprio corpo nell’intento di placare il “castigo divino”, nonostante il divieto sempre di Clemente VI che aveva dichiarata questa pratica eretica in una bolla papale. Questa forma di medievalismo religioso è ancora presente in alcune località italiane, spagnole, nelle Filippine e nell’America latina soprattutto nei riti della quaresima e della settimana santa.

Il ricorso all’aiuto divino più clamoroso in occasione di una epidemia di peste lo abbiamo a Napoli quando, il 13 gennaio del 1527, molti cittadini laici, prelati, rappresentati da un gruppo di aristocratici napoletani anche se atei, sottoscrissero con atto notarile un patto di amore e fedeltà con San Gennaro: se avesse fermato peste, terremoti, guerra, avrebbero costruito una cappella in suo onore dove sarebbero state tenute le sue reliquie e raccolto un tesoro. E tutto quello che venne chiesto a San Gennaro, il santo esaudì: la fame e la peste cessarono, la guerra finì e la terra smise di tremare. Nel 1623 l’architetto Cosimo Fanzago costruì la cappella di San Gennaro vicino al Duomo di Napoli. Il santo fu promosso generale dell’esercito e “stipendiato” (per mantenere la sua cappella).

Anche oggi le cose non sono cambiate ed in un lavoro pubblicato su Ethics Medicine and Public Health nel 2021 su un’indagine fatta su 1158 persone in Italia e in Francia nell’agosto 2020, nell’incertezza delle terapie ed ancora in assenza di vaccini, si è appurato il ricorso a vari Santi come protezione, soprattutto a Santa Rita, San Rocco, San Sebastian. Questi atteggiamenti testimoniano  una situazione di angoscia e rassegnazione ben rappresentata da Ingmar Bergman nel film Il settimo sigillo diretto nel 1965, probabilmente uno dei film più celebri sul tema della peste nera.

Segnaliamo altre epidemie di peste a Siviglia tra il 1647 e il 1652. Nel 1661 in Turchia, in Olanda tra il 1663 e il 1664, con 35.000 morti solo ad Amsterdam.La grande peste di Londra, tra il 1665 e il 1666, con circa 10.000 morti, più di un quinto dell'intera popolazione della città. A Marsiglia nel 1720, che sterminò il 50% di tutta la popolazione cittadina. In Cina nel 1855, e quindi per tutta l'Asia e con milioni di morti, 10 milioni di persone nella sola India. Altra diffusione dell'epidemia a San Francisco, in due episodi periodi: dal 1900 al 1904, e l'altro dal 1907 al 1908 ad Honolulu. Altra epidemia in Australia tra il 1900 e 1925 soprattutto a Sydney, con oltre mille morti.

La peste c’è ancora e non c’è vaccino.


Vaiolo

Patologia durata millenni, probabilmente nata in Egitto, come testimonia la mummia del faraone Ramses V con i segni classici della malattia. Forse l’epidemia con più alta mortalità risultando fatale nel 30% dei casi. I colonizzatori europei sconfissero i popoli del nuovo mondo, completamente privi di difese grazie alle malattie che portarono (vaiolo, morbillo, influenza, tifo, pertosse colera) tanto che si parla anche di una conquista biologica. Herman Cortez stava per essere sopraffatto dagli Atzechi, ma un’improvvisa epidemia di vaiolo (che Cortez definì provvidenziale) uccise un quarto di quella popolazione sovvertendo l’esito della battaglia.

In Europa si  stima che il vaiolo nel XVIII secolo abbia causato la morte di  circa 400.000 persone ogni anno e sia stato responsabile di un terzo di tutti i casi di cecità, mentre nel XX secolo si calcolano 300-500 milioni di decessi12, 13. La storia della vaccinazione nasce dall’osservazione, sin dall’antichità, che la sopravvivenza ad una malattia determina quasi sempre l’immunizzazione del soggetto al patogeno che l’ha causata, come aveva documentato lo storico Tucidide nell’epidemia di vaiolo del 429 a.C. Infatti una pratica molto usata nell’antichità nei confronti di questa malattia era la cosiddetta variolizzazione che consisteva nell’infettare volutamente le persone sane servendosi del pus proveniente dalle pustole delle persone in fase di guarigione affinché si contagiassero diventando così (nel caso in cui sopravvivessero) immuni alle forme più gravi di vaiolo. Questa metodica dapprima praticata essenzialmente in India, Cina e Turchia venne poi diffusa in Europa a metà del ‘700 circa grazie a Lady Mary Wortley Montagu, nobildonna inglese che nel 1717 aveva seguito ad Istanbul il marito, divenuto ambasciatore britannico nell’impero ottomano. La vaccinazione fu poi scoperta da Edward Jenner nel 1796 e portata in Italia da Luigi Sacco, primario dell’Ospedale Maggiore di Milano che la diffuse in tutto il Regno d’Italia e poi anche in quello delle Due Sicilie14. In seguito all’Unità d’Italia poi, la vaccinazione anti-vaiolo fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888.

L'ultimo caso conosciuto di vaiolo nel mondo è stato diagnosticato nel 1977 in Somalia. Nel 1980 questa malattia, per la prima volta nella storia della Sanità mondiale, è stata dichiarata ufficialmente eradicata grazie ad una massiccia campagna di vaccinazione portata avanti dal XIX secolo. Per tali motivi la vaccinazione obbligatoria è stata sospesa a partire dagli anni ’70 e ’80 in tutti i Paesi. In Italia, la vaccinazione è stata sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981. Dopo l’attentato alle torri Gemelle del 2001 negli USA, nel timore di un attacco biologico, furono vaccinati circa 350.000 volontari che ne avevano fatto richiesta15.

Molte nazioni hanno una riserva di vaccino antivaioloso. L'Italia possiede oggi 5 milioni di dosi di vaccino antivaioloso che attraverso le diluizioni possono arrivare a 25 milioni di dosi16, 17.


Poliomielite

"Paralisi infantile", in base alla sua propensione a colpire i bambini, malattia in cui il virus penetra nel sistema nervoso centrale, dove colpisce di preferenza i neuroni motori, portando a debolezza muscolare e paralisi flaccida acuta. Nei casi più gravi determina paralisi respiratoria da trattare con i polmoni d’acciaio in appositi reparti, il primo dei quali fu realizzato nel 1952 presso l'Ospedale Blegdam di Copenaghen dall'anestesista danese Bjørn Ibsen che creò in seguito il primo reparto di Terapia Intensiva al mondo. Questa patologia ha determinato altri profondi cambiamenti non solo nella gestione sanitaria dando origine alla Terapia Riabilitativa motoria, ma anche culturali e di sensibilizzazione verso i diritti sociali dei disabili.

La poliomielite è una malattia attualmente oggetto di un sistema globale di eradicazione programmata grazie alle vaccinazioni, che ha ridotto a soli 33 i casi segnalati nel 2018, a fronte di oltre 350.000 nel 198818.

Il primo vaccino anti-polio fu sviluppato da Jonas Salk nel 1955: si trattava di un vaccino costituito da virus disattivati con formaldeide (seguendo il metodo Ramon) e somministrato per via intramuscolare. Il vaccino inattivato iniettabile Salk, pur conferendo un'immunità individuale, non impediva al virus di continuare a persistere nell'ambiente e a essere trasmesso con le feci dai portatori sani, perché, data la sua natura, non c'era nessuna possibilità che un virus ucciso e iniettato potesse andare a competere a livello ambientale col virus selvaggio. Occorreva pensare a un vaccino con virus attenuato, in grado di riprodursi nell'intestino, ma che non attaccasse le cellule del midollo spinale e quindi provocasse paralisi. Soltanto due anni più tardi Albert Sabin ne presentò un altro, dalla composizione diversa: un vaccino “vivo attenuato” da somministrare per via orale. Nel 1960, il vaccino di Sabin viene somministrato oralmente e previene completamente il rischio di contrarre la malattia. In Italia fu autorizzato nel 1963 e reso obbligatorio nel 1966, e la sua adozione ha portato alla totale scomparsa della malattia dal nostro paese (l’ultimo caso è stato registrato nel 1982), così come in ogni altra nazione in cui è stata adottata una campagna di vaccinazioni obbligatorie. La storia del vaccino Sabin non fu però semplice, perché dopo alcune complicazioni avute con la metodica Salk, le autorità statunitensi non erano propense a correre altri rischi per cui Sabin, il cui vero nome era Abraham Saperstein, nato in Russia ed emigrato con la sua famiglia negli Usa nel 1921, prese contatti con l’Unione Sovietica, dove si recò personalmente per promuovere l’efficacia e la sicurezza del vaccino. Nel 1959 furono sottoposti a trattamento 10 milioni di bambini e alla fine del 1960 nell’Unione Sovietica 77 milioni di persone sotto i vent’anni avevano ricevuto la vaccinazione, e altri 23 milioni nell’Europa dell’est. L’iniziale perplessità fu fugata dai risultati e il vaccino Sabin fu approvato in tutto il mondo e ha praticamente fatto sparire la poliomielite. Bisogna comunque sottolineare che non ci fu nessun rispetto delle norme di tutela per i pazienti sottoposti alla cura, nessun consenso, tantomeno informato, nessuno studio di controllo in cieco o doppio cieco. È stata un’imposizione autoritaria che però ha contribuito a debellare una piaga sanitaria in una situazione di grande rischio epidemico18-21.


Sifilide

Malattia sessualmente trasmessa probabilmente portata in Europa dai marinai di Cristoforo Colombo di ritorno dalle Americhe dove era endemica. Si diffuse in Europa con le campagne guerriere di Carlo VIII che entra a Napoli con i suoi mercenari. Ha varie denominazioni: mal franzese, mal spagnolo, mal napoletano.


Influenza

Prototipo delle moderne pandemie. Esordisce nel 1918 e in 2 anni causa dai 50 ai 100 milioni di morti. È comunemente conosciuta come “La spagnola” ma per i Brasiliani fu “La tedesca” e “La Bolscevica” per i polacchi. In realtà dovrebbe essere etichettata come l’Americana in quanto la diffusione iniziò nel Kansas e il paziente 0 fu Albert Gitchell, un contadino che contrasse il virus dagli animali che allevava. Era un virus nuovo, così diverso che fece danni straordinari perché trovò impreparato il sistema immunitario delle vittime. La pandemia ebbe tre ondate di cui la peggiore fu la seconda quando i soldati americani tornarono in patria alla fine della guerra22-24.

Nel XX secolo ci sono state più epidemie: nel 1957-58 l’Asiatica, nel 1968 a Hong Kong. L’epidemia influenzale del '57-'58, oggi ribattezzata asiatica, uccise circa due milioni di persone in tutto il mondo. Grazie al lavoro di Maurice Hilleman (1919-2005) microbiologo specializzato in vaccinologia, però, gli Stati Uniti non si fecero trovare impreparati: il vaccino realizzato grazie ai virus isolati da Hilleman venne distribuito in fretta e furia in tutto il paese, e le morti legate all’asiatica non superarono quota 70.000. Un’inezia, visto che senza il vaccino si calcola che i morti negli Stati Uniti avrebbero potuto facilmente raggiungere il milione. A rendere celebre Hilleman non è stata tanto una singola scoperta, quanto un impareggiabile record di produttività: nel corso di una lunga carriera il vaccinologo americano ha infatti sviluppato vaccini contro oltre 40 agenti infettivi, 14 dei quali continuano ad essere consigliati all’interno dei calendari vaccinali attuali. A lui si devono, ad esempio, uno dei vaccini contro il morbillo, quello contro la parotite, lo sviluppo del vaccino trivalente contro morbillo-parotite-rosolia (o vaccino Mmr), quelli per l’epatite A e B, la meningite e la polmonite. È considerato da molti il medico che, con il suo lavoro, ha salvato più vite umane nel corso del ventesimo secolo.

La prima pandemia del  XXI secolo è stata la pandemia influenzale del 2009-2010, causata dal virus H1N1, denominata influenza suina, dal Messico; ha causato migliaia di morti e migliaia di contagi nel mondo, concentrati per la maggior parte nel continente americano. Iniziata in Messico con Edgar Hernandez, bambino di 4 anni, di La Gloria (Municipalità di Perote, Veracruz), villaggio messicano caratterizzato dalla presenza di un gigantesco allevamento di maiali25.

Alcuni studi stimano che il numero di casi potrebbe essere compreso tra 700 milioni e 1.4 miliardi di persone, cioè dall'11 al 21% della allora popolazione di 6.8 miliardi.

Il numero di morti confermato in laboratorio riportato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità è 18.449, sebbene si stima che il numero reale sia circa di 284.000 morti (da 150.000 a 575.000).

Il virus sembra colpire caratteristicamente le persone adulte sane e molto meno, al contrario dell'influenza classica, gli anziani e bambini. Riguardo agli anziani, questo è probabilmente dovuto al fatto che in parte fossero vaccinati contro l'influenza stagionale, e sembra che questa protezione diminuisca la capacità di infezione del virus su questi individui.

Quando l'11 giugno 2009 l'OMS dichiarò la pandemia nel mondo vi erano 28.774 casi confermati e 144 decessi. Al 6 agosto 2010 quando l'OMS dichiarò ufficialmente la fine della pandemia i casi confermati in tutto in modo erano 1.632.710 e i decessi 18.449.


AIDS

Virus trasmesso inizialmente dallo scimpanzé all’uomo, presente in Africa fin dall’inizio del 900, ma passato inosservato perché nel Congo la speranza di vita era molto breve. Successivamente si è diffusa in tutto il mondo determinando 40-50 milioni di morti, creando grande terrore ed allarme che condizionò in quegli anni anche le scelte di politica sanitaria, per cui fu aumentato il numero nelle scuole di specializzazione in Malattie Infettive, e furono organizzate strutture ospedaliere dedicate a questa patologia. Ci furono previsioni nefaste che avevano previsto una sorta di “nuova pestilenza” che avrebbe quasi annientato la popolazione mondiale. Per fortuna tali previsioni si sono dimostrate infondate e, anche se ancora non abbiamo un vaccino, ma una valida terapia antivirale, registriamo un notevole ridimensionamento delle terribili previsioni ed assistiamo ad una cronicizzazione di una malattia che attualmente conta 40-50 milioni di infetti. La terapia che da almeno 6 mesi mantiene persistentemente la carica virale (cioè la quantità di virus presente nel sangue/secrezioni) a livelli non misurabili rende altresì nulla la possibilità di trasmettere il virus ad altri.


Ebola

Malattia conosciuta dagli anni 60, anche questa nasce come zoonosi con un salto di specie dai pipistrelli. È estremamente patogena causando la morte dopo poco tempo dal contagio, tra il 2013 e il 2014 ha causato più di 11.000 morti e una grande epidemia nell’Africa occidentale, impedendo quindi una grande diffusione proprio in virtù per la natura “suicida” del virus, che non riesce a diffondersi nella popolazione.

Esiste un vaccino frutto di una collaborazione scientifica che ne ha reso possibile la realizzazione in solo 1 anno e mezzo; grazie all’intervento dell’OMS e di altre istituzioni, diverse aziende farmaceutiche hanno avviato test clinici dei loro vaccini, con prove sul campo soprattutto in Guinea e in Sierra Leone, due dei paesi africani in cui si stava registrando il numero più alto di contagi. I risultati di quei test, dicono che in media a 10 giorni dalla vaccinazione nessuna persona a rischio infezione ha sviluppato i sintomi di Ebola, che in molti casi ha conseguenze letali. Le poche persone che si sono ugualmente ammalate erano state con ogni probabilità infettate dal virus prima di ricevere la vaccinazione.

I test clinici con i risultati più recenti sono stati eseguiti nella Guinea marittima, la parte occidentale del paese lungo la costa, che aveva ancora diversi focolai di Ebola, seppure in progressiva riduzione. L’esecuzione delle prove non è stata semplice per i ricercatori, che hanno dovuto adattare ritmi e metodologie per i loro test a una situazione di emergenza, con la popolazione molto preoccupata e al tempo stesso diffidente nei confronti di personale straniero sul posto per sperimentare un nuovo vaccino, ancora in fase di approvazione.

Per la sperimentazione, il personale medico in Guinea ha utilizzato il sistema della “vaccinazione ad anello”, non molto frequente nei test clinici e che si utilizza per vaccinare gli individui che sono stati a contatto con la persona infetta, iniziando da quelli con cui aveva rapporti più stretti e allargando poi il campo agli altri (procedendo a cerchi concentrici, di qui il modo di dire “ad anello”). Con questo sistema sono state vaccinate circa 120 cerchie di amici e parenti di persone infette, con una media di 80 vaccinazioni per ogni cerchia. Inizialmente i ricercatori hanno suddiviso a caso le persone da vaccinare in due gruppi: uno riceveva subito il vaccino, mentre per l’altro la somministrazione veniva ritardata di tre settimane, in modo da comprendere meglio efficacia e copertura della vaccinazione. Quando dopo poco tempo si è capito che il vaccino stava funzionando, il personale medico ha eliminato la suddivisione e ha somministrato da subito rVSV-ZEBOV a tutti i componenti delle cerchie, senza fare distinzioni nemmeno per quanto riguarda l’età. L'ACIP raccomanda la vaccinazione pre-esposizione con rVSV-ZEBOV per gli adulti di età pari o superiore a 18 anni negli Stati Uniti che sono ad alto rischio di esposizione professionale all'Ebola perché sono nelle situazioni seguenti:

  • rispondere a un focolaio della malattia da virus Ebola;
  • lavorare come personale sanitario presso centri di trattamento Ebola designati federalmente negli Stati Uniti;
  • lavorare come personale di laboratorio o come altro personale presso strutture di livello 4 di sicurezza biologica negli Stati Uniti.

L'Unicef gestisce la scorta per conto dell'ICG che, come per le scorte di vaccini contro il colera, la meningite e la febbre gialla, sarà l'organo decisionale per la sua assegnazione e il suo rilascio. Le scorte sono stoccate in Svizzera e pronte per essere spedite nei Paesi per interventi di emergenza. La decisione di assegnazione del vaccino sarà presa entro 48 ore dal ricevimento di una richiesta da parte di un Paese; i vaccini saranno messi a disposizione dal produttore insieme a un imballaggio che mantiene una catena ultrafredda per la spedizione nei Paesi entro 48 ore dalla decisione. L'obiettivo del tempo di consegna complessivo dal magazzino ai paesi è di sette giorni26, 27.


SARS

Il 21 febbraio del 2003 alloggia al IX piano dell’Hotel Metropol di Hong Kong un medico proveniente dalla sconfinata provincia cinese di Guangzhou che rapidamente manifesterà una violenta patologia che lo porterà presto a morte dopo aver infettato altri 12 ospiti dell’albergo. Uno di questi era stato incontrato, sempre al IX piano dell’albergo, da Johnny Chen, uomo d'affari americano, che a sua volta il 26 febbraio sarà ricoverato ad Hanoi dove verrà trattato da un medico italiano dell’OMS, specialista in Malattie Infettive, il Dr. Carlo Urbani, che sarà il primo a denunziare questa nuova malattia e ad allarmare il governo e l'Organizzazione Mondiale della Sanità, riuscendo a convincere le autorità locali ad adottare misure di quarantena. Purtroppo anche per lui furono presto evidenti i segni della nuova patologia e morirà il 29 marzo a Bangkok.

Dopo un breve periodo di incubazione la malattia si presentava in maniera violenta, per cui la trasmissione e l’infezione interessò soprattutto gli operatori sanitari, ad Hong Kong 85 su 138 casi (62%) ed in Canada 73 su 144 (51%). Proprio per questa situazione di rapida evoluzione della patologia il virus non ha avuta lunga vita ed in pochi mesi, anche in assenza di vaccini, si esaurì causando “solo” 813 morti nel mondo su una valutazione di 8437 casi con una mortalità calcolata del 9,6%28, 29.

L’impatto emozionale per questa nuova patologia fu enorme a livello internazionale, la comunità scientifica si attivò riuscendo in solo 40 giorni individuare il Virus della Sars grazie ad una collaborazione dei laboratori di tutto il mondo rispettando i criteri del postulato di Koch per avere la prova della patogenicità del microrganismo28:

  • il presunto agente responsabile della malattia in esame deve essere presente in tutti i casi riscontrati di quella malattia;
  • deve essere possibile isolare il microrganismo dall'ospite malato e farlo crescere in coltura pura;
  • ogni volta che una coltura pura del microrganismo viene inoculata in un ospite sano (ma suscettibile alla malattia), si riproduce la malattia;
  • il microrganismo deve poter essere isolato nuovamente dall'ospite infettato sperimentalmente.

Il virus in realtà non è risultato particolarmente contagioso, meno di rosolia ed influenza, ma sufficientemente trasmissibile da poter provocare grandi pandemie se incontrollato e M. Lipsitch e S. Riley in un articolo di Sciences del maggio 2003 avvertivano che efficaci misure basilari di salute pubblica sarebbero state in grado di controllarne la diffusione30.

La maggior parte delle prossime pandemie saranno causate da virus che vivono negli animali, soprattutto pipistrelli che sono dotati di un particolare sistema immunitario che li protegge da una moltitudine di virus che albergano nel loro organismo (marburg, rabbia, ebola, niipah, hendra, mers, covid ed altri). La popolazione mondiale aumenterà, supererà in tempi relativamente breve i 9 miliardi, ed aumenteranno anche di conseguenza, per le esigenze alimentari di questa nuova massa di abitanti, gli allevamenti di bestiame, favorendo la trasmissione tra animale e uomo; inoltre gli spostamenti, da sempre responsabili fin dagli inizi della storia dell’umanità della diffusione degli agenti patogeni, saranno sempre più frequenti, un combinato disposto che deve mettere in allerta non solo il Sistema Sanitario mondiale ma suscitare l’attenzione dei singoli cittadini, nella consapevolezza che siamo immersi in una miriade di agenti patogeni che possono contagiare non solo il singolo individuo, ma creare la possibilità di diffusione dalle conseguenze terribili.

Ritengo infine utile aggiungere anche una nota sulle problematiche legata all’azione dei “no vax”.

Interessante notare che questo problema si presentò già nella prima metà dell’Ottocento quando, dopo un iniziale decremento della diffusione del vaiolo su scala mondiale, la malattia riprese a diffondersi perché le nuove generazioni, pensando di aver sconfitto il morbo, smisero di vaccinare i propri figli, esponendoli con ciò all’infezione.

In Italia nel 2015, a causa del fallimento della campagna vaccinale antinfluenzale, la XIII edizione del Rapporto Osservasalute ha registrato un aumento consistente della mortalità, circa 54.000 decessi in più rispetto all’anno precedente, e per la prima volta negli ultimi anni la speranza di vita alla nascita è arretrata, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7).

Più nota è la storia di Andrew Wakefield, padre delle moderne (e irrazionali) paure nei confronti dei vaccini. Nel caso di Wakefield, tutto ha inizio nel 1998, con un paper pubblicato su The Lancet, in cui il medico inglese metteva in evidenza un’associazione tra vaccinazione trivalente contro morbillo, pertosse e rosolia, e una patologia definita enterocolite autistica, caratterizzata da sintomi gastrointestinali e disturbi cognitivi riconducibili alle sindromi dello spettro autistico.

Brian Deer (giornalista investigativo) scoprì come Wakefield aveva brevettato un suo vaccino anti-morbillo, teoricamente esente dai pericoli del trivalente, già prima di pubblicare lo studio su Lancet. Non solo: il medico stava sviluppando un kit diagnostico per l’enterocolite autistica (una malattia che, si scoprirà in seguito, non esiste affatto) lavorando insieme a uno dei genitori dei 12 bambini coinvolti nello studio. Dalle informazioni raccolte da Deer, inoltre, Wakefield era stato assunto ben due anni prima della pubblicazione della sua ricerca da un avvocato inglese, tale Richard Barr, interessato a lanciare una class action contro le farmaceutiche produttrici del vaccino.

Le indagini portate avanti da Deer hanno dimostrato che il medico aveva alterato i dati della sua ricerca, che tre dei bambini inclusi nello studio non avevano mai ricevuto una diagnosi accertata di autismo, e cinque presentavano sintomi di un disturbo cognitivo già prima di ricevere il vaccino. In seguito alla vicenda il Lancet ha ritirato l’articolo di Wakefield, il General Medical Council inglese lo ha accusato di cattiva condotta, e al medico è stato proibito di praticare la professione nel Regno Unito.


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