Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 4, Ottobre - Dicembre 2021

Simposio: Pandemia COVID-19: facciamo il punto su…

15 giugno 2021

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Pandemia Covid-19. Le strategie terapeutiche emergenti

N. Petrosillo

Sin dall’inizio della pandemia di infezione da SARS-CoV-2, si è cercato di definire quali potessero essere le strategie terapeutiche più efficaci nei confronti del virus e delle sue manifestazioni patologiche. A tal fine vennero dapprima identificati i possibili siti di attacco del virus e i meccanismi di blocco recettoriale dei farmaci che in qualche modo potevano neutralizzarli1. Molti dei farmaci allora proposti sono stati abbandonati, altri, come tocilizumab, hanno avuto vicende contrastanti. In pochi mesi, come mai prima nella storia della Medicina, il numero di sperimentazioni cliniche su nuovi farmaci è cresciuto in maniera esponenziale. A Novembre 2020 erano registrate 2790 sperimentazioni cliniche su antivirali, immunomodulanti, agenti neutralizzanti, combinazioni di molecole, etc.2.

Tuttavia, l’affermazione presente nelle raccomandazioni del 21 aprile 2020 del National Institute of Health americano (NIH), che nessun farmaco è stato finora dimostrato sicuro ed efficace per trattare la malattia da SARS-CoV-2, è ancora attuale3.

Nel corso dei mesi si sono invece sempre più affinate le terapie di supporto, come l’uso di ossigenoterapia nell’assistenza respiratoria non invasiva, con svariate società scientifiche nazionali ed internazionali che hanno proposto le tecniche non invasive come prima scelta terapeutica nell’insufficienza respiratoria dei pazienti con COVID-194. Si tratta di un importante avanzamento nella gestione dei pazienti con insufficienza respiratoria che nelle prime fasi della pandemia erano irrimediabilmente destinati all’intubazione e ventilazione meccanica.

Proprio perché una terapia etiologica rivolta contro SARS-CoV-2 sembra ancora lontana, gran parte dell’attenzione nella terapia di COVID-19 è stata indirizzata ai principali determinanti di un decorso grave e complicato della malattia, cioè:

- l’attivazione della tempesta citochinica secondaria alla risposta immune all’infezione da Sars-Cov-2;
- il danno endoteliale diffuso (in particolare cardiopolmonare).

Il ruolo dell’eparina a basso peso molecolare nel prevenire le tromboembolie secondarie ad un danno endoteliale o, comunque sostenute da esso, è cresciuto di importanza. Gli effetti dell’eparina sono5:

- prevenzione dell’infezione mediante riduzione dell’ingresso del virus nelle cellule e riduzione della carica virale;
- riduzione del rilascio di IL6 associato alla tempesta citochinica;
- prevenzione della attivazione della cascata coagulativa;
- prevenzione del tromboembolismo venoso;
-prevenzione e trattamento della trombosi dei vasi di piccolo e medio calibro determinanti l’insufficienza respiratoria.

L’eparina a basso peso molecolare è quindi entrata nei protocolli standard del paziente ospedalizzato per COVID-196.

Per quanto riguarda l’aspetto antiinfiammatorio, gli steroidi, e tra questi il desametasone, hanno dimostrato, nei pazienti con COVID-19 moderato/grave un vantaggio in termini di mortalità, e di ricorso alla ventilazione meccanica7.

Per questo motivo, contraddicendosi rispetto a raccomandazioni molto precoci in corso di pandemia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità oggi raccomanda l’impiego del desametasone al dosaggio di 6 mg al giorno per 7-10 gg in pazienti con forme di COVID-19 moderate/gravi8, con vantaggi importanti a fronte di effetti collaterali abbastanza contenuti.

Quindi il trattamento della infezione da COVID-19 in ospedale, soprattutto nelle forme moderate/gravi, oggi si basa su tre pilastri fondamentali:

- ossigenoterapia;
- eparina a basso peso molecolare;
- desametasone.

Molti farmaci, come idrossiclorochina e clorochina, remdesivir, favipiravir, plasma di convalescente, ivermectina ed altri si sono affacciati nella terapia di COVID-19 per poi essere messi da parte, in assenza di evidenze scientifiche sulla loro efficacia. Altri, come tocilizumab, inibitore dell’IL-6, sono stati recentemente riconsiderati, proprio alla luce di nuove evidenze sulla loro efficacia in corso di tempesta citochinica9.

In ambito domiciliare uno steroide per via inalatoria, budesonide, ha dimostrato efficacia nel ridurre i tempi di guarigione ed il ricorso al ricovero ospedaliero in pazienti domiciliari con COVID-19 ad elevato rischio di complicanze10.

La terapia del COVID è comunque complessa. Sebbene molti pazienti possano facilmente gestire la malattia a casa, una quota di questi necessita di ospedalizzazione e di supplementazione di ossigeno, variabile da ventilazione non invasiva a flussi variabili fino a ventilazione meccanica invasiva o, in casi estremi, ad ECMO.

Tra le migliori opzioni di trattamento nelle fasi di progressione infiammatoria di malattia c’è baricitinib, farmaco con azione di inibizione della Janus chinasi. Baricitinib inibisce la via che porta alla secrezione di citochine (interleuchina-2, interleuchina-6, interleuchina-10, interferone-γ, etc.) nelle forme gravi di COVID-19; agisce contro SARS-CoV-2 attraverso il danneggiamento della AP2-associata proteinchinasi e previene l’ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule, riducendone l’infettività. Baricitinib migliora infine la conta linfocitaria nei pazienti con COVID-1911.

Nel campo della prevenzione delle forme gravi di COVID-19, bisogna oggi citare l’utilizzo degli anticorpi monoclonali, prodotti di laboratorio, selezionati sulla base di quelli umani indotti in risposta all’infezione virale.

REGEN-COV, prodotto dalla Regeneron, è un cocktail di due anticorpi monoclonali, casirivimab e imdevimab, che riducono del 70% il rischio di ospedalizzazione o decesso nei pazienti ad alto rischio.

Bamlanivimab o LyCoV555, che è stato realizzato dalla Biotech canadese AbCellera in collaborazione con Eli Lilly, ha dimostrato da solo modesta efficacia.

Viceversa l’associazione del Ly-CoV555 con etesevimab o Ly-CoV016, realizzato con la Biotech Junshi Biosciences, ha dimostrato riduzione della carica virale, dell’ospedalizzazione e dei decessi nei pazienti con malattia lieve o moderata.

Quindi nel febbraio 2021 l’FDA ha concesso l’autorizzazione per l’utilizzo in emergenza del cocktail bamlanivimab-etesevimab per il trattamento della malattia Covid-19 in forma lieve e moderata in pazienti adulti o in età pediatrica al di sopra dei 12 anni e con peso > 40 Kg, ad alto rischio di progressione verso forme gravi di malattia.

L’EMA raccomanda l’utilizzo del cocktail REGEN-COV2, che può essere usato nei pazienti che non richiedono ossigeno supplementare o che sono ad alto rischio di progredire verso forme gravi di malattia. In Italia l’AIFA, aderendo ad una richiesta del Ministero della Salute, ha reso disponibili i monoclonali sia di Lilly che di Regeneron con procedura straordinaria per soggetti di età > 12 anni, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, con sintomi di grado lieve o moderato di recente insorgenza e con specifici fattori di rischio. L’utilizzo di Bamlanivimab in monoterapia è stato invece revocato da AIFA, per cui viene utilizzato ora solo in associazione all’etesevimab.

In conclusione, mentre molti farmaci contro l’infezione da SARS-CoV-2 sono in sperimentazione, al momento attuale nessun antivirale ha dimostrato, nella pratica clinica, efficacia contro SARS-CoV-2. Il trattamento di COVID-19 è quindi attualmente sintomatico e diretto contro l’attivazione dei mediatori dell’immunità e del danno endoteliale.


BIBLIOGRAFIA

  1. Sanders JM, Monogue ML, Jodlowski TZ, Cutrell JB. Pharmacologic Treatments for Coronavirus Disease 2019 (COVID-19): A Review. JAMA 2020; 323: 1824-36. 
  2. Kevin Bugin & Janet Woodcock. Trends in COVID-19 therapeutic clinical trials. Nature Reviews Drug Discovery, 25 febbraio 2021. https://doi.org/10.1038/d41573-021-00037-3.
  3. COVID-19 Treatment Guidelines (nih.gov) (last update April 21, 2020).
  4. Winck JC, Ambrosino N. COVID-19 pandemic and non invasive respiratory management: Every Goliath needs a David. An evidence based evaluation of problems. Pulmonology 2020; 26: 213-20. 
  5. Drago F, Gozzo L, Li L, Stella A, Cosmi B. Use of Enoxaparin to Counteract COVID-19 Infection and Reduce Thromboembolic Venous Complications: A Review of the Current Evidence. Front Pharmacol 2020; 11: 579886. 
  6. Susen S, Tacquard CA, Godon A, et al. Prevention of thrombotic risk in hospitalized patients with COVID-19 and hemostasis monitoring. Crit Care 2020; 24: 364.
  7. RECOVERY Collaborative Group, Horby P, Lim WS, et al. Dexamethasone in Hospitalized Patients with Covid-19. N Engl J Med 2021; 384: 693-704.
  8. Lamontagne F, Agoritsas T, Siemieniuk R, et al. A living WHO guideline on drugs to prevent covid-19. BMJ 2021; 372: n526. 
  9. Wadaa-Allah A, Emhamed MS, Sadeq MA, et al. Efficacy of the current investigational drugs for the treatment of COVID-19: a scoping review. Ann Med 2021; 53: 318-34.
  10. Yu LM, Bafadhel M, Dorward J, et al. Inhaled budesonide for COVID-19 in people at high risk of complications in the community in the UK (PRINCIPLE): a randomised, controlled, open-label, adaptive platform trial. Lancet 2021; 398: 843-55.
  11. Goletti D, Cantini F. Baricitinib Therapy in Covid-19 Pneumonia - An Unmet Need Fulfilled. N Engl J Med 2021; 384: 867-9.