Prof. Franco Scaldaferri

Professore a contratto, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2020-2021

Vol. 65, n° 1, Gennaio - Marzo 2021

Simposio: Interazione fra Ospite e Microbiota (Batterioma, Viroma, ecc.) Intestinale: l’anello mancante con la Patologia Autoimmune e Neoplastica

19 gennaio 2021

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Profilo e Clinica del Microbiota nelle IBD e nel cancro del colon: un update

F. Scaldaferri, V. Petito, L. Masi, L. Lopetuso, G. Gasbarrini, A. Gasbarrini

Il microbiota intestinale è il VI organo dell’apparato digerente e, con i suoi oltre 3 milioni di geni, rappresenta la componente più dinamica e adattativa del nostro patrimonio genetico.

Le nuove metodiche di studio del microbiota hanno reso l’analisi dello stesso facile, relativamente economica e veloce. L’applicazione dell’analisi del microbiota nella tipizzazione di patologie di interesse gastroenterologico, come suggerito da una nostra pubblicazione del 2017, mostra un gradiente di disbiosi crescente quando si passa da malattia diverticolare a pazienti affetti da sindrome del colon irritabile, e per finire alla malattia di Crohn o colite ulcerosa1.

La disbiosi si definisce ad oggi come aumento della componente dei proteobatteri, alterazione del ratio firmicutes/bacteroidetes e alterazioni selettive di singole specie microbiche.

È il caso del Faecalibacterium Prausnizii, ridotto prevalentemente nella malattia di Crohn, o l’Escherichia Coli, aumentato anch’esso nella malattia di Crohn2.

Una prova indiretta dell’importanza della disbiosi nella malattia di Crohn e nella colite ulcerosa, è data dagli studi di prevalenza della infezione da Clostridium difficile in questa popolazione di pazienti, in aumento negli ultimi anni, e che si associa ad aumentato rischio di mortalità e morbilità3-4.

Il microbiota è parte integrante della patogenesi delle malattie infiammatorie, patogenesi ad oggi rivisitata alla luce delle nuove conoscenze e soprattutto per le “OMICHE”.

In particolare è possibile affermare che il microbioma è uno dei pilastri fondamentali per la patogenesi delle IBD, insieme all’exposoma (interazioni con ambiente esterno), genoma (predisposizioni genetiche), immunoma (risposta immune): l’interazione tra questi 4 grandi pilastri è complessa ed è ben rappresentata da una rete di interazioni positive e negative che, a seconda della tipologia di interazioni, possono dare vita ad un messaggio complessivo di malattia o meno. Tali interazioni adattano e armonizzano le varie componenti tra loro (Fig. 1).

 In particolare, il microbiota di un paziente affetto da IBD in fase attiva, espressione di “INTERATTOMA” infiammatorio malato, se trasferito dall’uomo al topo di laboratorio, induce una modifica in tono chiaramente infiammatorio del sistema immune del topo stesso, predisponendolo a coliti severe5.

D’altra parte, anche in assenza di malattia, un topo sano esposto a farmaci capaci di modificare la risposta infiammatoria come l’anti-TNF alfa, presenta una disbiosi indotta da questi farmaci che incrementa la risposta di tipo th17 nel sangue del topo trattato6.

Il ruolo del microbiota nelle IBD si traduce in implicazioni terapeutiche di rilievo.

In primis, come le stesse Linee Guida internazionali riportano, giustifica il ruolo potenziale e pratico di probiotici nella gestione delle malattie, in particolare nel mantenimento della remissione.

È il caso dell’Escherichia Coli Nissle, del lattobacillo gg unitamente alle miscele di probiotici ad alto contenuto di cellule batteriche come il VSL#37. Studi di laboratorio del nostro gruppo, mostrano come il ruolo degli stessi probiotici come per esempio E. coli, non sia quello di modificare il microbiota intestinale quanto di potenziare effetti positivi del microbiota sulla mucosa intestinale, come per esempio la modulazione della barriera intestinale.

Nuovi probiotici, derivanti dall’analisi del microbiota, potrebbero “riempire” e modificare la carenza di specifiche specie microbiche, al fine di normalizzare il microbiota stesso e renderlo meno disbiotico. Il ruolo di questo approccio è sostenuto dal trapianto di microbiota, ad oggi usato solo in trial sperimentali su Crohn e colite ulcerosa, che tuttavia mostra un ruolo positivo nel controllo della infiammazione intestinale e nella risposta clinica allo stesso8.

Anche nel cancro il ruolo del microbiota intestinale è sempre più solido, ponendo lo stesso alla base del rischio di cancro proveniente da fattori ambientali come l’alimentazione: è il microbiota infatti a mediare l’aumentato rischio di cancro del colon indotto da proteine animali (e diete ricche di proteine animali), zuccheri e acidi grassi saturati. Tali prodotti alimentari, infatti, hanno la capacità di interferire direttamente su componenti quali lo strato di muco della barriera intestinale, la composizione del microbiota e la biodiversità9-10.

Diversi batteri, tra cui spicca il Fusobacterium Nucleatum, si sono guadagnati l’appellativo di batteri del cancro e si associano anche in studi clinici all’aumentato rischio.

Lavori recenti associano alterazioni del microbiota anche a condizioni predisponenti il cancro del colon come per esempio il riscontro di polipi adenomatosi11.

La disbiosi potrebbe rientrare anche negli esami di screening del cancro del colon unitamente al sangue occulto, come per esempio il riscontro della presenza di Fusobacterium Nucleatum, tuttavia altri studi sono necessari per chiarire il ruolo del microbiota in questo setting clinico.

Il ruolo del gastroenterologo ed in genere del medico moderno, è quello di recuperare e far recuperare al paziente, l’importanza di una visione ampia sia dell’infiammazione sia del cancro: in questa visione il microbiota, insieme alla dieta e alle sane abitudini di vita, sono parti integranti della storia e la promozione della salute passa proprio dall’armonizzazione di questi fattori.


BIBLIOGRAFIA

  1. Lopetuso LR, Petito V, Graziani C, et al. Gut Microbiota in Health, Diverticular Disease, Irritable Bowel Syndrome, and Inflammatory Bowel Diseases: Time for Microbial Marker of Gastrointestinal Disorders. Dig Dis 2018; 36: 56-65.
  2. Pascal V, Pozuelo M, Borruel N, et al. A microbial signature for Crohn's disease. Gut 2017; 66: 813-22.
  3. Issa M, Vijayapal A, Graham MB et al. Impact of Clostridium difficile on Inflammatory Bowel Disease. Clin Gastroenterol Hepatol 2007; 5: 345-51.
  4. Tariq R, Singh S, Gupta A, Pardi DS, Khanna S. Association of Gastric Acid Suppression With Recurrent Clostridium difficile Infection: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Intern Med 2017; 177: 784–91.
  5. Britton GJ, Contijoch EJ, Mogno I, et al. Microbiotas from Humans with Inflammatory Bowel Disease Alter the Balance of Gut Th17 and RORγt+ Regulatory T Cells and Exacerbate Colitis in Mice. Immunity 2019; 50: 212-24.
  6. Petito V, Graziani C, Lopetuso LR, et al. Anti-tumor necrosis factor α therapy associates to type 17 helper T lymphocytes immunological shift and significant microbial changes in dextran sodium sulphate colitis. World J Gastroenterol 2019; 25: 1465-77.
  7. Harbord M, Eliakim R, Bettenworth D, et al. Third European Evidence-based Consensus on Diagnosis and Management of Ulcerative Colitis. Part 2: Current Management. J Crohns Colitis 2017; 11: 769-84.
  8. Derwa Y, Gracie DJ, Hamlin PJ, Ford AC. Systematic review with meta-analysis: the efficacy of probiotics in inflammatory bowel disease. Aliment Pharmacol Ther 2017; 46: 389-400.
  9. Ramirez-Farias C, Slezak K, Fuller Z, Duncan A, Holtrop G, Louis P. Effect of inulin on the human gut microbiota: stimulation of Bifidobacterium adolescentis and Faecalibacterium prausnitzii. Br J Nutr 2009; 101: 541-50.
  10. Loke YL, Chew MT, Ngeow YF, Lim WWD, Peh SC. Colon Carcinogenesis: The Interplay Between Diet and Gut Microbiota. Front Cell Infect Microbiol 2020; 10: 603086. 
  11. Wei PL, Hung CS, Kao YW, et al. Classification of Changes in the Fecal Microbiota Associated with Colonic Adenomatous Polyps Using a Long-Read Sequencing Platform. Genes (Basel) 2020; 11: 1374.