Anno Accademico 2019-2020

Vol. 64, n° 3, Luglio - Settembre 2020

Simposio: Lebbra

22 settembre 2020

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Chirurgia palliativa nelle paralisi dei nervi periferici esito di lebbra

P. Ortensi

Nell’introdurre questa comunicazione voglio menzionare il Dr. Paul Wilson Brand (17 luglio 1914 - 8 luglio 2003) che fu il primo ad intuire il nesso fra le lesioni anatomiche nella lebbra ed il danno ai nervi periferici, primo bersaglio della malattia. Il suo lavoro, fondamentale negli anni 50 del 1900, ha dimostrato come la patogenesi delle deformità nella lebbra sia in gran parte spiegabile con il danno ai nervi periferici dovuto alla malattia.

La perdita della sensibilità e della sua funzione protettiva espone i tessuti, in particolare quelli delle estremità, a traumatismi di ogni tipo, cui seguono complicanze vascolari ed infettive che portano a gravi menomazioni anatomiche ed auto-amputazioni, come abbiamo già visto in immagini riportate nell’Introduzione.

Il coinvolgimento neurologico provoca inoltre paralisi con gravi danni morfologici e funzionali. Al Dott. P. W. Brand dobbiamo numerose tecniche chirurgiche riparative mediante trasferimenti tendinei finalizzate al ripristino della funzionalità delle mani compromessa da paralisi del n. ulnare, n. mediano, n. radiale. Personalità di cultura ricca e complessa, scrisse oltre ad articoli e pubblicazioni scientifiche, opere di significato filosofico (“The Gift of Pain” in collaborazione con Philip Yancey 1997).

La lebbra quindi, come sappiamo, ha fra gli organi bersaglio i nervi periferici12 (guaina di Schwan)3. È noto che i nervi più colpiti sono quelli con tragitto superficiale: n. ulnare, n. mediano, sciatico popliteo esterno (SPE) ed anche il faciale (nervo cranico). Questi nervi hanno quindi una temperatura più bassa di quelli che decorrono in profondità. Il coinvolgimento dei nervi esordisce con una neurite che, non trattata, evolve verso un danno irreversibile. Il tema della comunicazione è la chirurgia palliativa finalizzata al ripristino delle funzioni perse mediante trasferimento tendineo.

 

Materiali e metodi

Le considerazioni e la documentazione fotografica originale che seguono sono frutto dell’esperienza e delle osservazioni effettuate durante le missioni della ONLUS “Laziochirurgia solidale” del 2018 e del 2019 presso l’Ospedale HEWO di Quiha, (Makallè Etiopia).

Sono stati trattati chirurgicamente pazienti con esiti di lebbra consistenti in deformità delle mani effettuando delle trasposizioni tendinee. Sono inoltre state praticate neurolisi al gomito ed al polso (n. ulnare, n. mediano) a scopo decompressivo (Foto 1).

Le neuriti sono lo stadio iniziale del coinvolgimento dei n. periferici, riconducibili al capitolo delle “reazioni Leprose”, fenomeno dovuto alla risposta immunitaria dell’ospite all’infezione leprosa, possono essere curate con farmaci antiinfiamatori e splint, fisioterapia. Le neuriti rappresentano la principale causa di danno ai nervi. I nervi affetti risultano ingrossati4 e palpabili (Foto 2) nel loro decorso più superficiale: questo insieme ad insensibilità della cute ed aree di depigmentazione rappresentano segni suggestivi per una diagnosi precoce (vedi introduzione Foto 2). Le neuriti, prima causa di danno neurologico, vanno trattate precocemente per prevenire l'istaurarsi di un danno irreversibile con terapia antinfiammatoria con corticosteroidi5 ed immobilizzazione delle articolazioni coinvolte mediante Splint.

La terapia chirurgica consiste in drenaggio di ascessi comprimenti i nervi, neurolisi (Foto 1). Utili spesso le neurolisi precoci in associazione a terapia steroidea.  Il nervo più colpito risulta essere il nervo ulnare, seguito dal nervo mediano spesso in associazione con il precedente. I casi con un danno nervoso nuovo (meno di 3 mesi) o recente (meno di 12 mesi) possono quindi trarre giovamento da un ciclo di terapia con steroidi. Solo dopo un lungo periodo, quando la placca motoria è ormai in atrofia6, il danno nervoso deve essere considerato irreversibile con l'istaurarsi di paralisi permanenti.

Più colpiti in nervo ulnare, il mediano, lo sciatico popliteo esterno (SPE). Coinvolto anche il nervo faciale, la conseguente paralisi del muscolo orbicolors oculi è causa di lagoftalmo con danno corneale che insieme alla uveite leprosa è causa di cecità.

Di seguito un elenco di semplici test diagnostici per la valutazione della funzione nervosa motoria (Tab. 1).

 

NERVO MUSCOLI TEST
Ulnare Muscoli ipotenari Abdurre 5° dito
Mediano Muscoli tenari Sollevare, opporre il pollice palmo supinato
Radiale Estensori polso Avambraccio pronato estensione polso
S.P.E. Dorsiflessori polso Dorsiflettere il piede
Facciale Orbicularis oculi Chiudere forte le palpebre

 

Tab. 1: Test diagnostici

  

La sensibilità

Se le neuriti non vengono adeguatamente trattate si andrà quindi incontro ad un danno neurologico definitivo. La perdita della sensibilità cutanea, l’anidrosi che rende la cute secca per la compromissione del sistema nervoso autonomo, in associazione alla compromissione del bilancio fra funzioni muscolari sinergiche ed antagoniste, portano in mani e piedi alla formazione di ulcere ed infezioni e, infine, ad auto-mutilazioni. La cute anestetica non è in grado di difendersi da traumi ed ustioni mancando il segnale di difesa che deriva dal dolore.

È evidente la necessità di valutare la sensibilità nello studio dei pazienti. Essa può essere testata con vari strumenti, vorrei menzionare per la sua semplicità il ball-pen test7 consistente nel valutare la percezione della punta di una penna a sfera appoggiata sulla cute senza altra pressione che il suo peso.

In generale test semplici che non richiedano speciali dispositivi diagnostici, come questo e quello precedentemente descritto per la funzione muscolare, sono preferibili in contesti non particolarmente attrezzati quali molti Ospedali del Terzo mondo.

 

La chirurgia palliativa

La paralisi che segue al danno a nervi motori determina gravi conseguenze funzionali quali compromissione della azione prensile, piede “cadente”, impossibilità di serrare le palpebre con danno corneale.

Il danno estetico ed in particolare la deformità delle mani (Foto 3), non è di rilevanza secondaria contribuendo con il suo aspetto caratteristico, all’emarginazione dei pazienti. 

In casi selezionati, per la correzione del danno stabilizzato, si può ricorrere alla chirurgia tendinea palliativa mediante trasposizione tendinea, tecnica utilizzata particolarmente per l’arto superiore.

 

Trasposizione tendinea

Consiste nel ripristino di una funzione muscolare persa mediante il distacco dell’inserzione di un tendine dalla sua normale posizione anatomica e la sua trasposizione in altra sede su tendini o segmenti scheletrici opportunamente scelti.

Si modifica così la funzione ed a seguito dell’attivazione muscolare il movimento sarà diverso da quello fisiologico e risulterà utile al progetto terapeutico-ricostruttivo. È evidente che il danno funzionale che inevitabilmente viene fatto per il “prelievo” deve essere accettabile ed adeguato al risultato migliorativo che si intende ottenere.

L’Omuncolus di Penfield (1891-1976) (Foto 4) è una rappresentazione schematica della corteccia cerebrale su cui giace un corpo umano proporzionato in modo corrispondente alle aree che utilizza su di essa. Le enormi mani stanno a significare una grande disponibilità di corteccia per le funzioni connesse ad esse. Quindi una grande plasticità corticale che comporta capacità di adattarsi, di apprendere, di modificare e memorizzare schemi di movimento. Questo rende possibile la riorganizzazione dello schema corporeo corticale necessaria dopo le modifiche anatomiche attuate dalla chirurgia palliativa mediante trasposizioni tendinee.

Questa chirurgia si basa su precise regole enunciate da chirurghi del passato pionieri di queste tecniche: voglio citare Sterling Bunnel (1882-1957)8, Joseph H. Boyes (1905-1995), PW Brand9. Segue una sintesi dei punti principali.

Anzitutto nella scelta dell'unità muscolo-tendinea da trasferire bisognerà considerare che con la trasposizione essa perderà parte della sua forza contrattile, quindi dovrà essere integra per essere idonea all’intervento. Un tendine trasferito dovrà vicariare un singolo movimento. Esso dovrà avere un percorso per quanto possibile rettilineo, considerando che in caso contrario ci sarà una considerevole perdita di forza. Il tendine trasferito è idoneo se ha forza ed escursione simili a quello che va a sostituire. Il danno funzionale provocato dal trasferimento dovrà essere accettabile e proporzionato all’importanza della funzione che si intende recuperare. Lo scorrimento tendineo dovrà avvenire in tessuti trofici.

Una buona mobilità articolare è condizione per effettuare il trasferimento tendineo, quindi in alcuni casi artrolisi e FKT prima dell’intervento sono utili anche per valutare le motivazioni del paziente. Per quanto possibile, va rispettata la fisiologica sinergia fra azioni muscolari, ad esempio flessori di polso ed estensori delle dita agiscono sinergicamente per preparare la mano alla “presa”.

Quindi un flessore di polso potrà essere trasposto con successo sugli estensori delle dita. Vorrei inoltre sottolineare che nei più giovani è preferibile un transfer precoce per la facilità dell’apprendimento e per prevenire deformità e abitudini di movimento scorrette.

 

Casi clinici

Caso numero 1

Donna anni 40, esiti di lebbra “griffe ulnare” (Foto 5) da paralisi n. ulnare. Correzione dell’iperestensione MF con la tecnica di Zancolli10 (foto 6) con trasposizione del flessore superficiale del 3° dito diviso in 4 strisce (Foto 7) su le quattro pulegge A 1 delle dita lunghe (Foto 8).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Caso numero 2

Uomo anni 35, esiti di lebbra paralisi nervo mediano deficit opposizione del pollice, opponenteplastica (Foto 9) con tendine flessore superficiale 4° dito1112 (Foto 10).

 

 

 

Caso numero 3

Donna anni 25, esiti di lebbra: paralisi n. mediano. Atrofia regione tenare (Foto 11) opponenteplastica secondo Camitz con tendine palmare gracile prelevato con l’aponeurosi palmare allo scopo di allungarlo (foto12) passato con tragitto sottocutaneo nel palmo fino alla cuffia MF del pollice13 (Foto 13). Buon recupero dell’opposizione del pollice (Foto 14).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conclusioni

La chirurgia palliativa in esiti di lebbra è sicuramente di grande rilievo per il ripristino delle funzioni perse. Essa andrebbe praticata precocemente prima che insorgano rigidità articolari ed altri adattamenti e prima che il soggetto impari a vicariare la funzione persa in modo approssimativo pregiudicando un buon recupero dopo la chirurgia. Questa tecnica inoltre contribuisce ad un recupero morfologico in particolare delle mani. Questo rende meno manifesta la condizione del soggetto e contrasta l’emarginazione che inevitabilmente subisce, anche se guarito da tempo. La lebbra è oggi curabile ma conserva tuttavia la sua triste fama di stigma.


BIBLIOGRAFIA

  1. Croft RP, Richardus JH, Nicholls PG et al. Nerve function impairment in leprosy: design, methodology, and intake status of a prospective cohort study of 2664 new leprosy cases in Bangladesh (The Bangladesh Acute Nerve Damage Study). Lepr Rev 1999; 70: 140-59.
  2. Antia NH, Shetty BP. The peripheral nerve in Leprosy and other neuropathies. New Delhi: Oxford University Press, 1997.
  3. Antia NH. Leprosy - a disease of the Schwann cell. Lepr Ind 1982; 54: 599-604.
  4. Smith WCS, Anderson AM, Withington SG, et al. Steroid prophylaxis for prevention of nerve function impairment in leprosy: randomised placebo controlled trial (TRIPOD 1). BMJ 2004; 328: 1459-62.
  5. Enna CD. Preoperative Evaluation. In Enna CD, McDowell F (eds). Surgical Rehabilitation in Leprosy. Baltimore: The Williams and Wilkins Company, 1974. pp. 16-30.
  6. Anderson AM, Croft RP. Reliability of Semmes Weinstein monofilament and ballpoint sensory testing, and voluntary muscle testing in Bangladesh. Lepr Rev 1999; 70: 305-13.
  7. Bunnell S. Surgery of the Hand. 3. ed. Philadelphia: JB Lippincott Co, 1956.
  8. Brand PW. Biomechanics of tendon transfer. Hand Clin 1988; 4: 137-54.
  9. Zancolli E. Correccion de la “garra” digital por paralisis intrinseca; la operacion del “lazo”. Acta Orthop Latino Am 1974; 1: 65.
  10. Royle ND. An operation for paralisis of the thumb intrinsic muscle. JAMA 1938; 111: 612-3.
  11. Thompson TC. A modified operation for opponens paralisis. J Bone Joint Surg 1942; 26: 632-40.
  12. Camitz H. Uber die Behandlung der Oppositionslähmung. Acta Chir Scand 1929; 65: 77-81.
  13. Chen X, Zhang L, Huang M, Zhai X, Wen Y. Coexistence of Nerve Enlargement and Neuratrophy Detected by Ultrasonography in Leprosy Patients. Sci Rep 2018; 8: 7812.