Anno Accademico 2019-2020

Vol. 64, n° 1, Gennaio - Marzo 2020

Simposio: La modernità liquida e il processo di invecchiamento. Una ricerca sulla categoria demografica dei tardo adulti

10 dicembre 2019

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Siamo preparati per vivere 120 anni ed oltre?

A. Puxeddu

A conclusione di questo Simposio, inerente i risultati dello studio “Obiettivo 120 anni nell’analisi dei centenari italiani” promosso dalla Fondazione “San Camillo-Forlanini per lo sviluppo della eccellenza clinica e della ricerca biomedica” onlus di Roma1, vi è la presente Relazione dal titolo “Siamo preparati per vivere 120 anni ed oltre?”.

In altri termini si è attualmente in grado di influenzare positivamente il fisiologico invecchiamento dell’organismo umano e di vincere la sfida contro le malattie croniche degenerative, che condizionano pesantemente l’insorgenza di una multicronicità, propria del soggetto anziano “fragile”, superando definitivamente la nota sentenza di Publio Terenzio Varrone Afro Atacino: “Senectus ipsa est morbus”a?

A questi fondamentali quesiti il Relatore ritiene che attualmente si debba rispondere che non si è ancora compiutamente preparati, sia per alcune problematiche non risolte di ordine biologico intrinseche allo stato di salute dei soggetti anziani in generale, e dei nostri centenari in particolare, che sul piano della sostenibilità delle ingenti spese per la prevenzione dalle malattie e le cure degli stessi, in numero sempre più crescente, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, che comportano, in relazione alle attuali condizioni socio-economiche del nostro Paese, un rilevante esborso “out-of-pocket” (di tasca propria!) dei famigliari dei soggetti interessati, con grave carenza delle cure per quelli economicamente e/o socialmente svantaggiati.

Entrando nel merito di queste affermazioni, verranno presi in considerazione innanzitutto alcuni aspetti demografici e medici inerenti la longevità.

Nei Paesi occidentali si è assistito ad una ‘Rivoluzione epidemiologica del XX secolo’, sulla base del confronto dei dati di morbilità e mortalità degli inizi con quelli della seconda metà del secolo, con una drammatica riduzione delle patologie acute, infettive e parassitarie, flagelli per millenni dell’umanità, grazie alla diffusione delle vaccinazioni ed alla introduzione della antibioticoterapia; d’altro canto è stato rilevato un altrettanto rapido incremento di patologie cronico-degenerative, infiammatorie e neoplastiche.

Il confronto dei vari indicatori di salute fa rilevare il marcato peggioramento dello stato di salute della popolazione anziana in Italia con il progredire dell’età, in particolare dai 65 agli 80 anni, con prevalenze raddoppiate in caso di patologie croniche, quali quelle considerate dall’Indagine Europea sulla salute (EHIS)b, e quintuplicate per le gravi limitazioni motoriec. Tra le donne anziane si osservano maggiori prevalenze di multicronicità (55.2 vs 42.4%), limitazioni motorie (28.7 vs 15.7%) e sensoriali (17.0 vs 12.7%), mentre negli uomini sono più frequenti malattie croniche gravi (46.4 vs 43.4%) (Tab. 1).

 

 

Tab. 1: Principali indicatori di salute delle persone di 65 anni e più per classi d’età e sesso (Anno 2015, per 100 persone con le stesse caratteristiche)2.

 

Ad onta di ciò, la popolazione Italiana è andata progressivamente invecchiando, in virtù dell’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, con la Legge n. 833 del 1978, secondo i principi di ‘universalità, uguaglianza ed equità’, del potenziamento dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS), dei rilevanti progressi della Medicina e Chirurgia, tra cui più recentemente la ‘Medicina rigenerativa’ e la ‘Medicina predittiva o personalizzata’, dell’impiego di farmaci che hanno cambiato le aspettative di vita e del miglioramento degli stili di vita.

Nella Fig. 1 vengono rappresentate le modificazioni delle piramidi dell’età nei due sessi, a partire dall’anno base 2017, nelle proiezioni statistiche inerenti gli anni 2025, 2045, e 2065; sono determinate dall’impatto dei fattori di invecchiamento, dell’entità delle nascite e dei decessi, e dei movimenti migratori. Si riconferma l’aspetto “a fungo”, determinato da una base ristretta per la ridotta natalità, da una zona mediana con una età media della popolazione attualed di 44.9, ed una quota di ultrasessantacinquenni superiore al 22%, che nel 2065 raggiungerà i 50.1 anni, con un ulteriore incremento progressivo della popolazione in età anziana, in un range compreso tra 31.7 e 35.4% del totale; l’apice della piramide si stabilizzerà intorno ai 110 anni, con una netta prevalenza del sesso femminile (Fig. 1).

 

Fig. 1: Piramide della popolazione residente. Scenario mediano e intervallo di confidenza al 90% Italia, anni 2017 – 2065, 1° gennaio, dati in migliaia3.

 

L’Italia è il Paese più longevo d’Europa.

I Centenari residenti in Italia al 1 gennaio 2019, come comunicato dall’Istat4 sono nelle differenti categorie:

-           Centenari (100 anni e più): 14.456; 

-           Semi-supercentenari (105 anni e più): 1.112;

-           Supercentenari (110 anni e più): 21.

Si conferma una netta predominanza femminile (nei rispettivi raggruppamenti, donne 84.00 vs 16% uomini; 87.00 vs 13% uomini e 100%) ed un loro significativo incremento nell’ultimo decennio, 2009-2019 (5.882 persone), con un picco nel 2015, per poi decrescere in rapporto all’ingresso in questa fascia d’età di coorti poco numerose, giacché formate dai nati negli anni della Grande Guerra. La persona vivente più vecchia d’Italia è una donna vivente in Emilia-Romagna, che ha 113 anni; la donna più longeva d’Italia è morta in Piemonte nell’aprile 2017 a 117 anni e 137 giorni, mentre l’uomo più longevo è morto in Sardegna nel 2002 a 112 anni e 346 giorni.

La maggior parte dei centenari risiede nel Nord Italia. Tra i semi-supercentenari 338 risiedono nel Nord-ovest, 225 nel nord-est, mentre 207 al Centro, 230 al Sud e 112 nelle Isole. La Regione con il rapporto più alto tra questi ed il totale della popolazione residente alla stessa data è la Liguria (3.3 per 100 mila).

Una quota di centenari raggiunge questi traguardi di longevità rispettivamente in buona salute (‘successful aging’!), gli “escaper (20%)”, altri in cui le malattie sono state diagnosticate dopo gli 80 anni, i “delayer” (33%), infine, altri ancora in cui sono già presenti prima degli 80 anni, i “survivor” (47%), che vive in cattive condizioni di salute5.

I risultati preliminari dello studio “Obbiettivo 120 anni, nelle analisi dei centenari italiani” confermano queste osservazioni; d’altro canto, ‘ipotizzare che a favorire la longevità familiare siano intervenuti fattori genetici oltre che ambientali è lecito, ma con i dati in nostro possesso non possiamo affermarlo con certezza’6.

Nello Studio pionieristico AKEA [acronimo dell’augurio in lingua sarda rivolto agli anziani: ‘A Kent’annos e prusu … (a cent’anni e più …)] dei centenari della popolazione sarda, residente nella così detta ”Zona blù”e, nei paesi dell’Ogliastra e della Barbagia arroccati sui versanti orientali e occidentali del Gennargentu, iniziato nel 1999 da Luca Deiana e Coll., tra cui Giovanni Mario Pes, e tuttora ‘in progress’7, fattori selettivi locali, quali l’endemia malarica, perdurata per millenni nell’Isola fino al 1950, e l’elevata frequenza di matrimoni endogamici, hanno determinato un elevato ‘tasso di omozigosi’ con la selezione di peculiari varianti genetiche particolarmente vantaggiose per la sopravvivenza; in particolare il riscontro paradossalef di una elevata incidenza nei centenari Sardi nella montuosa ”Zona blù” della ‘variante mediterranea’ della Glucosio-6-Fosfato Deidrogenasi, che sarebbe in ‘linkage disequilibrium’ con un ipotetico gene della longevità estrema, non ancora identificato (Fig. 2).

 

Fig. 2: Pastori centenari Barbaricini, reduci delle patrie battaglie risorgimentali, nei loro caratteristici costumi9.

 

Ciò comporta una eccezionale uguaglianza di genere nei centenari Sardi, nel senso che la probabilità degli uomini di raggiungere il traguardo dei cento anni è pari a quello delle donne, venendosi così ad annullare il così detto ’gender gap’, ossia lo scarto medio di 5-7 anni a favore delle donne, rilevabile nelle maggior parte delle altre popolazioni.

Importanti risultano anche i fattori legati allo stile di vita ed all’ambiente, propri di una arcaica società pastorale. I fattori statisticamente significativi sono: l’esercizio della pastorizia transumante, con un rilevante dispendio energetico giornaliero; un consumo di carne in media di 2-4 volte al mese, dipendendo l’apporto proteico dal consumo di prodotti lattiero-caseari (latte di capra!); la coltivazione della vite e degli ortaggi in terreni con peculiari caratteristiche pedologiche; una vita famigliare patriarcale, che consente agli anziani di godere di significativi contatti emotivi transgenerazionali8.

Tra le molte problematiche mediche di un’Italia che invecchia, P.M. Mannucci individua l’inadeguata cultura degli operatori sanitari nei confronti della cronicità e della multimorbilità dell’anziano, che deve essere superata con l’elaborazione di nuovi sistemi assistenziali (clinici, scientifici ed organizzativi) più adeguati, e con una rinnovata formazione degli operatori sanitari nei Corsi di Laurea specialistica in Medicina e Chirurgia, nei Corsi di Laurea in Infermieristica e nelle Scuole di Specializzazione, per un’assistenza dell’anziano multidimensionale (funzionale, psicologica, sociale, cognitiva), tagliata sulla misura del singolo ammalato (‘Medicina di Precisione’).

È necessario inoltre avere un numero sufficiente di medici generalisti nelle cure primarie e di internisti e geriatri attivi nelle strutture territoriali ed ospedaliere dedicate, mentre attualmente si prospetta una loro drammatica carenza per l’introduzione di disposizioni di legge, quali la recente, così detta “Quota cento”.

Infine deve essere perseguito un corretto approccio alla ‘Polifarmacoterapia’ nei pazienti anziani con ‘multimorbilità’, per ridurre la mortalità, l’ospedalizzazione, il ricovero in RSA ed invalidità, causate da interazioni tra farmaci potenzialmente inappropriati e da reazioni avverse, che può avvenire con la creazione di una nuova figura di medico internista, che sia a cavallo tra il farmacologo ed il geriatra10.

Di recente è stata richiamata l’attenzione dei Ricercatori su 'Ambiente e Salute'. Inquinamento, interferenze sul genoma umano e rischi per la salute’11. Possono le drammatiche trasformazioni ambientali provocate dall’Homo sapiens sapiens a partire dagli ultimi decenni del XX secolo avere un ruolo patogenetico significativo nella già menzionata 'Rivoluzione epidemiologica del XX secolo'? Quale il loro risvolto sull’incremento, finora progressivo, del numero dei centenari nella futura popolazione Italiana, che seguirà ancora l’andamento, prospettato dalle proiezioni statistiche più sopra illustrate?

In un nuovo modello di genoma, che superi il così detto ‘Dogma di Crick’, “inteso come network molecolare dinamico, fluido, unitario e interattivo al suo interno e con l’esterno […] nel quale l’epigenoma (che alcuni scienziati hanno anche definito il software del genoma) si comporta come una camera di compensazione: il luogo specifico in cui il flusso di informazioni che proviene dall’esterno (ambiente e microambiente) incontra e si confronta con le informazioni codificate da milioni di anni nel DNA (cioè nell’hardware), orchestrando tutti i principali processi molecolari che determinano le modificazioni strutturali e funzionali di cellule e tessuti e concorrono alla continua trasformazione del nostro fenotipo (tanto in ambito fisiologico che patologico). […] Per ambiente si debba intendere la composizione chimico-fisica dell’atmosfera, della biosfera, delle catene alimentari e i suoi cambiamenti: in particolare per ciò che concerne i moltissimi agenti fisici (ad esempio le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti), le molecole (in particolare gli xenobiotici) e gli altri agenti chimici (come i metalli pesanti) [inoltre il particolato ultrafine e le nanoparticelle emesse in grande quantità da motori diesel, inceneritori e altri impianti industriali] che interferiscono con l’epigenoma delle nostre cellule e lo inducono continuamente a rispondere, a riposizionarsi per modulare l’espressione del genoma e per permettere alle cellule e all’organismo intero di adattarsi a un ambiente che cambia assai più rapidamente del DNA. […] Il termine ‘developmental plasticity/plasticità dello sviluppo’ si riferisce ai molti possibili fenotipi (polifenismi), che possono derivare da un unico genoma, sulla base, nel caso dei mammiferi e dell’uomo, delle informazioni che provengono dalla madre e dall’ambiente [attraverso essa] nei nove mesi dell’ontogenesi embrio-fetale. […] È stato anche detto che il DNA è una sorta di vocabolario, ma che 11.

In particolare l’Ipotesi di Barkerg, “in base alla quale la rapida trasformazione dell’ambiente esterno e delle catene alimentari si ripercuoterebbe, in ultima analisi, sul microambiente uterino e quindi sul feto, inducendo tutta una serie di modifiche epigenetiche adattative proprio in quelle cellule e tessuti che andranno a formare gli organi e i sistemi preposti al controllo metabolico ed alle relazioni con il mondo esterno, [… L’ipotesi] si è via, via trasformata in una teoria ancora più onnicomprensiva della precedente, secondo cui molte patologie cronico-degenerative e infiammatorie sistemiche dell’adulto (aterosclerosi, patologie cardiovascolari, obesità, sindrome metabolica, insulinoresistenza/diabete, ecc.) e persino alcuni tumori sarebbero il prodotto di una inadeguatezza del programming fetale [Teoria delle origini fetali delle malattie dell’adulto; acronimo anglosassone DOHA = Develpomental Origins of Health and Disease]”11.

Superate le coorti dei ‘baby boomers’, cioè i nati tra il 1945 ed il 1971, anni nei quali l’inquinamento ambientale non aveva ancora raggiunto gli attuali drammatici livelli, quale sarà il comportamento delle malattie croniche degenerative e l’incidenza della longevità estrema nella futura popolazione del nostro Paese?

Infine debbono essere sottolineati altri due importanti aspetti, quelli dell’ageismo e il non adeguato finanziamento del SSN e dell’INPS, che comporta una rilevante spesa sanitaria delle famiglie ‘out-of-pocket’ (di tasca propria!), con discriminazione alle cure dei meno abbienti. 

L’Ageismoh nella sanità è tassativamente vietato nel nostro Paese, con riferimento all’Articolo 3 della Costituzione Italiana (Principio dell’uguaglianza).

Nel 4° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale 2019 della Fondazione GIMBE Evidence for Health, secondo le stime dei conti ISTAT-SHA, la spesa sanitaria delle famiglie ‘out-of-pocket’ per l’anno 2017 è ammontata alla rilevante somma di 35.989 milioni di Euro, mentre la spesa sanitaria pubblica per lo stesso anno è stata pari a 113.131 milioni di Euro. Nel decennio 2010-2019 i Governi per fronteggiare le emergenze finanziarie del Paese hanno ridotto la spesa sanitaria, mentre l’incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE di ben il 37%12.

Da questa seppur sintetica disanima sulla tematica “Siamo preparati per vivere 120 anni ed oltre?” emerge chiaramente, come già detto precedentemente nella premessa, che non si è ancora compiutamente preparati a tale favorevole evenienza; l’Elisir di lunga vita13, come d’altro canto la città di ‘Shangry-La’ nel Tibet, descritta nel celebre romanzo “Lost Horizon” di James Hilton, restano un traguardo attualmente irraggiungibile. Tuttavia l’auspicio di ‘vivere 120 ed oltre’ è ‘una sfida, una speranza, una opportunità’1, che debbono essere tenacemente perseguite!


a Publio Afro Terenzio Varrone Atacino (Narbona, 82 a.C. – 40/35 a.C.): Commedia ‘Phormio’, Atto IV, v. 575, nel dialogo tra Demifonte e Cremete.
b Presenza di 15 malattie confrontabili a livello Europeo: asma, bronchite cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva; infarto del miocardio, malattia coronarica o angina pectoris, ipertensione; ictus o conseguenze dell’ictus; artrosi, patologia lombare o altra affezione a carico della schiena, patologia cervicale o altra affezione a carico del collo; diabete; allergia; cirrosi epatica; incontinenza urinaria, problemi renali; depressione. Inoltre quali indicatori di cronicità: altre malattie cardiache; ansietà cronica grave; tumore maligno; Alzheimer, demenze senili, parkinsonismo; altre malattie e condizioni patologiche.
c Persone che dichiarano molta difficoltà o di non essere in grado di camminare su una superficie pianeggiante per 500 metri o di salire e scendere una rampa di scale senza aiuto.
d Età media della popolazione detenuta a una certa data espressa in anni e decimi di anno.
e Così indicata, perché i paesi con la presenza di centenari, venivano evidenziati sulla carta geografica dell’Isola con una matita blu.
f L’incidenza della carenza eritrocitaria di G-6-PD è più elevata nelle pianure in rapporto alla millenaria infestazione malarica, mentre è saltuaria nelle regioni montuose dell’Isola.
g David James Purslove Barker (Londra, 29 giugno 1938 – 27 agosto 2013), Epidemiologo Inglese, Direttore della MRC Enviromental Epidemiology Unit in Southampton.
h Il termine anglosassone ‘Ageism’ (=age + ism), coniato dal gerontologo statunitense Robert Neil Butler (21 gennaio 1927 – 4 luglio 2010) indica la discriminazione nei confronti di una persona anziana.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

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