Dott. Stefano Carbone

Specialista in Ortopedia e Traumatologia, Roma. Fondazione Internazionale Medici Africa Centrale, FIMAC Onlus.

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019

Settimana per la Cultura: Conferenze

16 aprile 2019

copertina Atti terzo trim 2019 piccola per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

Un modo tutto africano di affrontare la traumatologia

P. Ortensi, S. Carbone, V. Monti

Premessa

La traumatologia e la patologia ortopedica sono le stesse a tutte le latitudini: una frattura richiede lo stesso tempo per consolidare a Roma come a Bujumbura, capitale del Burundi. C’è tuttavia qualcosa in cui si notano profonde differenze fra eventi traumatici e patologie occorse in luoghi tanto distanti.

La diagnostica non dispone degli strumenti sofisticati cui siamo abituati. La RM ad esempio può essere eseguita solo in pochissime strutture ed è estremamente costosa, con prezzi simili a quelli italiani in un paese dove un infermiere dell’Ospedale guadagna l’equivalente di 50 €. In pratica quindi la RM è riservata a casi molto selezionati. In Burundi è molto difficile, quasi impossibile effettuare antibiogrammi: quindi bisognerà fare ampio uso di terapie a largo spettro basate su valutazioni probabilistiche. Gli esami istologici sono difficili da ottenere, il trattamento chirurgico di neoformazioni dovrà essere impostato ad asportazioni “generose” e definitive con margini allargati, non essendo possibile programmare un secondo tempo dopo il risultato dell’istologia.

Il trattamento dei malati deve essere impostato alla semplicità: difficile rintracciare i malati dopo la dimissione, difficile ricorrere a trattamenti in più tempi chirurgici, difficile la gestione di dispositivi che necessitano di continua assistenza come ad esempio i fissatori esterni. Inoltre è necessaria una certa inventiva per adattarsi lì dove sono disponibili risorse limitate. Si potrebbe quindi enunciare una sorta di “filosofia” della terapia in Africa basata sulle peculiarità sociologiche e logistiche di cui si è detto.

Fra gli argomenti positivi a favore del trattamento terapeutico in regioni del terzo mondo vorrei segnalare la maggiore efficacia, per il momento, della terapia antibiotica dovuta all’uso minore che se ne fa e quindi al minor numero di ceppi resistenti. Tuttavia la tendenza attuale è quella di largheggiare nell’uso della terapia antibiotica con prevedibile allineamento alla antibiotico-resistenza cui siamo abituati nel mondo occidentale.

 

Materiali e metodi

Le considerazioni ed i casi che seguono sono tratti dall’esperienza maturata presso l’Ospedale diocesano di Bubanza (Burundi) (Foto 1) ove da oltre 20 anni opera la FIMAC (Fondazione internazionale medici per l’Africa centrale) fondata dal Dr. Vincenzo Monti (Foto 2).

L’Ospedale, costruito dagli Svizzeri, è stato successivamente abbandonato e donato alla Diocesi di Bubanza all’inizio degli anni ’90 e quindi riattivato con l’impegno della Diocesi e del Dr. Monti.

Attualmente offre ricovero per Medicina, Ostetricia, piccola chirurgia. Ha un Pronto Soccorso. All’arrivo delle nostre missioni si attiva una attività principalmente relativa alla ortopedia consistente in visite ambulatoriali, interventi chirurgici, medicazioni, gessi, controlli.

Revisione di amputazioni

Molto del nostro lavoro verte sulla revisione di monconi d’amputazione.

Le amputazioni, vengono praticate frequentemente nel paese come del resto in Africa sub-sahariana1, talvolta con indicazioni che da noi sarebbero considerate eccessivamente allargate. Questo accade per l’impossibilità oggettiva di mettere in atto strategie terapeutiche più conservative e per la scarsa disponibilità di strutture ed attrezzature. L’amputazione Inoltre può rappresentare in alcuni casi il modo più veloce per restituire il paziente ad una vita per quanto possibile attiva.

Questo è fondamentale in Paesi in cui non ci si può permettere di restare indietro a carico della famiglia, a rischio di venire abbandonati.

Gli interventi, talvolta eseguiti in modo scorretto, danno esito a situazioni che non permettono la protesizzazione, monconi dolorosi (Foto 3), esposizioni ossee (Foto 4) sono frequenti alla nostra osservazione.

A tal proposito voglio menzionare come fra le prospettive del nostro lavoro c’è quella di istituire presso l’Ospedale di Bubanza un’officina ortopedica dove sia possibile costruire tutori e protesi per gli amputati.

 

 

Ustioni

Molto frequenti, soprattutto in età pediatrica in Africa sub-sahariana23 il trattamento chirurgico degli esiti rappresenta oltre il 5% degli interventi praticati. Si tratta spesso di imponenti retrazioni cicatriziali estremamente invalidanti (Foto 5). Vengono praticate plastiche “a Z” innesti cutanei, artrolisi ed osteotomie nelle rigidità articolari conseguenti a patologie inveterate. Tra le cause più frequenti l’acqua bollente. Vorrei menzionare una particolarità: le gravi ustioni in pazienti epilettici. l’epilessia è frequente probabilmente in relazione a traumi da parto. I pazienti si ustionano nella fase di incoscienza della crisi, forse addirittura scatenata dall’ irritazione corticale provocata dalla visione dei bagliori del fuoco e delle scintille4.

 

Inventiva

Per agire a queste latitudini è richiesta una certa inventiva e capacità di adattamento. Così il ricorso a tecniche che appartengono al passato della medicina, quali arto appeso allo Zenith nelle fratture di femore in età pediatrica (Foto 6) dove lo stesso peso del corpo agisce come trazione allineando correttamente i capi ossei, ampio utilizzo del tondino di ferro per confezionare tutori etc. Anche una vecchia sedia di plastica, di quelle che in Italia finirebbero nel cassonetto dei rifiuti, trova un eccellente riciclo come sedia a rotelle (Foto 7).

 

 

 

Lesioni ossee settiche

Una tecnica valida per trattare lesioni ossee settiche, quali fratture esposte con perdita di sostanza, si basa sulla nostra esperienza nel trattamento dell’Osteomielite ematogena5. È questa una patologia cronica di frequente osservazione principalmente in età pediatrica, nella quale con questo metodo ultimamente abbiamo avuto risultati incoraggianti. Essa consiste nel debridement della lesione e nel successivo borraggio  dell’osso con cemento antibiotato6 (gentamicina, oppure gentamicina-vancomicina) (Foto 8).

 

 

Questa procedura risulta in linea con la filosofia del modo “africano” di trattare lesioni ossee settiche con perdita di sostanza ossea. Essa sostituisce in alcuni casi i fissatori esterni quasi impossibili da utilizzare per la necessità di frequenti controlli ed aggiustamenti e permette di gestire i pazienti con poche medicazioni.

Il cemento infatti, conferisce stabilità alla lesione ossea e continua a rilasciare una terapia antibiotica locale per lungo tempo, senza bisogno di improbabili somministrazioni quotidiane.

 

Educazione sanitaria, aggiornamento

Le missioni, in linea con la giusta filosofia che deve essere alla base dell’attività umanitaria, comportano di fatto una attività formativa nei riguardi del personale locale utile ad accrescerne la cultura e l’autonomia. Particolare interesse mostrano gli allievi infermieri (Fig. 9) e gli “anestesisti”, che non sono medici ma paramedici specializzati che possono apprendere molto dai nostri anestesisti.

 


BIBLIOGRAFIA

  1. Ajibade A,  Akinniyi OT, Okoye CS. Indications and complications of major limb   amputations in Kano, Nigeria. Ghana Med J 2013; 47:185-8.
  2. Nthumba PM. Burns in sub-Saharan Africa: A review. Burns 2016; 42: 258-66.     
  3. Albertyn R, Bickler SW, Rode H. Paediatric burn injuries in Sub Saharan Africa-an overview. Burns 2006; 32: 605-12.
  4. Martins da Silva A, Leal B. Photosensitivity and epilepsy: current concepts and perspectives - A narrative review. Seizure 2017; 50: 209-18.
  5. Ortensi P.  Osteomielite ematogena in Africa. Atti della Accademia Lancisiana 2018; 62: www.attidellaccademialancisiana.it
  6. Ikpeme IA, Oku EO, Ngim NE, Ilori IU, Abang IE. Comparison of the outcome of   treatment of chronic osteomyelitis by surgical debridement with and without local antibiotic delivery system: experience from a Nigerian teaching hospital. Int J Clin Med 2013; 4: 313-8.