Dott.ssa Emanuela Vaccher

Responsabile SOSI Oncologia Medica-Malattie Infettive, IRCCS Centro di Riferimento Oncologico Aviano, PN

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 1, Gennaio - Marzo 2016

Simposio: Tumori nei trapiantati di organo: una problematica sempre più attuale

26 gennaio 2016

Copertina Atti primo trimestre 2016.jpg

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La sorveglianza oncologica dei Tumori De Novo: problemi e controversie in un ambulatorio dedicato ai trapiantati di organo solido

E. Vaccher, U. Tirelli

Sommario

I pazienti con immunodepressione iatrogena post-trapianto di organo solido  sono ad alto rischio neoplastico per la presenza di una immunodepressione cronica, l’invecchiamento fisiologico della popolazione trapiantata, la presenza di coinfezioni con virus cancerogeni, gli stili di vita dei pazienti (fumo di sigaretta, uso di alcool) e non da ultimo l’azione cancerogena diretta di alcune classi di farmaci immunosoppressori, quali gli inibitori della calcineurina e fra gli antiproliferativi, l’azatioprina. Le neoplasie che insorgono nei pazienti immunodepressi sono caratterizzate da un’elevata aggressività biologica e da una prognosi infausta. Diventa quindi prioritaria l’attivazione di strategie di sorveglianza oncologica che includano anche il  monitoraggio e la terapia delle infezioni da virus cancerogeni . Non esistono però studi randomizzati sulla sorveglianza oncologica nella  popolazione degli immunodepressi ed i dati a favore/contro sono molto confusi, compresa la fattibilità di una prevenzione neoplastica in una popolazione ad alto tasso di comorbidità. E’opinione comune che le linee guida di sorveglianza/screening oncologico attivate per la popolazione generale non possano essere completamente traslate nella popolazione degli immunodepressi, è pertanto necessario che tali strategie vengano validate da studi prospettici. In accordo con i principi di una medicina centralizzata sul paziente, i nuovi studi devono svolgersi in parallelo con un’attività educazionale e di sensibilizzazione della popolazione trapiantata.

Introduzione

I tumori del post-trapianto hanno una rilevanza significativa sulla Sanità pubblica,sia in termini di morbidità che di mortalità. La maggior parte di essi ha una prognosi sfavorevole non solo per caratteristiche intrinseche alla neoplasia ma anche perché viene diagnosticata in fase tardiva di malattia. L’attivazione di un programma di Screening/Sorveglianza Oncologica è una delle priorità nella gestione dei pazienti con immunodepressione iatrogena, ma esistono molti problemi e controversie  che richiedono di essere risolti con studi prospettici multidisciplinari.

 Epidemiologia e Mortalità dei Tumori de Novo

 Il trapianto di organo solido è una procedura medica consolidata nella terapia della malattia terminale d’organo. Nel corso del 2000-2011 in Italia  sono stati eseguiti  oltre 34400 trapianti, di cui 54% di rene, 33% di fegato,11% di cuore e 2% di polmone1.

La disponibilità di farmaci antirigetto sempre più efficaci ha ridotto in modo significativo il tasso del rigetto acuto e cronico, con un netto miglioramento della sopravvivenza  dell’organo ad un anno, che attualmente è stimata fra l’80-90% contro il 40-50% dei primi anni settanta2. I dati italiani sono sovrapponibili a quelli internazionali, con una sopravvivenza dell’organo ad un anno compresa fra il 92% e l’82% ed una sopravvivenza del paziente ad un anno nel range del 97-65% e a 5 anni del 92 - 46%, con la prognosi migliore nei pazienti sottoposti a trapianto di rene e la più infausta nei trapiantati di polmone1. La sopravvivenza a lungo termine dei pazienti sottoposti a trapianto di organo solido (Organ Transplantation Recipients,OTRs) non è però migliorata nel tempo, i tumori, le complicanze cardiovascolari e le infezioni continuano ad essere un’importante causa di morbidità e mortalità 3-5. In USA, dopo  5-10 anni dal trapianto il tasso di mortalità per cancro è risultato del 15% nei trapiantati di rene, 19% nei trapiantati di fegato e 22% nei cardiotrapiantati3, in Europa, del 26% dopo 20 anni da un trapianto di fegato5. L’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuzione della morbidità/mortalità competitiva hanno determinato un lento ma significativo incremento dell’incidenza del cancro nel tempo, la cui incidenza cumulativa a 5 anni dal trapianto è stata stimata nel 2008 pari al 4,4% contro il 4,2% (p=0.006) dell’inizio degli anni 20006.

I tumori che insorgono negli OTRs possono svilupparsi De Novo o come recidiva di una neoplasia preesistente al trapianto nel paziente e/o nell’organo trapiantato; i tumori De Novo sono tardivi mentre gli altri sono precoci e tendono per lo più a manifestarsi nel primo anno post-trapianto. Il nostro protocollo di studio è mirato alle neoplasie De Novo e pertanto il termine tumore sarà usato come sinonimo dei Tumori De Novo7.                                                                                          

Globalmente i pazienti con immunodepressione iatrogena, quali sono gli OTRs hanno un rischio cancerogeno aumentato di 2-5 volte rispetto a quello della popolazione generale7-13, ma non si tratta di un rischio generico. Come nella popolazione con immunodepressione da HIV, l’aumento di rischio riguarda soprattutto i tumori causati da virus cancerogeni: Sarcoma di Kaposi associato allo Human Herpesvirus 8 (HHV8), patologie linfoproliferative (Post-Transplant Lymphoproliferative disorders,PTLD) compresi i linfomi all’Epstein-Barr virus (EBV), carcinomi anogenitali allo Human Papillomavirus  (HPV) ed epatocarcinoma (HCC) associati al virus dell’epatie B (HBV) o C (HCV)14-16. Lo spettro (Tabella 1) comprende anche neoplasie con eziologia virale controversa, quali i carcinomi cutanei il cui eccesso di rischio è stimato 20-70 volte superiore a quello della popolazione generale dello stesso sesso e fascia di età e  tumori non associati ad agenti infettivi, in particolare tumori indotti da fumo, alcool, o associati alle comorbidità, con un eccesso di rischio che però è significativamente minore rispetto a quello dei tumori da agenti infettivi6-11,17.

Degno di nota è il dato che non vi è alcun aumento di incidenza per il carcinoma della mammella e della prostata. Se si focalizza l’attenzione sui tumori più frequenti, prevenibili o diagnosticabili in un programma di sorveglianza emerge che il rischio di sviluppare un Linfoma non Hodgkin (NHL) è più alto nei trapiantati di polmone (SIR 18.7), intermedio nei trapiantati di cuore/fegato (SIR 7.8) e più basso (SIR 6.5) nei trapiantati di rene, con un caratteristico pattern bimodale (picco di incidenza nel primo anno post-trapianto nei giovani  e dopo il V anno nei soggetti di età > 50 anni). Peculiare è il dato che il rischio di sviluppare un carcinoma del polmone, un carcinoma renale ed un epatocarcinoma (HCC) è massimo nei trapiantati dell’organo corrispondente6,10.

Le neoplasie che si sviluppano nel post-trapianto sono caratterizzate da un’elevata prevalenza di stadi avanzati all’esordio, da un’elevata aggressività biologica e da una prognosi infausta7,18-20. Nel post-trapianto, l’eccesso di morte per cancro è risultato significativamente più elevato rispetto a quello dei pazienti della popolazione generale con lo stesso sesso, fascia di età e tumore, con un tasso di mortalità standardizzata (Standardized Mortality Ratio,SMR) di 2.83 (95% IC 2.43-3.27) nei trapiantati di fegato e cuore e di 4.41 (95% IC 3.02-6.23) nei trapiantati di polmone19, mentre nei trapiantati di rene l’eccesso di morte aumenta progressivamente con la durata dell’immunodepressione e l’età del paziente20. L’eccesso di morte coinvolge tutte le neoplasie, compresi i carcinomi della cute la cui SMR è risultata  molto elevata e pari a 49.6 (95% IC 31.5-74.5)19.

Patogenesi

  Lo sviluppo di un cancro è un processo multifasico e multifattoriale. L’immunodepressione iatrogena svolge un ruolo determinante nella patogenesi delle neoplasie post-trapianto perchè riduce la sorveglianza immunitaria e crea un ambiente permissivo alla proliferazione delle cellule neoplastiche e alla replicazione e azione trasformante dei virus cancerogeni21-24. In questo background, intervengono anche altri cofattori quali l’invecchiamento fisiologico dei pazienti, il loro stile di vita (fumo di sigaretta, uso di alcool,esposizione solare), alcune comorbidità e non da ultimo l’azione cancerogena diretta di alcune classi di farmaci immunosoppressori7,25,26. I principali virus cancerogeni sono EBV, HHV8, HPV, HCV ed HBV associati rispettivamente alle PTLD, al Sarcoma di Kaposi, ai carcinomi anogenitali e all’ HCC. Il Polyomavirus (BKV) potrebbe secondo alcuni Autori, disattivare alcuni anti-oncogeni (p53, Retinoblastoma) ed essere implicato nella patogenesi di alcune neoplasie quali ependimomi, mesoteliomi, carcinomi uroteliali e patologie linfoproliferative27. I ceppi di HPV-β 5 e 7 sono stati associati allo sviluppo dei carcinomi squamosi della cute, ma il loro ruolo rimane ancora controverso28. Si ritiene che l’HPV possa essere coinvolto nei processi di iniziazione dell’oncogenesi, piuttosto che nella promozione o mantenimento del clone neoplastico. Il virus potrebbe agire come co-carginogeno, amplificando l’azione cancerogena di altri cofattori, quali l’espozione solare  e/o l’azione di alcuni farmaci immunosoppressori 29, quali gli inibitori della calcineurina (“calcineurin inhibitors, CNIs”), ciclosporina (CsA) e tacrolimus e, fra gli antiproliferativi, l’azatioprina (AZA)30-37. L’azione cancerogena di questi farmaci anti-rigetto avviene probabilmente con molteplici meccanismi. I CNIs aumentano l’espressione del Transforming Growth Factor-β (TGF-β) e del Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF), responsabili rispettivamente dell’invasività delle cellule tumorali e della neo-angiogenesi del tessuto tumorale. Entrambi i farmaci interferiscono anche con i meccanismi di riparo del DNA e tramite il blocco della produzione di Interleuchina-2  da parte dei T linfociti, impediscono l’attivazione di NFAT ed NF-κB7,25,26,38-40. Nel gruppo degli antiproliferativi, l’AZA, ma non il micofenolato mocetile, favorisce lo sviluppo dei tumori cutanei tramite un sinergismo con i raggi ultravioletti nel determinare effetti mutageni sul DNA41,42. Gli inibitori della rapamicina (mammalian Target of Rapamycin Inhibitors, mTORIs), sirolimus ed everolimus, hanno invece un’attività antiproliferativa perché inibiscono la neoangiogenesi ed hanno un’azione inibitoria diretta sulla crescita e sopravvivenza della cellula neoplastica, tramite il blocco della via di trasduzione del segnale mediata da mTOR32,43-45. In vivo, il loro uso in sostituzione o associazione con altri immunosoppressori, è associato ad una diminuzione dell’incidenza dei carcinomi cutanei ed una regressione delle PTLD e del Sarcoma di Kaposi 7,17,46,47.

Fattori di rischio

 Il rischio neoplastico aumenta progressivamente con la severità del regime immunosoppressivo ed indirettamente il numero di rigetti e trapianti subiti14,48, con la durata dell’immunosoppressione e con l’età avanzata del paziente al momento del trapianto. Altri fattori di rischio includono come già citati l’infezione/riattivazione di infezioni da virus cancerogeni, lo stile di vita del paziente (tabagismo, uso di alcoolici ed  esposizione solare), l’impiego di CNIs, AZA, ATG e belatacept e la presenza di alcune comorbidità pre-trapianto,ad es.patologie autoimmuni e diabete mellito. Globalmente, i pazienti a maggior rischio di cancro sono i trapiantati di polmone, perché trattati con regimi ad elevata potenza immunosoppressiva e/o perché hanno  avuto un’elevata esposizione a cancerogeni ambientali (ad es. fumo), sono a rischio intermedio i trapiantati di cuore e di fegato e a minor rischio i trapiantati di rene6,49. L’incidenza cumulativa di tutti i tumori nei trapiantati di rene, cuore e fegato, con l’esclusione dei carcinomi cutanei di cui mancano spesso i dati, è stimata fra il 4.8 ed il 6% a 5 anni dal trapianto, tra il 10-11% a 10 anni e sale in modo esponenziale dopo il 10 anno di immunodepressione6,7,50-52. Nei trapiantati di rene l’incidenza cumulativa a 25 anni dal trapianto è del 49% per tutti i tumori e del 40% se si escludono i carcinomi cutanei50.

Rispetto ai giovani di età < ai 35 anni, i soggetti  che vengono trapiantati dopo i 50  hanno un rischio neoplastico a 5 anni dal trapianto triplicato, che risulta quadruplicato quando l’età al trapianto è > ai 60 anni6. Il dato assume una grossa rilevanza sanitaria se si considera che ora vengono trapiantati anche pazienti anziani.

L’impatto dell’abuso di fumo/alcool nel rischio dei tumori post-trapianto è molto evidente nella popolazione dei trapiantati di fegato per cirrosi esotossica, in cui la prevalenza dei tumori oscilla fra 8-27% vs 1-8% dei trapiantati di fegato per altre  cause, con uno spettro di tumori  che comprende soprattutto carcinomi del polmone, distretto capo-collo ed esofago53,54, tumori notoriamente associati a fumo/alcool55.

Sorveglianza Oncologica dei Tumori de Novo: Problemi e Controversie

L’attivazione di strategie di sorveglianza oncologica che permettono di diagnosticare il tumore in fase iniziale di malattia ha la potenzialità di ridurre in modo significativo la mortalità cancro-specifica nel post-trapianto. Lo Screening è l’applicazione dei test diagnostici in soggetti apparentemente sani/a rischio di cancro che permette una diagnosi precoce del tumore, in uno stadio suscettibile di terapia radicale. La Sorveglianza è l’applicazione ripetuta di questi test e presuppone la definizione di un algoritmo per pianificare le procedure di richiamo, ossia i successivi interventi di conferma della diagnosi 56,57. Sia i programmi di screening/sorveglianza di popolazione che quelli basati sulla clinica, cioè focalizzati su pazienti a rischio di cancro,devono soddisfare i sette postulati di Prorok: 1) la neoplasia deve essere frequente e 2) deve essere gravata da un alto tasso di morbidità/mortalità, 3) la popolazione a rischio deve essere ben identificabile, 4) il test diagnostico deve avere un’elevata accuratezza diagnostica e deve essere ben accettato dalla popolazione, 5) le procedure di richiamo devono essere ben codificate, 6) il tumore deve disporre di una terapia iniziale efficace e 7) il programma di sorveglianza deve essere in grado di ridurre la mortalità cancro-specifica58.

Per epidemiologia, morbidità e mortalità, i tumori De Novo rispondono pienamente ai primi tre postulati di Prorok, ma esistono molte controversie sui programmi di sorveglianza oncologica nella real life del post-trapianto. La grande eterogeneità dei fattori di rischio e la diversa lunghezza del follow-up delle varie serie rendono ragione dei dati contrastanti esistenti  in letteratura sui potenziali benefici di una strategia di sorveglianza dei tumori De Novo59-65. Ad oggi non esistono studi randomizzati e gli studi di coorte sono pochi, limitati solo ad alcune neoplasie e/o riguardano solo alcuni sottogruppi di pazienti60,61,66. E’ opinione degli Esperti che in assenza di studi randomizzati, la sorveglianza debba essere individualizzata in base alla storia famigliare e clinica del paziente, alla sua spettanza di vita e alla presenza di fattori di rischio specifici per un determinato tumore, ad es. tabagismo/cancro del polmone, esposizione solare/cancro della cute,infezioni da HCV e/o HBV/HCC62,67).

Le linee guida di screening impiegate nella popolazione generale57 rappresentano il riferimento principale anche per gli OTRs, ma la loro trasferibilità nella popolazione degli immunodepressi compresi i trapiantati rimane sconosciuta. La coesistenza di un’importante comorbidità competitiva oltre a ridurre la spettanza di vita del paziente, ha la potenzialità di complicare il programma di sorveglianza con una maggiore morbidità delle procedure di screening, una minore compliance del paziente, un aumento degli accertamenti e dei trattamenti per presenza di patologie incidentali e una minore performance dei test di screening59-65.

Il disegno statistico ottimale per uno studio di sorveglianza è uno studio randomizzato, perché permette di eliminare i fattori di confondimento quali l’eterogeneità della malattia di base, il bias dell’autoselezione dei pazienti,dell’anticipazione di diagnosi non influenti sulla sopravvivenza (Lead-Time bias e Length Time bias), l’aderenza ai protocolli e la sovradiagnosi, tutte variabili che influenzano il rapporto costo-efficacia della sorveglianza68. Gli studi randomizzati  richiedono  un numero elevato di pazienti e purtroppo sono gravati da costi molto alti,l’alternativa può essere uno studio osservazionale prospettico ben disegnato, che abbia come obiettivo finale la riduzione della mortalità cancro-specifica e come obiettivi intermedi la valutazione della fattibilità di una  sorveglianza oncologica in una popolazione ad alto tasso di comorbidità. Questi studi sono fattibili solo in un contesto multidisciplinare che coinvolga tutti gli Operatori Sanitari dedicati alle patologie del post-trapianto e che preveda il coinvolgimento diretto del paziente trapiantato nel processo decisionale del programma di sorveglianza. In accordo con i principi di una medicina centralizzata sul paziente, essi devono svolgersi in parallelo con un’attività educazionale e di sensibilizzazione della popolazione trapiantata.

 


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