Prof. Bruno Dallapiccola

Direzione Scientifica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 1, Gennaio - Marzo 2019

Conferenza: Le nuove frontiere del microbiota intestinale in Medicina

04 dicembre 2018

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Le nuove frontiere del microbiota intestinale in Medicina

L. Putignani, F. Del Chierico, A. Onetti Muda, B. Dallapiccola

Introduzione

Il microbiota intestinale umano è un complesso ecosistema costituito da 1014 batteri. Il suo genoma, che rappresenta più di 500 volte il genoma umano, può essere definito nel suo insieme microbioma. I commensali del microbiota svolgono un ruolo fondamentale per la salute umana, particolarmente in età neonatale e pediatrica1, 2, agendo come barriera contro i patogeni e contro la loro invasione, controllando il cosiddetto “signalling” neurologico ed endocrino, la biosintesi energetica, il metabolismo dell’ospite, contribuendo alla fisiopatologia dell’ospite, e, quindi, alle condizioni di disbiosi intestinale, con riflessi diretti sulla salute del distretto gastrointestinale e indiretti, a livello periferico, attraverso gli assi intestino-fegato e intestino-cervello. Tali effetti sull’ospite si succedono in modalità dinamica, espletando funzioni metaboliche essenziali, e controllando lo sviluppo del sistema immunitario (SI)1, 2.

 

Microbiota intestinale e “programming”.

Nei neonati, l’alterazione dei taxa enterici indigeni facenti parte del core iniziale del microbiota può avere un impatto negativo sulla modulazione nelle prime fasi di vita del metabolismo dell’ospite, vista la stretta dipendenza del benessere dell’enterocita dalla presenza dei ceppi cosiddetti butirrato-produttori che garantiscono la maturazione fisiologica e, quindi, salute dell’enterocita, così come sullo sviluppo del sistema immunitario infantile3, 4.

La capacità del sistema immunitario di co-evolvere con il microbiota a partire dall’epoca perinatale permette all’ospite e al microbiota stesso di coesistere in una relazione di mutuo beneficio, che consiste nel dispensare in modo coordinato risposte immunitarie specifiche e “bilanciate” (concetto della tolleranza immunitaria) verso la biomassa degli antigeni esterni, e nel discriminare i falsi allarmi innescati da antigeni benigni5.

Il venire meno dell’omeostasi di questo complesso equilibrio ha conseguenze importanti sulla salute intestinale e sistemica, innescando una risposta infiammatoria anomala e non contenuta, come accade nelle malattie infiammatorie croniche (IBD) sin dall’infanzia, oppure nel caso delle enterocoliti, delle enterocoliti necrotizzanti (NEC) e delle enterocoliti associate alla malattia Hirschsprung nei neonati. L’eziologia delle IBD è poco nota, ma si ammette che la malattia origini da un’anomala risposta immunitaria diretta contro gruppi o taxa specifici del microbiota intestinale in soggetti geneticamente suscettibili6. Numerose evidenze indicano che non solo il microbiota fecale, ma anche le popolazioni microbiche adiacenti alla mucosa, differiscono nei soggetti con IBD rispetto ai controlli non affetti. Nelle popolazioni adulte è stato recentemente dimostrato dal nostro gruppo che i marcatori microbici mucosali possono fungere da specifici marcatori selettivi di malattia7. Per questo motivo, approcci integrati di metagenomica per caratterizzare microbiota di contenuto fecale da lumen o microbiota mucosa devono essere considerati, anche quando si considerano le traiettorie di insorgenza e progressione della malattia dall’età pediatrica a quella adulta8. Nei neonati pretermine, la correlazione tra popolazioni microbiche del microbiota e l’insorgenza della NEC ha prodotto risultati contrastanti, soprattutto per la differenza delle attività sperimentali utilizzate per caratterizzare le comunità microbiche in questo ambito e per la difficoltà di reperire campioni rappresentativi del microbiota intestinale del neonato9. La disbiosi del microbiota, nella fase di costituzione e modificazione in epoca perinatale, potrebbe avere un ruolo sui successivi processi infiammatori, immuni e allergici e rappresenta un modello importantissimo per spiegare il “programming” neonatale del microbiota10. Inoltre, la NEC è la più comune emergenza medico-chirurgica nei neonati e rappresenta un problema clinico importante, in quanto interessa circa il 10% dei neonati con peso inferiore a 1500 g, con tassi di mortalità ≥50%, a seconda della gravità. La malattia può insorgere anche nei neonati a termine e a breve termine. La sua eziologia rimane elusiva, verosimilmente multifattoriale, anche se alcune evidenze suggeriscono un’origine infettiva, con alterazione indotta delle nicchie microbiche intestinali11. Gli studi sperimentali sui modelli animali hanno suggerito che la traslocazione del microbiota intestinale attraverso la barriera della mucosa intestinale, svolga un ruolo nella patogenesi stessa della malattia, innescando successivamente un coinvolgimento sistemico. Questo meccanismo potrebbe spiegare l'apparente protezione dei bambini allattati al seno contro la NEC fulminante. Di solito, nel microbiota intestinale dei bambini a termine allattati al seno predominano i Bifidobatteri, mentre nei lattanti-formula, predominano i coliformi, Enterococchi e Batteroidi. Il modello di colonizzazione batterica (cinetiche batteriche di crescita, inoculo iniziale, ecc.) nell'intestino del neonato prematuro è diverso da quello nel neonato sano e a termine.

Il primo passaggio nella comprensione di questo aspetto risiede nell’identificare le specie batteriche “fondatrici” del microbiota del neonate alla nascita, da cui derivano tutte le unità tassonomiche operative (OTUs in inglese) che la metagenomica può identificare. Questa evoluzione può essere interpretata usando non solo le tecniche di sequenziamento di seconda generazione o di NGS (next generation sequencing), ma soprattutto interpretandone i risultati con dei modelli presi a prestito dalla teoria ecologica della successione, sviluppata dagli ecologisti delle piante12. Poco è noto circa i meccanismi tempo-dipendenti dello sviluppo degli ecosistemi delle comunità microbiche a partire dalle comunità fondatrici nelle primissime fasi di vita3, 13-15; ma, chiaramente nel caso di crescita anomala dei batteri potenzialmente patogeni, causa dei principali fattori della traslocazione batterica, in seguito si assiste alla migrazione delle endotossine batteriche, come ad esempio il lipopolisacaride (LPS), attraverso il tessuto danneggiato. Un altro aspetto importante è quello associato all’assunzione degli oligosaccaridi e glicoconiugati, componenti naturali del latte materno, che possono prevenire la fissazione intestinale degli enteropatogeni e stimolare, invece, la crescita dei Bifidobatteri16. Altri costituenti del latte umano, come l'interleuchina IL-10, l’EGF, il TGF-β1, l’eritropoietina possono svolgere un ulteriore ruolo importante nel mediare la risposta infiammatoria. L’oligofruttosio, chiamato anche fruttoligosaccaride (FOS), favorisce la replicazione di Bifidobatteri e inibisce la colonizzazione degli organismi lattosio-fermentanti, come Escherichia coli o correlati. Evidenze sperimentali e meta-analisi hanno suggerito che la somministrazione esogena di Bifidobatteri e Lattobacilli probiotici può diminuire il rischio e la gravità della NEC nei neonati pretermine17. Inoltre, molti bambini pretermine nascono generalmente da taglio cesareo, e, di conseguenza, sono trattati con agenti antimicrobici a largo spettro, che modificano l'ecosistema microbico intra-intestinale e innescano una risposta immunitaria sproporzionata, che può poi innescare NEC. L’ospite, tuttavia, gioca un ruolo fondamentale in questo ed i neonati con genotipi citochinici distinti presentano una diversa suscettibilità alla NEC. Quindi, dall'interazione tra fattori intrinseci, infettivi, ischemici, infiammatori, iatrogeni e ambientali, le alterazioni dell'espressione dei mediatori proinfiammatori e/o anti-infiammatori acquistano un ruolo fondamentale nella suscettibilità del neonato alla malattia18. Pertanto, specifici determinanti della variabilità, correlati all’ospite e all’ambiente, agiscono direttamente sulla composizione del microbiota intestinale subito dopo la nascita, contribuendo all’efficienza funzionale dell’intestino del neonato e alle sue esigenze metaboliche19.

La prima acquisizione microbica sembra governata da una trasmissione verticale, dalla madre al figlio e, solo successivamente, si sviluppano ecosistemi microbici differenti nei vari siti anatomici20. Gli studi recenti di microbiologia del microbiota, resi possibili dalle moderne analisi metagenomiche, hanno identificato negli anaerobi facoltativi i primi microbi in grado di creare un ambiente idoneo allo sviluppo di quelli strettamente anaerobi21. In questo modo, gli ecosistemi microbici dell’ospite selezionano un gruppo di comunità ben adattate, che originano dalla comunità “inoculo” colonizzante, mentre le caratteristiche genetiche dell’ospite ne influenzano la composizione, modulando le caratteristiche ambientali della nicchia ecologica3.

Relativamente all’importante modello dell’obesità infantile22, la sua insorgenza si è drammaticamente spostata nei primi anni di vita e la sua prevalenza nelle prime fasi della vita è fortemente aumentata su scala mondiale23. A differenza dell’obesità epidemica, che è principalmente attribuibile allo stile di vita occidentale e, in particolare, all’eccessivo consumo di carboidrati e di grassi e alla riduzione dell’attività fisica, quella infantile è stata, in parte, correlata alle pregresse esposizioni del feto a condizioni sfavorevoli (ad es. segnali ormonali e nutrizionali), in grado di esercitare un profondo impatto sul successivo sviluppo, sulla struttura e sulla funzione dell’organismo24, 25. Questo fenomeno, che coinvolge l’epoca perinatale e postnatale, è noto come “programmazione della malattia durante la fase di sviluppo26.

 

Microbiota intestinale, comunità ecologiche e profili malattia.

In un recentissimo articolo apparso su Nature27, sono stati dimostrati su adulto le principali variabili modulatorie del microbiota umano sano, mostrando che la genetica dell’ospite indice solo in quantità trascurabile rispetto agli stimoli esterni (esposoma) e alle modificazioni indotte dal condividere lo stato ambiente.

La crescente disponibilità di approcci di systems biology nello studio del microbiota intestinale, ha fornito strumenti di analisi descrittiva e “funzionale” sempre più potenti e sofisticati e, questo, permette ora di produrre dati omici multidimensionali in grado di descrivere senza “constraints” a priori mediante approcci di big data, tutti i dati che possono rappresentare un microbioma umano, ivi incluse le variabili dell’esposoma28. Questi approcci possono fornire supporti risolutivi nella previsione dell'effetto modulante dell’allattamento, di parte, dell’intero “programming” sullo stato simbiotico dell’ecosistema microbico, ma anche nella valutazione della disbiosi ecologica, producendo schemi di traiettorie di evoluzione microbica nelle prime fasi di vita29.

Il microbiota intestinale può perciò essere analizzato oggi nella sua complessità “ecologica” di “organo microbico” situato nell’organismo ospite (superorganismo o olobionte), e caratterizzato da un’interazione dinamica continua con l’ospite e con il cibo. La descrizione esaustiva di un microbiota intestinale nelle prime fasi della vita, immediatamente dopo la nascita e durante l’infanzia, quando si realizza il cosiddetto “physiological programming” ha un’importante ricaduta in neonatologia e in pediatria, in quanto fornisce indicazioni nutraceutiche per l’intero processo della crescita.

Inoltre, è noto che alcune patologie espresse a livello extra-intestinale, come l’obesità e le atopie, si associano a “perturbazioni” dell’ecosistema microbico gastrointestinale30. Ed infatti l’obesità e le patologie metaboliche associate all’obesità, come la sindrome metabolica e il diabete tipo 2, sono state collegate alle caratteristiche funzionali e strutturali del microbiota intestinale31. Alcune ricerche hanno documentato un aumento relativo di Firmicutes e un decremento dei Bacteroidetes negli obesi, sia umani che nei modelli murini32, anche se sull’argomento esistono ancora pareri contrastanti33. D’altra parte, il trasferimento del microbiota intestinale dai topi obesi (ob/ob) ai ceppi selvatici dei topi GF causa un aumento della massa grassa nel ricevente, indicando che il microbiota dell’obeso ha una “intrinseca” capacità di accumulare energia dalla dieta34. È stato anche dimostrato che il trattamento antibiotico (vancomicina) nei topi obesi può drammaticamente ridurre la proporzione di Firmicutes e Bacteroidetes e aumentare i Proteobacteria35. In base a questi studi sembra plausibile che la capacità del microbiota intestinale di regolare la risposta infiammatoria sia critica nei complessi meccanismi correlati all’obesità e alla sindrome metabolica, e persino sul rischio di sviluppare alcune malattie dell’adulto, come quelle cardiovascolari, in rapporto all’aumento del peso, all’accumulo di grassi, al mantenimento di uno stato inifiammatorio25. Alcune variazioni nel genoma del topo sono state recentemente correlate alla variazione del contenuto genico del microbiota; molti geni associati all’immunità innata potrebbero essere correlati anche con la modulazione del microbioma36.

Anche per la fibrosi cistica (FC), le infezioni respiratorie ricorrenti e lo stato di infiammazione cronico, sembrano avere correlazioni dinamiche con il microbiota intestinale, compresa l’associazione con la sua disbiosi37. Come è noto, le mutazioni del gene CFTR alterano la fisiologia del canale ionico delle membrane apicali delle cellule epiteliali, disregolandone le produzioni esocrine. L’elevata espressione del gene CFTR a livello intestinale38 favorisce l’anomala produzione mucoide, con conseguente malassorbimento e ostruzione dell’intestino. Di conseguenza, i pazienti con FC non trattati presentano un deficit nutrizionale e hanno una prognosi sfavorevole. In generale, esiste una complessa interazione tra il tratto gastrointestinale, reattore chimico della digestione, e il suo microbiota intestinale. In condizioni fisiologiche, il microbiota partecipa alla degradazione dei componenti della dieta, alla degradazione dei sali biliari, al metabolismo degli amminoacidi a catena ramificata, ai processi fermentativi e putrefattivi, digestione delle sostanze nutritive, aumenta l'immunità dell'ospite e aiuta a controllare la crescita degli organismi potenzialmente patogeni39. Nei pazienti con FC resta controversa la prevalenza e il ruolo della proliferazione batterica intestinale e le implicazioni del difetto genico nell'infiammazione endogena e nell’alterazione dell'omeostasi del SI. Un recente studio prodotto dal nostro gruppo40, ha evidenziato quali sono i principali attori del microbiota intestinale che correlano con le alterazioni funzionali intestinali presenti nella fibrosi cistica ma anche con il metabolismo dell’ospite. In particolare, sono stati studiati 31 pazienti affetti da fibrosi cistica in stabilità clinica con modalità caso-controllo, e, quindi, i pazienti sono stati confrontati con un gruppo comparabile per numerosità ed età di soggetti sani (1- 6 anni). Il profilo del microbiota intestinale ottenuto dalla fusione dei dati di metagenomica e metabolomica ha individuato prevalenze e deficit batterici, con elevate abbondanze di Propionibacterium, Staphylococcus e Clostridiaceae, compreso Clostridium difficile, e scarsa presenza di Eggerthella, Eubacterium, Ruminococcus, Dorea, Faecalibacterium prausnitzii, associati a sovraespressione di 4-aminobutirrato (GABA), colina, etanolo, propilbutirrato e piridina e bassi livelli di sarcosina, 4-metilfenolo, uracile, glucosio, acetato, fenolo, benzaldeide e metilacetato. Queste correlazioni rappresentano una novità assoluta rispetto alle conoscenza già acquisite su microbiota intestinale, soggetti pediatrici e malattia, oggetto di numerosi studi condotti nell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, poiché inducono a definire come unico o prevalente “driver” della disbiosi del microbiota intestinale in fibrosi cistica il suo deficit genetico. Lo studio dimostra, quindi, in modo elegante mediante un approccio di Medicina dei sistemi e per la prima volta, due aspetti fondamentali ed innovativi: 1) che il “mezzo” microbiota intestinale è primariamente modulato e indotto dall’alterazione della funzione del CFTR dell’ospite in fibrosi cistica. Le molecole GABA e colina, come dimostrato in questo lavoro scientifico, poiché riflettono direttamente le alterazioni del trasporto intestinale di acqua e dei componenti che regolano l’osmosi intestinale, possono essere considerate specifici biomarcatori di fibrosi cistica, mentre alcoli, esteri, dei co-biomarcatori dell’alterata attività microbica, fornendo insieme una nuova idea di metaboliti predittori di malattia su cui investigare per il futuro; 2) che il “mezzo” microbiota intestinale è solo secondariamente modulato dal fattore età del paziente, fenotipo malattia, colonizzazione/infezione del microbiota polmonare e, soprattutto, dal regime di trattamento antibiotico cronico, considerazioni eccezionali se confrontate con quanto noto fino ad oggi su microbiota intestinale/malattia/pediatria.

Ed, infatti, diversi meccanismi predispongono potenzialmente i pazienti con FC all‘alterazione disbiotica del microbiota: i) l’accumulo di ceramide; ii) il muco abnormemente denso e la scarsa motilità intestinale; iii) l’infiammazione intestinale endogena; iv) la terapia antibiotica; v) il basso livello di secrezioni pancreatiche; vi) l’alterato pH e il basso livello di fermentazione. È stato dimostrato che l’accumulo di ceramide, trasmettitore del “signalling” cellulare e mediatore della differenziazione, proliferazione e morte cellulare, si associa all’aumento della suscettibilità nei confronti delle infezioni polmonari da Pseudomonas aeruginosa nei topi knockout per CFTR, in conseguenza della deposizione del DNA cellulare apoptotico epiteliale sulla superficie della mucosa e dell’innesco del processo infiammatorio41. Dato che la disregolazione dell'omeostasi della ceramide è indotta dall’assenza o dalle modificazioni di CFTR, è plausibile che si accumuli ceramide anche nel tratto intestinale, dove CFTR è fortemente espresso, come dimostrato nei topi con FC42. Nella FC è stato ripetutamente segnalato un aumento dell’infiammazione intestinale, che innescherebbe la proliferazione batterica intestinale, altrimenti definita “blooming”, favorita dal materiale vischioso che ostacola il trasporto degli antimicrobici. L'uso ripetuto degli antibiotici per trattare la malattia polmonare, contribuisce a interrompere l’omeostasi ecologica del microbiota intestinale, aumentando l'aderenza locale dei batteri patogeni, compreso P. aeruginosa. Inoltre, a causa dei ripetuti trattamenti antibiotici, alcuni taxa appaiono fortemente ridotti o eliminati dal microbiota intestinale, in rapporto al dosaggio e alla cinetica dei farmaci. Tuttavia, nel paziente pediatrico naïve, il nostro lavoro ha dimostrato una quasi indipendenza dal trattamento in regime cronico e, questo, potrebbe essere proprio spiegato dall’effetto ceramide. L’ipotesi secondo la quale nei pazienti con FC il continuo danno dei processi digestivi, insieme all’uso ripetuto di alte dosi di antibiotici, porterebbe ad uno stato di disbiosi necessita di essere dimostrata, mediante indagini più avanzate rispetto a quelle che finora hanno utilizzato approcci di microbiologia classica, definendo cinetiche da antibiotico longitudinali e ben distinte rispetto ad assunzione orale, inalata o sistemica40.

In particolare, le indagini di “systems biology” sulla diversità e stabilità del microbiota intestinale e polmonare dei pazienti con FC ora stanno diventando determinanti nella predizione dell’esito clinico, nel migliorare le condizioni nutrizionali e la qualità della vita, nello sviluppo di terapie alternative o supplementari, basate sull’uso mirato di probiotici e prebiotici43, con ricadute immediate sul trattamento quotidiano del paziente.

Queste importantissime evidenze ci spingono per i futuri studi in fibrosi cistica, ad approfondire modelli di simulazione delle attività gastrointestinali, a pianificare ulteriori studi sulle cinetiche microbiche indotte da trattamento antibiotico in fase acuta, a disegnare modalità di somministrazione di probiotici-targeted come il Faecalibacterium prausnitzii che si sta rivelando un promettente probiotico di seconda generazione in fibrosi cistica, ad utilizzare nuovi biomarcatori di malattia legati al microbiota intestinale e al metabolismo dell’ospite.

Si può intravedere, inoltre, la modalità di modulazioni/correzioni importanti del microbiota come il trapianto fecale inteso come intervento clinico per migliorare lo stato nutrizionale e la funzione intestinale dei pazienti affetti da questa importante patologia e come trattamento precoce della malattia per contenerne alcune importanti comorbidità.

 

Nuove frontiere dello studio del microbiota in Medicina: dati -omici “high-throughput” da utilizzare nell’attuale Medicina dei sistemi per complementare e superare la genomica nel produrre modelli malattia.

I progetti di sequenziamento genomico su larga scala hanno decifrato i genomi di un numero molto elevato di specie viventi, compreso l’uomo, traghettando così la biologia e la Medicina nell’era post-genomica.

Pertanto, ora che il genoma umano è stato svelato, la nuova sfida in Medicina consiste nel determinare le basi molecolari dei "fenotipi" malattia, utilizzando informazioni che vengono dai prodotti a valle del genoma umano e dai metagenomi e dai prodotti delle comunità microbiche che abitano i vari distretti del corpo umano. Questa nuova ricerca sta diventando altamente fattibile e condivisibile per la comunità scientifica perché nuove piattaforme tecnologiche, cosiddette high-throughput, sono in grado di generare e processare un’ampia gamma di dati in un tempo molto ridotto. Tali avanzamenti tecnologici stanno direttamente influenzando i metodi di indagine di laboratorio, passando dall’analisi di un numero limitato di bersagli molecolari (approccio convenzionale "riduzionista" o “discreto”), ad un approccio più generale di tipo "olistico", in grado di valutare l'intero contenuto molecolare (genomico) o funzionale (metabolomico, proteomico) del "sistema biologico”.

Recentemente, pertanto, la biologia dei sistemi è diventata una "disciplina" assestante in grado di generare metodi opportuni per il nuovo approccio di Medicina dei sistemi, in completa evoluzione e che sta fornendo strumenti crescenti per comprendere la biologia e la fisiopatologia del sistema uomo in modo integrato. I dati generati dai genomi e dai loro prodotti, cosiddetti "big data", possono loro stessi generare ora modelli clinici, senza ipotesi a priori, producendo delle informazioni cosiddette data-driven in grado di descrivere il sistema biologico nel suo insieme.

In questo ambito, l'analisi del reguloma può aiutare a interpretare il meccanismo molecolare dell'intero sistema DNA-proteine (ad es., elementi regolatori come i geni, mRNA, proteine e metaboliti); il mutoma può fornire la descrizione dell'intera serie di mutazioni geniche nucleari, associate o non a malattia; l’epigenoma può classificare l’insieme dei cambiamenti chimici di DNA, proteine e istoni, esposti a particolari condizioni ambientali e da esse alterati; l'esoma può classificare gli RNA maturi dopo rimozione intronica mediante meccanismi di splicing dell'RNA; il trascrittoma può catalogare i vari RNA, tra i quali quelli tradotti in proteine, che garantiscono il flusso paradigmatico da "genotipo" a “fenotipo”.

Lo sviluppo delle tecnologie di proteomica e metabolomica ha permesso di indagare i prodotti del genoma (cioè proteoma e metaboloma) in grande dettaglio e profondità, caratterizzando proteine, metaboliti, mappe metaboliche, profili di glicosilazione proteica e contenuto lipidico.

Conoscere questi aspetti vuol dire realizzare un’integrazione di dati appartenenti a livelli di organizzazione biologica profondamente diversi (geni, proteine), interpretando il flusso di informazioni biologiche dai geni ai loro prodotti proteici e metabolici. Nonostante importantissimi progressi in questi campi, esiste ancora un divario considerevole tra dati sperimentali e conoscenza medica, specialmente quando questa “nuova conoscenza” viene valutata in termini di utilità clinica e, quindi, beneficio per il paziente.

Tuttavia, affinché la Medicina dei sistemi diventi pratica clinica, le comunità scientifiche e cliniche necessitano di condividere dati, avendo accesso a database controllati, annotati e disponibili, così come accaduto per lo Human Genome Project (https://www.genome.gov/12011238).

In quest’ottica, un approccio promettente è rappresentato dalla ricostruzione di reti molecolari funzionali, mediante integrazione di dati di alta qualità ottenuti dalla genomica funzionale e dalla proteomica, che sfociano poi nella panomica, basata sulla combinazione di informazioni su geni, proteine, vie metaboliche e caratteristiche cliniche peculiari dei pazienti.

La Medicina dei sistemi e le scienze omiche, inclusa la metagenomica, stanno ora progressivamente trasferendo evidenze desunte dalla ricerca traslazionale sui sistemi complessi e sul microbiota umano alla clinica.

La caratterizzazione del microbiota umano, altrimenti definita profiling del microbiota, permette ora di valutare ora, seppur in modo indiretto, le più importanti modificazioni che l’ambiente (esposoma) può esercitare sul genoma dell’ospite. Tale caratterizzazione, ora con dignità di test diagnostico, permette di riconsiderare il postulato genotipo-fenotipo in condizioni fisiologiche e patologiche nell’infanzia e nell’età adulta mediante la individuazione degli enterogradienti del microbiota. Le informazioni meta-omiche che ne derivano possono complementare quelle dedotte dalle -omiche per la descrizione del genoma dell’ospite e dei suoi prodotti (Fig. 1).

 

Figura 1. Interazioni individuali genotipo-fenotipo che includono la caratterizzazione del microbiota, ottenuta mediante applicazione di strategie omiche e meta-omiche integrate. Da: Putignani L, Dallapiccola B. Foodomics as part of the host-microbiota-exposome interplay. J Proteomics 2016; 147: 3-20.

 

Quando diversi fenotipi malattia, associati alla singola modificazione genetica, vengono catalogati e associati agli enterotipi microbici, l’insieme dei profili fenotipici diventa pleiotropico, e invece di organismo si parla di superorganismo, che implica il ruolo diretto o indiretto del microbiota sulle patologie umane. Per tale motivo, sono necessari gli strumenti avanzati della genomica, come ad esempio le tecniche di sequenziamento di seconda generazione, in grado di eseguire uno studio ottimale di comunità altamente complesse come il microbiota intestinale. Tali tecnologie superano i limiti che provengono dall’isolamento e dalla coltura microbiologica e sono in grado di correlare/comparare specifici profili batterici a patologie di varia natura.

 

Il microbiota e le sue applicazioni diagnostico-cliniche: lo stato dell’arte.

Questa rivoluzione indotta dallo sviluppo delle scienze omiche è ora entrata prepotentemente nelle attività diagnostico-cliniche legate agli studi sul mcirobiota intestinale, come recentemente corroborato da numerose descrizioni di stati disbiotici associati ad eventi infiammatori44, alle IBD45, alla sindrome infiammatoria intestinale (IBS), caratterizzata anch’essa da importanti variazioni del microbiota intestinale, nonostante sindrome e non patologia, nelle quantità di Batteroidi e di Bifidobatteri significativamente ridotte, nell’aumento in Bacilli, Lattobacilli e Streptococchi46, e ad altre patologie come l’obesità, la steatosi epatica22, 47, 48, le sindromi metaboliche49, le malattie metaboliche50, fino alle anomalie del comportamento o ad alcune patologie neurologiche dello sviluppo, come l’autismo, la schizofrenia, l’ansia, e le infezioni microbiche nel periodo perinatale51-53; le patologie neoplastiche54, 55; il controllo eubiotico di infezioni a carico di Enterobacteriaceae multi-drug resistant (MDR)56.

 

Applicazioni meta-omiche e frontiere dello studio microbiota intestinale in Medicina: sistemi attuali e futuri per studiare il microbiota umano.

Come discusso finora, l’avvento di piattaforme ad alto rendimento basate su tecniche molecolari avanzate ha aperto nuovi percorsi nella conoscenza profonda dei componenti del microbiota intestinale. Questi nuovi strumenti tecnologici hanno evidenziato la complessità dell’ecosistema microbiota ed esteso l’identificazione a nuove popolazioni batteriche non ancora caratterizzate, affrancandosi dai vecchi approcci coltura-dipendente.

Nonostante la composizione delle specie batteriche vari tra individui e cronologicamente per lo stesso individuo, le attività codificate dal microbioma appaiono più stabili. Questo non è sorprendente perché la maggior parte della popolazione microbica condivide un gruppo minimo di geni richiesti per l’adattamento all’ambiente intestinale. Così, studiando sia la diversità che la composizione di specie, così come le caratteristiche metaboliche, si creano delle premesse per comprendere a fondo lo stato di salute e quello di malattia in ogni età.

Oltre alla metagenomica, il microbiota viene attualmente analizzato avvalendosi della metabolomica per studiarne l’organizzazione metabolica. Mentre studi di genome-wide association hanno trovato associazioni tra variazione del genotipo e fenotipi della patologia, studi di metabolome wide association hanno correlato fenotipi metabolici ai fenotipi della patologia57. Attraverso la produzione di composti antimicrobici, acidi grassi volatili e acidi biliari chimicamente modificati, il microbiota intestinale crea un ambiente metabolicamente molto reattivo, spesso descritto come bioreattore58, 59.

Recenti studi, anche del nostro gruppo, hanno mostrato che analisi metaboliche 1H-NMR, GC-MS di estratti fecali possono fornire importanti chiarimenti sulle differenze metaboliche interspecie dei componenti del microbiota60, producendo informazioni diagnostiche importanti per le principali patologie intestinali58. Basato sui componenti strutturali delle loro cellule, il microbiota intestinale comunica con l’ospite con un profilo di secrezione caratteristico e così partecipa al mondo metabolico dell’ospite. Questo secretoma o metaboloma delle piccole molecole è accessibile nelle feci e nelle urine61. I progressi delle tecnologie 1H-NMR, GC-MS e LC-MS permettono di monitorare i cambiamenti in metaboliti, intesi come concentrazione e proprietà chimiche.

Profili metabolici ottenuti in combinazione con analisi multivariate, costituiscono ora un nuovo approccio per esaminare la cooperazione metabolica ospite-microbiota rispetto al fenotipo, alla patologia e alla dieta62. In particolare, l’analisi combinata del metaboloma in diversi fluidi biologici, inclusi estratti di acquee fecali, plasma ed urine è una strategia perseguibile per stabilire collegamenti tra la bioconversione degli ingredienti dei cibi non-digeribili, la loro bio-disponibilità e il loro effetto sul metabolismo dell’ospite, anche in relazione con la patologia in atto63, 64.

In generale, quindi, le relazioni mutualistiche nel microbiota intestinale influenzano la “salute” metabolica, ne regolano l’equilibrio energetico, il metabolismo degli xenobionti, la resistenza alla colonizzazione dei patogeni, la maturazione del SI nel bambino e la sua salute nutrizionale. Pertanto, alcune differenze nel microbiota del neonato possono alterare vie metaboliche essenziali, con importanti implicazioni nello sviluppo del bambino e ricadute dirette sul suo stato di salute.

Su questa base, la progettazione di biomarker discovery correlata a disbiosi del microbiota per specifiche patologie può avere una ricaduta diagnostica diretta, applicando tecnologie metaproteomiche avanzate come la spettrometria di massa Triple-TOF alla tecnologia SWATH (Sequential Windows Acquisition of all Theoretical Precursors), con la quale la velocità e le modalità di processazione degli analiti dalle feci o dal sangue possono produrre profili qualitativi e quantitativi delle proteine/metaboliti differenzialmente espressi, in grado di fornire un grande serbatoio in silico di informazioni per ogni singolo paziente65.

Con questo enorme impatto interdisciplinare e con un lavoro all’interfaccia tra la ricerca e la clinica, i microbiologi e gli specialisti in discipline “-omiche” possono ora comprendere il ruolo del microbiota intestinale in stati fisiologici e patologici, e possono assegnare caratteristiche (impronte digitali), in grado di definire alcuni “endofenotipi” umani.

Quello che è già chiaro è che il ruolo del microbiota nella salute umana è molto più importante di quanto non si credesse fino a poco tempo fa: comprendere le dinamiche delle popolazioni batteriche e governarle, invece di aggredirle con antibiotici, potrebbe rivelarsi in futuro la strategia vincente per sconfiggere numerose patologie e i crescenti fenomeni di resistenze antimicrobiche. Si potrebbero quindi gestire le comunità microbiche in termini del loro contenuto ed equilibrio metabolico. Il sequenziamento genico ha aperto la porta ad enormi territori inesplorati popolati da comunità con interazioni molto complesse. Il concetto classico di infezione associata ad un singolo organismo che invade il nostro corpo e si riproduce inducendo una serie di alterazioni non è più corretto. Si è scoperto, infatti, che certe patologie sembrano essere causate da squilibri nella popolazione di organismi che comunicano con l’ospite. Questo nuovo modello può essere allargato a varie patologie e non essere solo confinato ai processi infettivi. La ricerca attualmente ipotizza che alterazioni del microbiota siano alla base di molte patologie infiammatorie croniche, allergie, diabete, obesità. Più è elevata la diversità, minore è la probabilità che patogeni esterni possano invaderci e stabilirsi in ambienti interni al corpo umano. Infatti, se tutte le nicchie sono occupate, diventa difficile per gli ‘invasori’ collocarsi fisicamente e divenire operativi. Ma non sta solo nella ‘competizione esclusiva’ il ruolo del microbiota nella patogenesi: il nostro microbioma interagisce infatti con l’ambiente per dominare il corredo genetico27.

Avremmo in sostanza due genomi: il genoma umano e il microbioma, e quindi, le fluttuazioni nella popolazione che costituisce il microbiota si tradurrebbero nella manifestazione di disbiosi e, quindi, nella successiva insorgenza di patologie (o nella loro remissione). L’abilità di governare tali fluttuazioni può rappresentare la Medicina del futuro, agendo su entità modificabili come quelle dei componenti del microbiota, contrariamente a quanto avviene per il genoma umano il cui contenuto genico non può essere modificato.

Il futuro del microbiota è già presente nell’attuale pratica diagnostica e clinica

 

Consortium Ospedale Pediatrico e Centro IRCCS Bambino Gesù (OPBG) per la generazione di profili clinico-omici associati a tratti genotipo-fenotipo pediatrici

Una rete di ricercatori e clinici di OPBG, collegata con le altre istituzioni accademiche ed ospedaliere nazionali e internazionali, sta generando una biobanca di riferimento di campioni fecali per lo studio delle malattie pediatriche associate alla disbiosi intestinale e alla modificazione del microbiota intestinale. Il Consorzio sta generando profili meta-omici integrati di microbiota per le diverse patologie per le quali vi è evidenza di un legame diretto o indiretto tra la flora intestinale e alterazione sintomatologico-clinica. Queste mappe descrivono le comunità microbiche nel loro insieme, mettendo in relazione i filotipi caratterizzati ai cambiamenti metabolici e alle condizioni cliniche del paziente (fenomica) e comparandoli a quelli di soggetti sani (indagine epidemiologica), in studi caso-controllo.

L'iniziativa prevede la caratterizzazione di un grande numero di campioni pediatrici (fecali, salivari e urine) per produrre profili meta-omici di microbiota da correlare ad allattamento, svezzamento e alimentazione, in condizioni fisiologiche, e a fenotipi malattia nel caso delle principali patologie pediatriche. Contestualmente, la biobanca si sta arricchendo di campioni fecali e di altra origine associati a condizioni fisiologiche di soggetti sani. Una importantissima “survey” epidemiologica ci ha permesso di realizzare quella che crediamo sia l’unica biobanca di riferimento di campioni fecali da individuo sano per lo studio differenziale del microbiota in condizioni patologiche e di riferimento. Il campionamento di microbioti fecali da popolazione, stratificati per età e per genere, ci ha permesso di stabilire un algoritmo per la caratterizzazione, su base matematica, dello stato di simbiosi o eubiosi del microbiota, assegnando una variabilità associata a malattia e grado di disbiosi, su base metagenomica. A questo proposito, il monitoraggio della disbiosi intestinale e la sua classificazione in intervalli diagnostico-clinici può aiutare a decifrare le associazioni fenotipo-genotipo di alterazione del microbiota intestinale in un approccio integrato dei dati omici generati all'interno di coorti caso-controllo di grandi dimensioni. Lavorando su larga scala, il microbiota intestinale e i modelli di infiammazione dell’ospite possono essere integrati con le abitudini alimentari, in relazione ai vincoli genetici dell’ospite ed epigenetici, fornendo profili di disbiosi intestinale che fungono da indicatori del rischio nei casi pre-clinici. Il monitoraggio della disbiosi intestinale può ora supportare nuovi programmi di prevenzione personalizzati nel caso delle IBD e IBS, generando strumenti di sistema di supporto alle decisioni (DSS) cliniche per la modulazione e reversione da profilo patologico del microbiota a fisiologico attraverso: i) somministrazione di probiotici mirati e specifici per ogni particolare patologia; ii) valutazione di profili nutrizionali ottimizzati; fino alla modificazione più radicale che consiste nel iii) trapianto del microbiota intestinale.

Tali DSS, che OPBG sta sviluppando come strumenti diagnostico-clinici, includono:

  1. profili di disbiosi del microbiota intestinale basati sull’integrazione di dati omici, associati ad alto rischio di insorgenza o di ricorrenza, utilizzando IBD come modello;
  2. identificazione di marcatori microbici e biomarcatori molecolari di salute e malattia nella IBD e nelle malattie affini, direttamente correlate ad alterazioni del microbiota intestinale;
  3. protocolli basati su dati omici per la diagnostica di laboratorio;
  4. applicazioni (app) informatica per la gestione da parte dello stesso paziente dei profili dietetici che meglio possono modulare il microbiota intestinale, sulla base di un punteggio basato sul livello della disbiosi intestinale, condivisibile con i medici che possono valutare in remoto stile di vita nutrizionale e modifiche derivate del microbiota intestinale.
  5. Produzione di profili di dati omici, da conservare mediante warehousing e da condividere con clinici e ricercatori interessati alla correlazione tra microbiota intestinale e storia naturale della IBD-IBS.
  6. Programmi di trapianto fecale

 

Figura 2. Schema di generazione, integrazione e conservazione di dati omici generati per l’analisi del microbiota intestinale in OPBG. Da: Putignani L, Dallapiccola B. Foodomics as part of the host-microbiota-exposome interplay. J Proteomics 2016; 147: 3-20.

 

 


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