Dott. Francesco Simeoni

Facoltà di Medicina Veterinaria, Università di Teramo

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 1, Gennaio - Marzo 2019

Simposio: Trapianto fecale: come, quando e perché

15 gennaio 2019

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Trapianto fecale: come, quando e perché

G. Gasbarrini, T. Dionisi, F. Simeoni, C. Mosoni

Introduzione

Nell’introdurre una Tavola Rotonda sul trapianto fecale, pur precisando che il trapianto viene fatto essenzialmente utilizzando la componente microbica del materiale, ci sembra opportuno ricordare quali sono i principali componenti delle feci. Queste contengono vario materiale proveniente dalle pareti intestinali stesse e da quanto si trova in tutto il canale digerente, non solo quello introdotto per via orale e non utilizzato nell’assorbimento, ma anche quanto proviene dagli organi ad esso connessi mediante dotti, ed in particolare dal fegato e dal pancreas.

Di tutto prenderemo in considerazione quanto, per la maggior parte, può essere riassorbito ed utilizzato per i vari processi organici in diversi organi, e soprattutto per le attività nutrizionali ed immunologiche.

Le feci sono composte, per buona parte, da residui alimentari non digeribili (cellulosa e cheratina), da bile, da muco e da cellule morte. Contengono acqua, per il 75%, e sostanze solide, per il 25%, di cui il 70% sono fibre, il 30% batteri (in genere Saprofiti), il 15% da sostanze inorganiche quali fosfati e calcio assunti in eccesso e infine il 5% da lipidi, muco, cellule di desquamazione ed enzimi digestivi e sono in particolare questi ultimi che prenderemo in considerazione per un eventuale trapianto.

Volendo esaminare, almeno in parte, tali componenti, sono necessarie alcune considerazioni partendo dalla bile.

Ricordiamo che i sali biliari primari (glico-tauro-colico e cheno-desossicolico) vengono sottoposti a de-idrosilazione e de-coniugazione da parte della flora batterica intestinale mediante l’azione della 7-alfa-idrossilasi, e così trasformati in sali biliari secondari (desossicolico e litocolico) in parte riassorbiti attraverso il circolo entero-epatico. Tali sali biliari partecipano alla formazione della “bile litogena” da cui si generano i calcoli di colesterolo in associazione con lecitine e colesterolo stesso in ambiente acquoso. Il Microbiota, attraverso l’attivazione della risposta immunitaria innata, regola la secrezione degli ormoni CCK e FGF che regolano la motilità che svuota e riempie la colecisti condizionando l’accumulo delle mucine che partecipano alla formazione del nucleo del calcolo, associandosi a infiammazione locale. Si verificano, così, fenomeni di colestasi e di destabilizzazione delle membrane del polo biliare degli epatociti, di cui preliminari ricerche sono state già condotte1-3.

 

Da tempo, ed in particolare negli ultimi 50 anni, si sono studiate le caratteristiche del contenuto biliare presenti nel lume intestinale, ed in particolare dei sali biliari, delle lecitine, del colesterolo e dell’acqua, nella genesi dei calcoli della colecisti4, 5.

Tali attività sono per buona parte condizionate dalle caratteristiche dei germi presenti (il Microbiota), delle mucine e di ormoni del sistema APUD (CCK e FGF)6.

I processi del riassorbimento di tali componenti, ed in particolare dei sali biliari primari, influiscono sui processi di colestasi e sulla parete degli epatociti, condizionandone l’attività1, 2. D’altronde anche l’attività dei vari componenti del Microbiota Intestinale viene influenzata dalle caratteristiche dei componenti della bile3.

Per quanto si riferisce all’influenza della tipologia del muco, è opportuno ricordare che questo proviene in minor quantità dall’intestino tenue e in maniera assai più cospicua dallo stomaco e dal colon7 (Fig. 1 e 2)8, e quando si riduce (degranulazione mucoide), permette ai germi presenti nel lume intestinale un diretto contatto con la superficie libera dell’epitelio, e un suo riassorbimento e riutilizzazione possono effettuare una protezione sulla barriera mucosa intestinale9.

 

Fig.1: biopsia intestinale normale. Si osservano le cellule mucipare (Globet cell) in proporzione ogni 1-10 cellule epiteliali (enterociti); (Emat. Eos., 75X)8

 

Fig.2: distribuzione delle cellule mucose7

 

Di particolare importanza sono i componenti della mucosa intestinale, e specie dell’epitelio, che viene quotidianamente esfoliato nel lume, prevalentemente dall’apice dei villi (circa 460 g. al giorno) e dai processi di apoptosi epiteliale (Fig 3, 4 e 5).

 

Fig.3: villi intestinali visti al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM). Al loro apice si osservano cellule epiteliali in esfoliazione. Il reperto è visibile anche all’istologia (in basso a destra)10

 

Fig.4: biopsia intestinale normale vista al Microscopio Elettronico a Trasmissione (TEM). M=microvilli; L=linfociti intraepiteliali; CA=cellule endocrine; R= globulo rosso in un capillare sanguigno; CM=enterocita in apoptosi con scarsi organelli citoplasmatici in particolare a livello dell’apparato di Golgi. CM1=cellula mucipara quasi completamente svuotata nel lume; GN= granulocita neutrofilo in lamina propria; FM= fibra nervosa mielinica. (TEM, 1.500X)11

 

Fig.5: frammenti del citoplasma da cellula epiteliale in apoptosi; (TEM, 25.000X)12

 

Basta ricordare l’importanza del contenuto enterocitario (Fig. 6) e la componente enzimatica multipla adesa ai protofilamenti siti all’apice dei microvilli intestinali ed utili in particolare per la “digestione di parete” dei polisaccardi provenienti dai cibi (Fig. 7 e 8).

 

Fig.6: contenuto enterocitario.

 

Fig.7: raffigurazione di villi intestinali sormontati da protofilamenti a cui aderiscono in particolare enzimi intrinseci e pancreatici necessari per la digestione di parete.

 

Fig.8: enzimi per il riassorbimento dei carboidrati13

 

Da non trascurare la possibile attività, endocrina o neurocrina o più semplicemente paracrina, dei vari ormoni secreti dal sistema APUD, ed in particolare la 5-HT, CCK, la S, la G, ecc. (Fig. 9), e presenti nel materiale di esfoliazione della parete intestinale.

 

Fig. 9: immagine di cellule endocrine di intestino tenue umano viste al Microscopio Elettronico a Trasmissione. In alto a sinistra cellula G (gastrinica), a destra cellula colecistochininica (in alto: granuli informazione a livello dell’apparato di Golgi, in basso: granuli in posizione basale della cellula). In basso due immagini di granuli da cellule EC (secernenti 5-HT). (TEM, 20.000X)

 

Per quanto riguarda i germi, la somministrazione di batteri per via orale ha una storia antica. Infatti, l’assunzione di cibi fermentati dai batteri era abitudine, sin dal 4000 a.c., e si è ripetuta per 4 millenni anche in Corea, nel Giappone e negli altri Paesi dell’Est, in Nord Africa, e in particolare in Egitto, ed in Europa (Fig. 10).

 

Fig.10: assunzione dei cibi fermentati dai batteri nella Storia.

 

L’uso benefico di germi fermentanti ha assunto un particolare significato scientifico quando Mečnikov, con studi condotti fra il 1908 e il 1916, dimostrò che un massiccio consumo di quelli che furono definiti “Probiotici” (yogurt) da parte dei pastori bulgari e caucasici portava ad un miglioramento dell’equilibrio microbico intestinale tramite inibizione dei batteri patogeni, ed induceva longevità.

Buona parte di questa Tavola Rotonda sarà dedicata al trapianto di germi variamente identificati e selezionati e dei loro derivati. Pertanto, non mi dilungherò su questo esame, e mi limito a ricordare, preliminarmente, le principali componenti microbiche del Batterioma Intestinale che sono costituite da Firmicuti (Clostridium c.) e da Batterioidi (B. tetayotaomicron), ma anche da germi di cui è stata già studiata la prevalente attività ed in particolare gli Actinobatteri (Bifidobattere), i Proteobatteri (E. coli), i Lattobacilli (Entero., Strepto.,  Bacteroid.) e il Foecal batterio Peausnitzii14-16(Fig.11).

 

Fig.11: principali componenti del Batterioma intestinale14-16

 

Questi germi, se in giusto equilibrio, hanno attività e funzioni benefiche per tutti gli organi ed apparati, ma, se in condizioni di “disbiosi” e in particolare di “contaminazione batterica”, oltre che nelle situazioni con il cosiddetto “intestino perforato”, possono indurre praticamente tutte le patologie che, attraverso alterato assorbimento, si possono ritrovare nella cosiddetta “Sindrome Metabolica X” e, agendo sul sistema immune dell’intestino, possono indurre patologie che coinvolgono non solo lo stesso apparato digerente (canale, fegato, pancreas ), ma anche tutti gli altri organi ed apparati (cute, articolazioni, miocardio, polmoni, reni e genitali, sistema ematopoietico e nervoso centrale).

D’altronde, il trapianto delle feci, ed in particolare del Microbiota in esse contenuto, è una storia antica (Fig.12) e, nel 1958, durante la Guerra del Golfo, il Colonnello Eisemann, in maniera che oggi può essere definita rudimentale e, entro certi limiti, anche pericolosa, trattò con clisteri di  feci di cammelli (la cosiddetta “pappa gialla”) soldati affetti da “entero-colite-pseudo-membranosa”17.

 

Fig.12: il trapianto di feci nella Storia.

 

In definitiva, è opportuno ricordare che, anche se con il termine “feci” si indica il materiale di “rifiuto “emesso dagli essere viventi del regno animale, queste sono escrementi o deiezioni prodotte dall’apparato digerente di cui molti animali (conigli, ippopotami, ecc.) tendono a nutrirsene per arricchire la dieta alimentare e, ad un tempo, forniscono fonte di cibo per alcune specie di Ciclidi africani.

Infine, nelle feci sono contenuti semi provenienti in particolare dal cibo vegetale ingerito e riutilizzato a scopo fertilizzante, e che i composti azotati ed altri sali minerali presenti nelle feci vengono riutilizzati in forma di “letame” per l’agricoltura, così come il “guano”, che è costituito da escrementi di uccelli marini e pipistrelli, specie in Sud America, e del quale viene fatto uso prezioso da insetti specie lo Scarabeo stercorario.

In campo umano, però, il rischio di provocare danni più che beneficio può dipendere dalla reale patologia che interessa l’intestino18 o dal non accurato e selezionato materiale da somministrare per via orale o per clisma. Basti pensare al rischio di introdurre materiale fecale in cui siano contenuti, ad esempio, germi, quali Criptosporidio che è capace di penetrare attraverso la barriera mucosa nell’epitelio intestinale, in cui lo si ritrova in forma di phagolysosoma (Fig. 13, 14, e 15).

 

Fig. 13: biopsia di intestino tenue in Immunodeficit Comune Variabile con infezione intestinale da criptosporidio. A sx: istologia (PAS, 15000X); a dx: particolare del germe aderente alla membrana enterocitaria fra i microvilli. (TEM, 30.000X)

 

Fig.14: infezione intestinale da criptosporidio, aderente alla membrana eritrocitaria19 (TEM, 50.000X)

 

Fig.15: fagolisosoma fra l’apparato di Golgi e l’orletto cuticolare presso un lisosoma (TEM, 30.000X)19

 

Alla luce di quanto indicato e di ciò che verrà esposto nella Tavola Rotonda che segue, riteniamo che uno dei principali impegni fra i nostri compiti di Ricercatori Clinici sia non solo quello di studiare e dimostrare, con prove ben validate, il ruolo dei germi che, per le loro capacità se in equilibrio, siano in grado di mantenere la salute, combattendo le alterazioni di un Microbiota patologico o, comunque, non in equilibrio, capace di agire negativamente sulle funzioni intestinali, in particolare per quanto riguarda le patologie  disnutrizionali e quelle immunitarie .

Solo procedendo così si riuscirà a convincere i Colleghi di Medicina Generale, che quotidianamente affrontano tali patologie spesso impropriamente definite come “funzionali” e non “organiche”, svalorizzandone o sottovalutandone l’importanza, che si tratta di patologie con caratteristiche spesso genetiche, acquisite da tempo assai antica, nei primi mesi di vita in cui si forma il Microbiota, oppure nel corso di una vita in cui i fattori ambientali possono avere avuto un peso determinante, e che bisogna considerare croniche e recidivanti se non si seguono regole dietetiche e non si opera, con regolarità e scadenze, un trattamento Eubiotico e Probiotico adatti .

 

Ci piace concludere con una definizione e due ricordi:

-       la definizione viene riportata nella tab 1;

 

Tab. 1: formazione ed evoluzione del Microbiota intestinale.

 

-       i ricordi sono: quello storico, ripensando agli antichi popoli che dall’esame delle  caratteristiche del contenuto intestinale, e cioè dal materiale contenuto nell’addome traevano informazioni non solo sulla salute, ma anche sul futuro della popolazione, che seguiva abitudini alimentari o di vita simili, e quello della spettacolare attività di germi che, a 9000 metri di profondità sul fondo del mare, a mezzo di una procedura di chemi-luminescenza, permettono ai pesci di vedere i luoghi dove sono accumulati mitili e gamberi essenziali per il loro nutrimento (Fig. 16).

 

Fig.16: foto effettuata a circa 5000mt. di profondità atlantica. A sinistra gamberi in accumuli, al centro germi che emettono luce da fotofluorescenza, a destra gamberi e mitili dispersi (da Focus Mediaset).

 


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