Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 4, Ottobre - Dicembre 2018

Simposio: Osteomielite ematogena in Africa

19 giugno 2018

copertina Atti quarto trim 2018 piccola per sito.jpg

Versione PDF dell'articolo: Download

I rischi del tessuto osseo nell’Anemia Drepanocitica

B. Ricerca

Note sulla fisiopatologia della malattia

L’Anemia Drepanocitica (AD) è il complesso quadro clinico che deriva dalla presenza della Variante S della β-globina, trasmessa con modalità autosomica recessiva. La malattia è presente nella sua piena espressione quando l’HbS è in omozigosi o in eterozigosi composta con mutazioni talassemiche (β0 o β+) o con altre emoglobinopatie (esempio C, D). La distribuzione dei casi segue la localizzazione nel mondo delle aree endemiche per la malaria.

Nonostante i progressi fatti per prevenire le emoglobinopatie, individuando i portatori (eterozigoti S), in Africa ed in Asia, in contesti socio-economici precari, l’AD rappresenta tuttora un importante problema della Sanità. Anche negli Stati Uniti è molto frequente negli Afro-americani. L’Europa, oltre a possedere delle zone ad elevata prevalenza (Cipro, Sicilia, Calabria, Sardegna, Grecia), si trova, in questo momento storico, a fronteggiare i flussi migratori dai paesi maggiormente colpiti. Un’indagine epidemiologica ormai datata1 già metteva in evidenza un’incidenza di nuovi casi di emoglobinopatie di circa 330.000 soggetti all’anno, di cui circa l’83% rappresentati da Anemie drepanocitiche.

Dal punto di vista clinico, la complessa patogenesi della malattia riconosce alcuni momenti fondamentali che riassumiamo in maniera altamente sintetica.

  • Il primo è rappresentato da quanto avviene all’interno del globulo rosso per la presenza del variante S della β-globina. In essa l’acido glutammico in posizione 6 è sostituito dalla valina. Questo amminoacido, essendo polare, in condizioni di bassa tensione di ossigeno, attira altre molecole di HbS contribuendo a formare, all’interno del globulo rosso, delle fibre rigide costituite da 14 coppie di HbS. Questo evento crea una struttura rigida all’interno della cellula, alterandone la forma. Infatti, il globulo rosso assume la caratteristica forma a falce che dà il nome alla malattia. Per di più, le fibre di HbS, andando incontro a denaturazione, innescano fenomeni ossidativi che ledono tutte le strutture della cellula. Oltre alla bassa tensione di ossigeno, la formazione delle fibre di HbS è facilitata dall’alta concentrazione dell’emoglobina stessa, facendo la differenza clinica tra gli omozigoti, che esprimono la malattia nella sua completezza, e gli eterozigoti per la variante S della β-globina: nei primi la concentrazione di HbS è quasi del 100% e nei secondi al massimo del 40%. L’acidosi e l’aumento della temperatura sono altre variabili che facilitano la falcizzazione. In vivo entrambe si verificano in corso di infezioni febbrili
  • Il secondo momento patogenetico vede le strutture del globulo rosso al centro della rovinosa cascata di eventi2. Lo stress ossidativo attacca i lipidi di membrana, non solo della membrana della cellula ma anche quelle dei lisosomi, consentendo la liberazione degli enzimi in essi contenuti amplificando i danni. Le membrane della cellula perdono la loro elasticità riducendo la deformabilità del globulo rosso per clusterizzazione della  band-3 protein; inoltre viene esposta maggiormente la fosfatidilserina che rappresenta un sito di richiamo delle piastrine e dei fattori della coagulazione contribuendo, insieme a quanto verrà specificato dopo, alla diatesi trombotica che caratterizza la malattia. Il danno dei canali di Gardos comporta profondi turbamenti del contenuto elettrolitico della cellula (perdita di potassio e cloro e aumento del sodio) e disidratazione. I globuli rossi così danneggiati vanno incontro prevalentemente ad emolisi intravascolare, anche se una parte di essi sono eliminati anche dal sistema macrofagico tissutale, ovunque ma in particolare nel fegato e nella milza. L’emolisi intravascolare è anche alla base della deplezione di ossido nitrico (NO) presente anche in altre malattie emolitiche croniche, perché esso fuoriesce dal globulo rosso emolizzato e viene rapidamente degradato; inoltre, il catabolismo dell’arginina ad opera dell’arginasi presente in circolo, principale metabolita alla base della sintesi di NO, contribuisce alla sua deplezione. Pertanto, l’anemia emolitica cronica caratterizza le fasi di steady state della malattia. All’anemia si accompagna, se il bilancio marziale ed il pattern vitaminico sono nella norma, il compenso eritropoietico con espansione midollare.
  • Il terzo ed ultimo punto spiega quello che rende a volte gravissima la clinica.  della malattia, cioè l’insorgenza della crisi vaso-occlusiva3. Alla sua base sta l’interazione tra i globuli rossi deformati e danneggiati e l’endotelio. La variazione della forma dei globuli rossi e la loro rigidità rende difficile il loro passaggio nel microcircolo creando un ostacolo meccanico. Inoltre, i globuli rossi dei pazienti con anemia drepanocitica, soprattutto se giovani, hanno elevate capacità adesive all’endotelio che, nel versante capillare venoso, iper-esprime il fattore vWillebrand e numerose molecole di adesione. All’ostruzione del microcircolo compartecipano, pertanto, tutti questi fattori a cui si aggiungono l’attivazione delle piastrine e dei fattori della coagulazione, nonché le citochine liberate dai globuli bianchi presenti nel sangue che influenzano e vengono influenzati dalla tempesta umorale in cui sono coinvolti.

A questa profonda alterazione del microcircolo che caratterizza le crisi vaso-occlusive possono conseguire danni d’organo in qualsiasi distretto (Sistema nervoso centrale, retina, cuore, rene, fegato, milza, intestino). Il tessuto osseo non è una sede infrequente di crisi vaso-occlusive ma il suo coinvolgimento non è solo limitato ai danni da esse provocati, ma riconosce una patogenesi molto più complessa ed articolata.

 

Patogenesi dei danni del tessuto osseo nell’anemia drepanocitica4, 5

Può essere riassunta come effetti delle condizioni seguenti:

  1. Crisi vaso-occlusive
  2. Iperplasia midollare
  3. Osteomieliti ed artriti settiche
  4. Necrosi asettiche
  5. Riduzione della crescita

 

1-Crisi vaso-occlusive

L’osso è una sede frequentissima di crisi vaso-occlusive a tutte le età, ed in qualsiasi sede. Sono prevalentemente coinvolti i piccoli vasi che penetrano nella midollare ossea e presenti nelle epifisi. Non si conosce bene il perché di questo particolare coinvolgimento ma si presume che esso derivi dal rallentato flusso sanguigno causato dall’iperplasia eritroblastica del midollo di questi pazienti con relativa ipossia. La sintomatologia dolorosa si accompagna ad arrossamento e gonfiore e, pertanto, se la crisi vaso-occlusiva è localizzata a livello delle epifisi, il quadro può mimare un’artrite settica anche perché spesso durante la crisi vaso-occlusiva è presente febbricola ed alterazione dei parametri infiammatori. 

Le sedi più frequenti sono la tibia (30%), il femore (25%), il radio, l’ulna e l’omero (21%)6.

Nei bambini di età inferiore a 7 anni è tipica la localizzazione a livello delle dita delle mani e dei piedi che a quell’età contiene ancora midollo eritropoietico (hand-foot syndrome). Le dita interessate, vivamente dolenti sono gonfie ed arrossate. L’aspetto radiologico documenta spesso assottigliamento e discontinuità della corticale e può mettere in evidenza versamento intorno all’osso. Se interessate le epifisi delle falangi i danni possono risultare nella loro fusione delle falangi con accorciamento delle dita.

Crisi vaso-occlusive a livello vertebrale possono scaturire in crolli vertebrali, causando bassa statura dei pazienti con anemia drepanocitica.

In corso di Acute Chest Syndrome, infarti ossei possono interessare le coste.

 

2-Iperplasia eritroblastica.

Essa è una naturale risposta all’anemizzazione periferica conseguente all’emolisi. L’argomento è stato ampiamente studiato nelle sindromi talassemiche. Infatti, lo scopo delle trasfusioni nella Talassemia Major (TM) è anche quello di contrastare adeguatamente la iperplasia eritroblastica fonte di osteopenia, osteoporosi e nei casi poco trasfusi o non trasfusi delle caratteristiche e drammatiche deformità ossee. Un ottimo modello è rappresentato dallo studio delle Talassemie Non Trasfusione Dipendenti (TNTD)7.

La fonte della riduzione della densità ossea viene attribuita ad innumerevoli fattori; primo fra tutti lo squilibrio tra il complesso RANK/RANKL (Receptor Activator of Nuclear Factor K e RANK Ligando) e l’osteoprotegerina (OPG). Il complesso RANK/RANKL attiva l’assorbimento osseo innescando l’attività osteoclastica e la OPG, prodotta dalle cellule stromali del midollo, rappresenta un’esca per RANK/RANKL che lo blocca dando spazio alla attività osteoblastica. Nell’iperplasia midollare RANK/RANKL prevale sulla OPG favorendo il riassorbimento osseo. A ciò contribuiscono numerose altre condizioni umorali ed ormonali di frequente riscontro nell’Anemia Drepanocitica quali l’ipotiroidismo, l’ipoparatiroidismo, l’ipogonadismo primitivo o ipogonadotropo, il deficit di Vitamina D, il diabete mellito8.

In contesti socio-economici adeguati, i pazienti con Anemia Drepanocitica devono essere sottoposti annualmente a valutazione strumentale della densità ossea e del bilancio calcico (calcemia, fosfatemia, calciuria e fosfaturia nelle urine delle 24 ore dosaggio del Paratormone e della Vitamina D). Osteoporosi ed osteopenia sono state riscontrate nel 42% di 78 soggetti adulti maschi Afro-Americani (nello studio sono state escluse le donne per evitare interferenze ormonali) e osteoporosi nell’11% di essi9. In 55 pazienti del Barhain, di età superiore a 18 anni (età media 28±8.64), 34 femmine e 21 maschi sono risultati fattori predittivi della riduzione della densità ossea la riduzione della vitamina D e il basso testosterone. Le sedi più interessate oltre che il rachide, il radio ed il collo del femore. Differenti, in maniera statisticamente significativa, nel gruppo dei pazienti rispetto alla popolazione generale, erano la superficie corporea, il Body Mass Index ed il testosterone (più bassi), la conta reticolocitaria e l’LDH (più elevati)10.

La perdita di densità ossea è frequentissima nelle vertebre; è, comunque causa di dolori ossei oltre che nel rachide anche diffusamente.

Molto più raramente sono presenti lesioni ossee di tipo osteosclerotico. Su 135 pazienti affetti da AD (86 maschi, 49 femmine; età media 27 anni) erano presenti nel 15 dei casi11.

 

3-Osteomieliti ed artriti settiche

I pazienti con Anemia Drepanocitica sono gravati da deficit immunitario.

La raccolta di una estesa letteratura a riguardo, prevalentemente in una patologia affine quale la talassemia ma anche nella AD, fa riflettere sul fatto che esistono le prove di una attivazione immunitaria in queste patologie (es ipergammaglobulinemia, aumento dell’attività macrofagica) ma prevalentemente diretta verso l’attacco a una serie eritroide profondamente alterata e allo smaltimento dell’eccesso di ferro e, quindi “distratta” dalla normale difesa dell’organismo contro i patogeni12.

La seconda ragione dell’immunodeficit è rappresentata dall’asplenia funzionale dovuta alla sclerosi dell’organo, sede di episodi infartuali insorgenti soprattutto durante l’infanzia, oltre alla sua assenza nei pazienti splenectomizzati.

Le osteomieliti riconoscono come agenti patogeni, in ordine decrescente di frequenza, la Salmonella, lo Stafilococco Aureo, l’Escherichia Coli, bacilli Gram negativi ed il Mycobacterium tubercolosis. Le sedi più coinvolte sono il femore, la tibia e l’omero.

Cruciale è la differenziazione tra le osteomieliti e le crisi vaso-occlusive a localizzazione ossea. Il quadro clinico non aiuta in quanto entrambe le condizioni si accompagnano dal punto di vista sintomatologico e clinico a segni analoghi (febbre o febbricola, dolore, arrossamento della cute sovrastante). Fondamentali sono le tecniche di imaging: più che l’RX standard, che allo scopo della differenziazione tra i due eventi è scarsamente diagnostico, la TAC dell’osso con mdc e la RMN con e senza gadolinio sono assai più utili. Può rappresentare una possibilità diagnostica la scintigrafia con globuli bianchi marcati. Tutte queste tecniche sono disponibili nei Paesi a tenore socio-economico più elevato.

 

4- Necrosi asettiche

Le necrosi asettiche si localizzano a livello delle facce articolari delle ossa lunghe come esiti di infarti. La loro prevalenza è facile che sia sottostimata in quanto talvolta la loro insorgenza può essere asintomatica. Le varie casistiche di soggetti adulti affetti da AD danno percentuali abbastanza differenti: 41%, 27%, 15%13-15. Le sedi più frequenti sono la testa del femore, l’omero, il ginocchio e le piccole articolazioni delle mani e dei piedi.

La sintomatologia è caratterizzata da dolore e riduzione della funzionalità dell’articolazione interessata.

 

5-Accrescimento

L’accorciamento delle ossa lunghe può conseguire ai danni epifisari o a interessamento diretto dei nuclei di accrescimento delle ossa da parte di fenomeni infartuali. Similmente i danni a carico delle vertebre sono anch’essi causa di accorciamento della statura. Concause possono essere l’iperplasia eritroblastica, che contribuisce alla precoce scomparsa dei nuclei di ossificazione, e alterazione umorali quali la carenza di vitamina A, di vitamina D, più raramente di ormone somatotropo4.


BIBLIOGRAFIA

  1. Modell B, Darlinson M. Global epidemiology of haemoglobin disorders and derived service indicators. Bulletin of the World Health Organization. Br J Haematol 2008; 86: 480–7.
  2. Frenette PS, Atweh GF. Sicke cell disease: old discoveries, new concepts and future promise. J Clin Invest 2007; 117: 850-8.
  3. Frenette PS. Sickle cell vaso-occlusion: multistep and multicellular paradigm. Curr Opin Hematol 2002; 9: 101-6.
  4. Almeida A, Roberts I. Bone involvement in sickle cell disease. Br J Haematol 2005; 129: 482-90.
  5. Ganguly A, Boswell W, Aniq H. Musculoskeletal manifestations of Sickle cell anaemia: a pictorial review. Anemia 2011; 794283:1-9.
  6. Keeley K, Buchanan GR. Acute infarction of long bones in children with sickle cell anemia. J Pediatrics 1982; 101: 170-5.
  7. Voskaridou E. Terpos E. New insights into the pathophysiology and management of osteoporosis in patients with beta thalassaemia. Br J Haematol 2004; 127: 127-39.
  8. Voskaridou E, Stoupa E, Antoniadou L, et al. Osteoporosis and osteosclerosis in sickle cell/beta-thalassemia: the role of RANKL/osteoprotegerin axis. Haematologica 2006; 91: 813-6.
  9. Adams-Graves P, Daniels AB, Womack CR, Freire, AX. Bone mineral Patterns in vitamin D deficiency African American men with Sickle cell disease. Am J Med Sci 2014; 347: 262-6.
  10. Garadah TS, Hassan AB, Jaradat AA, et al. Predictors of abnormal bone mass density in adult patients with homozygous sickle cell disease. Clin Med Insights End Diab 2015; 8: 35-40.
  11. De Luna G, Ranque B, Courbebaisse M, et al.  High bone mineral density in sickle cell disease: prevalence and characteristics. Bone 2018; 110: 199-203.
  12. Ricerca BM, Di Girolamo A, Rund D. Infections in Thalassemia and Hemoglobinopathies: focus on therapy-related complications. MJHID 2009; 1: e2009028. doi: [10.4084/MJHID.2009.028]
  13. Ware HE, Brooks TR, Berney SI. Sickle cell disease and silent avascular necrosis of the hip. J Bone Joint Surg 1991; 73: 947-9.
  14. Adelike AD, Gupta R, Yacoub F, Sinan T, Al Bloushi M, Haider MZ. Avascular necrosis of the hip in children with sickle cell disease and high HbF. Magnetic resonance findings and influence of alpha thalassemia trait. Acta Haematologica 2001; 105: 27-31.
  15. Power DR, Hiti A, Ramicone E, Johnson C, Chan L. Outcome in hemoglobin SC disease: a four decade observational study of clinical, hematologic and genetic factors. Am J Hematol 2002; 70: 206-15.