Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018

ECM: Cuore e Polmone 2018

27 marzo 2018

copertina Atti terzo trim 2018 piccola.jpg

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Aggiornamento nell’imaging delle interstiziopatie

G. Pedicelli

Dopo incertezze decennali, in gran parte dovute ad apartheid culturale fra clinica-radiologia-istologia, le interstiziopatie  hanno assunto la denominazione di malattie diffuse del parenchima polmonare laddove per “parenchima polmonare” s’intende l’insieme delle strutture contenute nel lobulo secondario e per “diffuse” si indica che la patologia in essere possa interessare tutte le componenti anatomiche del lobulo. Lo strumento che ha consentito tale visione unitaria è la Tomografia Computerizzata ad alta risoluzione (HRCT= High Resolution Computed Tomography), unica tecnica che consente di analizzare e riprodurre in vivo il lobulo secondario e ricostruirne le strutture con diversi accorgimenti che orientino la diagnosi. La semeiotica HRCT in vivo si basa su 4 principali pattern di riferimento che sono: il pattern alveolare, il reticolare, il nodulare ed il lineare. Il corretto impiego di tali modelli di riferimento, integrato ed in concordanza con i dati clinici e l’eventuale istologia, consente generalmente di produrre una diagnosi corretta e di grande raffinatezza. Le linee-guida concordate dalle maggiori Società Scientifiche internazionali, per la diagnosi delle malattie diffuse del parenchima polmonare, furono pubblicate sul “Blue- Journal” nel 20021: da allora tutti usiamo lo stesso linguaggio e la diagnostica delle interstiziopatie è nettamente migliorata, più precisa, più immediata ed il ricorso alle biopsie chirurgiche di gran lunga ridotte, pressoché rare.

In considerazione della vastità dell’argomento, per la sessione odierna ho ritenuto opportuno limitare la trattazione ad alcuni aspetti particolari correlati al pattern alveolare  e a quello nodulare. Di  entrambi gli argomenti presenterò alcuni esempi che si presentano nella pratica clinica più spesso di quanto non si creda. Mi riferisco ad aspetti sorprendenti del pattern alveolare “a vetro smerigliato” ed a quadri di bronchiolite largamente ignorati nella diagnostica clinico-radiologica quotidiana.

L’espressione “opacità a vetro smerigliato” o “ ground-glass opacity” (GGO) indica un reperto HRCT caratterizzato da aumento della densità polmonare di fondo che tuttavia non elide le strutture vascolo-bronchiali che l’attraversano. Tale reperto si differenzia dalla consolidazione parenchimale nel contesto della quale le strutture bronco-vascolari non sono identificabili. 

Spesso  nel contesto della GGO è presente un broncogramma aereo. L’iperdensità GGO riconosce diversi meccanismi patogenetici: riempimento solo parziale degli alveoli polmonari, ispessimento flogistico o fibrotico dell’interstizio, incremento volumetrico del sangue che scorre nei capillari. Quest’ultima evenienza è particolarmente interessante e spesso fonte di erronea interpretazione nella pratica diagnostica. La correttezza della sua  interpretazione scaturisce dall’osservazione complessiva del quadro cardio-polmonare, dai dati clinici e, non raramente, richiede nella fase di esecuzione dell’esame, una rilevazione supplementare da effettuare in espirazione. Quest’ultima consente una preziosa esaltazione del parenchima polmonare malventilato, l’eventuale intrappolamento aereo e l’effettivo GGO correlato con reclutamento del letto vascolare di riserva funzionale costituito da una ricca rete capillare che, nel suo insieme, si potrebbe erroneamente  configurare come interstiziopatia. Gli esempi presentati sono testimoni dell’evento descritto, rispettivamente in pazienti affetti da BPCO, da bronchiolite costrittiva e dalla più rara ma sotto-diagnosticata Sindrome  di Swyer-James.

L’imaging delle bronchioliti rientra a pieno titolo nella trattazione delle interstiziopatie, come ufficialmente indicato da Colby nella classificazione proposta nel 2002 (1), tutt’ora accettata dalle maggiori Società Scientifiche internazionali. A giudicare  dai referti espressi nella pratica clinica comune, la diagnosi radiologica di bronchiolite, specie nell’adulto, è rara, a fronte di una realtà che indica una frequenza molto più elevata. Si definiscono bronchioli le diramazioni bronchiali periferiche del diametro inferiore ai 2 mm, generalmente coincidenti con il bronchiolo centro-lobulare che si presenta all’ingresso del lobulo secondario accompagnato dalla sua arteriola centro-lobulare.

Nelle grandi linee i segni radiologici di flogosi delle piccole vie aree vengono distinti in diretti (documentazione diretta delle diramazioni periferiche ispessite e zaffate di materiale flogistico, reperto di micronoduli) e indiretti (aree ipodense correlate con intrappolamento aereo). Si riconoscono forme di bronchioliti acute, subacute, croniche: queste ultime caratterizzate da bronchioloectasie, ispessimento e distorsione parietale, reperto di circostanti aree ipodense di disventilazione.

Le cause più comuni di bronchiolite sono costituite da infezioni e inalazione di materiale di natura per lo più alimentare. Meno frequenti: la bronchiolite respiratoria  strettamente correlata con il fumo di sigarette e le manifestazioni flogistiche da ipersensibilità. La panbronchiolite interessa tipicamente la popolazione giapponese.

Istologicamente si distinguono: la bronchiolite cellulare, caratterizzata da accumulo  di cellule infiammatorie nell’estremità bronchiolo-alveolare e la bronchiolite costrittiva nella quale domina l’ispessimento dell’avventizia con fibrosi sottomucosa e conseguente stenosi della via aerea terminale. La manifestazione clinica più comune della forma acuta  associa la tosse con il “respiro corto” e, frequentemente, il “sibilo asmatiforme.

L’imaging della bronchiolite è fortemente dipendente dal tipo istologico.

La radiografia del torace può mostrare i segni diretti della bronchite cronica, le alterazioni correlate con la fase di riacutizzazione e anche grappoli di micronoduli da bronchiolite generalmente apprezzabili sul mantello polmonare nei campi medio - inferiori e/o in prossimità dei seni pleurici basali. Più difficile è la documentazione di aree ipertrasparenti correlate con il fenomeno dell’intrappolamento aereo. In questi casi, o quando la clinica sia fortemente orientativa, l’esame HRCT mostrerà reperti caratteristici costituiti da: micronoduli a distribuzione centrolobulare, ispessimenti e distorsione bronchiali/bronchiolari, dilatazione dei bronchioli e, non raramente, il caratteristico aspetto  tree-in-bud ovvero la configurazione di ramoscelli con boccioli, caratteristica della flogosi bronchiolare. Nel  parenchima polmonare adiacente è frequente il reperto di “attenuazione  a mosaico” per la comparsa di areole ipodense dovute ad intrappolamento aereo, meglio dimostrabili nelle rilevazioni effettuate in espirazione.

Nelle bronchioliti da inalazione puòcoesistere la documentazione della patologia che le ha prodotte (dilatazione-discinesia dell’esofago, diverticolo di Zenker, ernia iatale, bendaggio gastrico, connettiviti con lume esofageo beante come avviene nella sclerodermia, neoplasie del collo). Nelle bronchioliti croniche, istologicamente sostenute da bronchiolite costrittiva, spesso denominata obliterante, prevale il reperto di aree ipodense disposte a mosaico, sempre da ricercare nell’esame HRCT mediante  scansioni effettuate in espirazione. Tali quadri sono spesso accompagnati da bronchioloectasie. La documentazione di queste ultime, come pure del reperto tree-in-bud, può venire esaltata dal radiologo con una particolare tecnica di ricostruzione delle immagini nota come Minip (Minimum Intensity Projection), la quale facilita la distinzione delle strutture bronchiolari rispetto a quelle vascolari.

In alcune patologie, quali la fibrosi cistica e la polmonite da ipersensibiltià (o polmonite allergica estrinseca), i quadri radiografici e della HRCT possono presentarsi piuttosto complessi, a seconda della fase evolutiva nella quale vengono realizzati. In questi casi le correlazioni con la clinica devono essere particolarmente attente e coerenti.


BIBLIOGRAFIA

  1. ATS/ERS International Multidisciplinary Consensus. Classification of  the Idiopathic Interstitial Pneumonias. Am J of Respir Crit Care Med 2002; 165: 277-304.