Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018

ECM: Cuore e Polmone 2018

20 marzo 2018

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Lettura Magistrale: La Dispnea Cardiogena

G. Minardi, P. Mattacola

Il termine dispnea deriva dal greco «δύσπνοια», che vuol dire  “fame d’aria”  o  “respirazione difficoltosa”. Viene definita come “a subjective experience of breathing discomfort that consists of qualitatively distinct sensations that vary in intensity”1. La dispnea è una esperienza personale e soggettiva, che deriva dalla interazione di vari fattori (fisiologici, psicologici, sociali ed ambientali) e può indurre risposte fisiologiche e comportamentali1, come decidere di stare fermi, a riposo o ricorrere a cure mediche. La dinamica che porta alla dispnea inizia con la stimolazione di recettori presenti in strutture polmonari ed extrapolmonari; lo stimolo viaggia lungo le vie afferenti fino alla corteccia cerebrale, dove viene avvertito e vissuto come sgradevole e fonte di disagio. Una dispnea protratta o intrattabile determina continua sofferenza e una significativa compromissione della qualità di vita. In base alle circostanze e alle modalità con cui si verifica, la dispnea può essere vissuta come una “malattia” vera e propria ed essere accompagnata da ansia, paura e depressione. Questo si verifica con notevole frequenza nei pazienti con BPCO, contribuendo al grado di disabilità che connota questa affezione2. Da qui deriva spesso l’adozione di uno stile di vita troppo sedentario, motivato dalla necessità di evitare quelle attività che causano i disturbi respiratori, e addirittura la sensazione di non essere più idonei a svolgere alcuna attività lavorativa. Tuttavia non è raro riscontrare individui, fortemente motivati, che continuano a lavorare e a rimanere attivi “nonostante la dispnea”. La dispnea rappresenta la motivazione sintomatologica nel 7% degli accessi al PS dell’Ospedale e nel 60% dei casi del ricorso agli ambulatori specialistici di Pneumologia. Inoltre l’etiologia della dispnea è responsabile della diversa % dei pazienti che accedono alle cure mediche nelle diverse sedi di soccorso ed assistenza. La dispnea è un sintomo che va distinto dai segni clinici caratteristici del distress respiratorio, quali la tachipnea, l’uso dei muscoli respiratori accessori, le retrazioni intercostali etc., che vanno sempre ricercati e valutati nella loro valenza ed entità. Le cause della dispnea possono essere di natura cardiogena e non cardiogena. La dispnea cardiogena trae la sua giustificazione etiopatogenetica da un concetto già noto nel mondo antico e ribadito più volte anche in era moderna: «La difficoltà di respirare può provenire da qualunque malattia capace di offendere qualche parte del petto, massime il cuore, le grosse arterie e li polmoni» (Galeno – Ippocrate IV sec a.C.); «Siccome i polmoni e il cuore sono tra loro connessi e le funzioni dei due organi tendono allo stesso scopo, è d’uopo necessariamente che la respirazione resti disturbata, se l’azione del cuore è alterata»3. Tra le cause cardiogene di dispnea vanno ricordate: l’ipertensione polmonare, lo scompenso cardiaco (SC) acuto e cronico, l’insufficienza cardiaca da valvulopatie, le sindromi coronariche acute (SCA), l’embolia polmonare (EP) la rottura delle valvole cardiache, l’edema polmonare, le crisi ipertensive, le stenosi e/o insufficienze valvolari, le aritmie cardiache, i versamenti pericardici. Tra le cause non cardiogene vanno ricordate: la BPCO, l’enfisema polmonare, l’asma bronchiale, la fibrosi polmonare, i tumori polmonari, le malattie polmonari professionali, la tracheomalacia, l’insufficienza respiratoria da malattie polmonari, l’anemia, le malattie neuro-muscolari degenerative, i disturbi neurologici (la miastenia e le polineuropatie tipo Guillain-Barrè), l’insufficienza renale cronica con uremia, i disturbi a genesi psichica di tipo ansioso e depressivo, il pneumotorace, le polmoniti, i versamenti pleurici, la sindrome da distress respiratorio dell’adulto, la dispnea laringea allergica con edema delle corde vocali, la febbre, le sepsi, la tireotossicosi, l’astinenza da sostanze stupefacenti.

Nella dispnea cardiogena, la dinamica, che porta alla dispnea, inizia con la stimolazione di recettori presenti in strutture cardiovascolari: nell’atrio destro e sinistro del cuore, sensibili alla distensione; nei bulbi carotidei ed aortico, sensibili alla ipossia, ipercapnia e alla acidosi; in prossimità dei capillari alveolari (recettori J), sensibili all’accumulo interstiziale di fluidi. Lo stimolo viaggia poi lungo le vie afferenti fino alla corteccia cerebrale, dove viene riconosciuto come fastidioso e intollerabile.

La valutazione diagnostica deve prevedere:

  1. Anamnesi (precedenti morbosi, i fattori di rischio, le precedenti diagnosi o gli interventi subiti) ed esame fisico, con rilevazione dei parametri vitali
  2. Test di laboratorio (emocromo completo, biomarkers, test di funzionalità tiroidea etc.)
  3. ECG per lo studio del ritmo cardiaco, dell’eventuale presenza di ischemia/danno miocardico o altre anomalie
  4. Ecocardiografia per lo studio della funzione cardiaca o la ricerca delle “comete” in ambito polmonare
  5. Rx torace e test di funzionalità respiratoria (spirometria, EGAS etc.)
  6. Consulenze con altri specialisti, ove se ne ravvisi la necessità o se ne stabilisca la preminente competenza.

E’ molto importante la caratterizzazione dei sintomi riferiti dal paziente in rapporto a criteri situazionali, temporali e patogenetici, che prevedono varie possibilità di dispnea4:

 

criterio situazionale
  • a riposo
  • da sforzo
  • da stress emotivo
  • da posizione del corpo
  • da esposizione 
criterio temporale
  • esordio acuto (4 settimane) o improvviso aggravamento di sintomi già presenti
  • intermittente o persistente/permanente
  • episodico
criterio patogenetico
  • problemi relativi al sistema respiratorio (controllo centrale della respirazione, vie aeree, scambio dei gas)
  • problemi relativi al sistema cardiovascolare
  • cause cardiache polmonari
  • altre cause: anemia, tireopatie, condizioni fisiche scadute (tipo decondizionamento muscolare, sarcopenia)
  • cause mentali

La classificazione della dispnea cardiogena maggiormente usata (anche per motivi medico-legali) e basata prevalentemente su criteri situazionali è quella della New York Heart Association (NYHA), che individua 4 classi in rapporto alla gravità del quadro clinico:

 

Classe I: dispnea assente Classe II:  dispnea per sforzi intensi
Classe III: dispnea per sforzi lievi Classe IV: dispnea a riposo

 

Tale classificazione tuttavia è limitata nella sua aderenza alle reali condizioni cliniche del paziente perché risente della soggettività del paziente (che riferisce i suoi disturbi in rapporto a come vengono vissuti, elaborati e sofferti) e dell’operatore sanitario (che deve correttamente interpretarli e classificarli). Sarebbe pertanto necessario “oggettivare” la reale compromissione della capacità funzionale del soggetto con un esame standardizzato come il test da sforzo o meglio il test ergospirometrico.

Una classificazione della dispnea cardiogena basata su criteri temporali è quella che individua la dispnea cronica, cioè la dispnea presente da almeno 4 settimane e di intensità variabile, e la dispnea acuta, comparsa improvvisamente de novo. Le condizioni morbose ipotizzabili nella dispnea cronica sono: l’ipertensione polmonare di varia genesi, lo SC cronico, l’insufficienza cardiaca da evoluzione delle valvulopatie, il decondizionamento fisico, le pericarditi etc.; le condizioni ipotizzabili nei casi di dispnea acuta sono: l’embolia polmonare, le SCA, la rottura delle valvole cardiache, lo SC acuto con edema polmonare, la crisi ipertensiva, le stenosi e/o insufficienze valvolari, le aritmie cardiache ipercinetiche, il tamponamento cardiaco.

 

ACUTA CRONICA
Sindromi coronariche acute Pericardite costrittiva
Scompenso cardiaco acuto Aritmie
Edema polmonare Versamento pericardico
Scompenso cardiaco ad alta gittata Coronaropatia
Cardiomiopatie Decondizionamento fisico
Tachiaritmie Scompenso cardiaco
Valvulopatie Shunt intracardiaci
Tamponamento cardiaco Cardiomiopatia restrittiva
Valvulopatie Ipertensione polmonare

 

Dalla interpretazione dei sintomi (dispnea, ortopnea, sensazione di fame d’aria, astenia, tosse, ansia) e dalla corretta individuazione del tipo di dispnea derivano implicazioni quoad vitam et valetudinem per il paziente e di tipo organizzativo ed economico per il SSN, poiché le dispnee acute possono essere minacciose per la vita, soprattutto se accompagnate da cianosi marcata (non presente in precedenza), da dispnea nel parlare o da grave sforzo respiratorio, e richiedono una rapida e tempestiva valutazione (Tab.1).

 

ETIOLOGIA dell’Edema Polmonare Acuto Cardiogeno


1.  Scompenso di una  insufficienza cardiaca congestizia cronica
2.  Sindromi coronariche acute
a.  IMA/Angina instabile
b.  complicanze meccaniche di IMA
c.  infarto ventricolare dx  
    1. Crisi ipertensiva
    2. Aritmia acuta (TV, FV,  FA, TSV)
    3. Cardiomiopatie e miocardite
    4. Steno-insufficienza mitralica
    5. Stenosi aortica
    6. Tamponamento cardiaco
    7. Dissezione aortica

 

Tab. 1

 

Ovviamente in tali casi vanno rapidamente valutati i segni vitali (FC, PA, Saturazione di O2) per individuare il percorso diagnostico-terapeutico più opportuno ed eventualmente per ricevere assistenza e cure in reparto di terapia intensiva (farmaci, ventilazione assistita invasiva o non etc.). Tra i parametri vitali assume particolare rilevanza la frequenza respiratoria (FR), che risulta un parametro indipendente in molti scores valutativi di gravità (come nell’Emergency Severity Index e nell’APACHE II) e che, se molto alta al momento della osservazione clinica, aumenta significativamente le probabilità di ricovero in reparto di terapia intensiva e addirittura di mortalità5. Molto importante è l’apporto diagnostico-prognostico della classificazione di Killip e Kimball per valutare lo stato di compenso cardiocircolatorio (Tab. 2).

 

 

Tab. 2

 

Negli ultimi anni un grande supporto diagnostico agli elementi anamnestico-clinici è stato fornito da alcune indagini di laboratorio, attualmente raccomandate anche dalle Linee Guida: il BNP e NT-proBNP, le Troponine, il D-dimero. Va ricordato che una diagnosi non corretta o non tempestiva può portare ad un prolungamento della durata della ospedalizzazione e ad un aumento del rischio di morte.

Tra le cause cardiogene di dispnea si considerano soltanto alcune patologie e per alcune peculiarità: le coronaropatie, lo SC, le valvulopatie, l’EP, le cardiopatie congenite, le forme iatrogene farmacologiche.

Coronaropatie. La dispnea può essere una sintomi di una stenosi coronarica, sebbene “non classico e poco frequente”6. Può comparire insieme all’angina o essere prevalente o esclusivo, come succede nei pazienti diabetici. Le modalità di comparsa (da sforzo, da freddo etc.) devono porre il sospetto di una genesi coronaropatica; in tal caso possono essere utili e dirimenti il test da sforzo o altri test associati ad imaging come l’Eco-stress, la scintigrafia miocardica, la RMN, e, se il sospetto viene confermato, la coronarografia6. La dispnea spesso è un sintomo che accompagna una sindrome coronarica acuta (SCA), insieme ad altri segni e sintomi, e lo shock cardiogeno, come conseguenza della ridotta gittata cardiaca. Nel sospetto di una SCA può essere utile la determinazione seriata delle Troponine I o T, che hanno dimostrato un VPP tra 75% e 80%.

Scompenso Cardiaco (SC). Le cause, come è noto, sono moltissime: cardiopatia ischemica, valvulopatie, malattia ipertensiva, cardiomiopatie etc. La dispnea si accompagna in genere ad astenia, facile affaticabilità, ritenzione idrica. Va ricordata la attuale distizione tra SC a funzione sistolica ridotta (HFrEF; FEVS <40%),  a funzione sistolica conservata (HFpEF, con elevate pressioni di riempimento), a funzione sistolica intermedia (HFmrEF, in cui c’è una disfunzione diastolica con una FEVS tra 40% and 49%)7. L’ecocardiografia è la tecnica diagnostica più importante per l’inquadramento di questa patologia e l’interpretazione della dispnea. I peptidi natriuretici BNP and NT-proBNP si sono dimostrati utili per escludere una condizione di SC rilevante; la ESC raccomanda valori

Valvulopatie. Soprattutto nei pazienti anziani, le valvulopatie rappresentano una possibile causa di dispnea, in particolare la stenosi aortica (SA) e l’insufficienza mitralica (IM)8. La dispnea nella SA si accompagna spesso a lipotimie, dolore toracico, astenia, talvola sincope; il soggetto presenta un tipico reperto steto-acustico (soffio rude, eiettivo al centrum, che si irradia verso l’aorta e verso i vasi del collo, con un II tono di intensità ridotta); l’ECG presenta segni di ipertrofia/sovraccarico ventricolare sinistro. La dispnea nella IM si accompagna ad altri segni di SC; è presente un soffio olosistolico da rigurgito, che dal centrum cordis si irradia verso l’ascella; l’ECG presenta spesso una fibrillazione atriale con sovraccarico dell’atrio e del ventricolo sinistro. In entrambe le patologie l’ecocardiogramma risulta altamente diagnostico. 

Embolia polmonare (EP). La dispnea/tachipnea compare improvvisamente, spesso accompagnata da tachicardia, dolore toracico, ipotensione, sincope e talvolta da emottisi. Spesso vi è evidenza di trombosi venosa profonda agli arti inferiori o una anamnesi positiva per trauma o interventi chirurgici/ortopedici nella parte inferiore del corpo9. L’ecocardiogramma risulta altamente diagnostico, evidenziando la dilatazione ed il sovraccarico delle sezioni dx del cuore, con ipertensione polmonare, e talvolta la presenza  di “trombi in transito”. Nel sospetto di una EP  può essere utile il dosaggio del D-dimero per il suo elevato VPN (ma un valore elevato è poco specifico!). Va ricordata anche in tal caso l’importanza della valutazione anamnestico-clinica, con gli scores di rischio (tipo Geneva score o il Wells score): se la probabilità di EP è bassa o intermedia, un D-dimero basso porta ad escluderla; se la probabilità è alta, è indicato un test di imaging. Nelle attuali LG valori soglia aggiustati per l’età (età × 10 µg/L negli ultracinquantenni) migliorano la specificità del test, mantenendo la sensibilità intorno al 97%.

Cardiopatie congenite. Molte cardiopatie congenite caratterizzate da iperafflusso polmonare e, in cronico, da ipertensione polmonare con possibile evoluzione verso la sindrome di Eisenmenger, sono caratterizzate dal sintomo dispnea, da astenia, da facile affaticabilità, talora dalla cianosi, e altri segni deducibili dall’ECG, dall’ecocardiogramma etc. Questo argomento sarà oggetto di una apposita relazione in questo Convegno.

Dispnea iatrogena farmacologica. Tra le possibili cause di dispnea “cardiogena” vanno ricordati i trattamenti farmacologici prescritti per alcune patologie cardiovascolari. I beta-bloccanti non-selettivi possono causare broncospasmo e precipitare crisi dispnoiche. I FANS che, inibendo la ciclo-ossigenasi 1,  portano ad un incremento della conversione dell’acido arachidonico in leucotrieni possono determinare broncospasmo. Lo stesso ASA, se somministrato ad alte dosi, può indurre dispnea, attraverso i recettori centrali. Nella fase iniziale dello studio PLATO è stata descritta anche una dispnea correlata all’uso del Ticagrelor, potente inibitore dell’aggregazione piastrinica, probabilmente mediata dai recettori adenosinici10.

Conclusioni

La dispnea è un sintomo molto frequente nella pratica clinica, che è presente in circa il 25% dei pazienti che afferiscono all’ambulatorio medico. Il termine di dispnea indica una varietà di percezioni soggettive di disagio respiratorio, che è molto influenzato dallo stato emozionale del paziente. Le cause di dispnea sono molteplici e includono sia malattie dell’apparato respiratorio sia dell’apparato cardiocircolatorio e, spesso entrambi allo stesso tempo, seppure con variabile influenza dei due apparati. Non va trascurata l’influenza di altre co-morbilità, che talora complicano il quadro clinico. E’ molto importante effettuare al più presto una distinzione tra dispnea acuta e cronica, per le conseguenti implicazioni di ordine diagnostico, terapeutico e prognostico. Opportuna e necessaria appare pertanto la raccolta anamnestica, l’esame fisico e l’utilizzo appropriato di alcune indagini diagnostiche, che permettono di formulare una corretta diagnosi nel 30-50% dei casi.


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