Dott.ssa Cecilia Binda

Istituto di Medicina Interna e Gastroenterologia, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 1, Gennaio - Marzo 2016

Simposio: Clostridium difficile: una infezione emergente

12 gennaio 2016

Copertina Atti primo trimestre 2016.jpg

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Il microbiota intestinale nel normale, nella patologia e nelle diverse età

G. Gasbarrini, V. Gerardi, G. Ianiro, V. Tesori, L. Lopetuso, C. Binda, A. Gasbarrini

Ai nostri organi ed apparati se ne deve aggiungere un altro: il Microbiota intestinale e cioè l’enorme e variegato quantitativo di germi normalmente presenti nel canale digerente dove svolgono attività essenziali per la corretta sopravvivenza, ma che possono anche interferire profondamente nelle attività fisiologiche, quando fra essi alcune specie prendono il sopravvento provocando patologie che impediscono agli stessi organi interessati di tenere sotto controllo il microbiota.

I germi, in realtà, sono numerosissimi anche in molti altri organi e sedi: nell’apparato  respiratorio, in quello uro-genitale, sulla cute, ma quelli del canale digerente sono particolarmente importanti per la loro capacità di controllare e di condizionare la maggior parte delle funzioni vitali, quali quella assorbente e quella metabolica, quella immunologica e quella ormonale.

Se volessimo analizzare più in dettaglio gli organi che fanno parte dei suddetti apparati, una particolare attenzione può essere rivolta all’apparato digerente, costituito specificamente dal canale alimentare (esofago, stomaco, intestino tenue e crasso), dal fegato con le vie biliari e dal pancreas, e che, oltre ad avere numerosissime funzioni ed attività (assorbimento, secrezione esocrina ed endocrina, immunologica e di trasporto), è quello più strettamente legato ed in contatto con i 1500 g di germi che in un individuo sano di altezza e peso medio sono contenuti nel lume intestinale (Fig. 1).

 

 

E’ per questo che si può dire che questo complesso ecosistema costituisce, quasi, un vero e proprio organo in stretto, ma non in assoluto, contatto con la parete digestiva. Esso interferisce sul mantenimento della cosiddetta “infiammazione fisiologica” condizionando il corretto assorbimento, in rapporto, fra l’altro, con la permeabilità della membrana digestiva e stimolando la produzione e la funzione degli ormoni digestivi. È per questo che bisogna studiarlo, conoscerlo, mantenerlo nella propria integrità, evitando, per quanto possibile, che si modifichi nelle sue qualità e quantità, sì da provocare patologie locali e sistemiche.

Il simposio odierno è, in realtà, volto allo studio di un particolare Batterio, il Clostridium difficile, assai pericoloso per i suoi effetti infettivi,  sino a provocare la morte. Verranno prese in considerazione le principali caratteristiche della malattia, i metodi per identificare il germe, la terapia fino al trapianto di feci, ma abbiamo ritenuto opportuna una sintetica premessa sul Miocrobiota intestinale, soprattutto per cercare di comprendere perché i vari germi che lo compongono, anche quando sono profondamente alterati nella loro composizione ma restino costituiti dalle popolazioni abituali, possono provocare alterazioni metaboliche, immunologiche ed infiammatorie, ma non infettive.

Innanzitutto cerchiamo di collocare il Microbiota intestinale, insieme all’epitelio intestinale e al sistema immunitario della mucosa, nell’ambito di una entità morfo-funzionale in delicato equilibrio,  responsabile non solo della integrità dell’apparato gastroenterico, ma più in generale, della salute dell’individuo “in toto”.

Per avere un’idea concreta della numerosità e della eterogeneità dell’intero universo microbico intestinale, basti considerare che l’habitat intestinale ospita oltre 1.500 specie diverse di microorganismi e che il numero di cellule microbiche residenti nel lume è dieci volte maggiore del numero di cellule eucariotiche dell’intero organismo, pari a oltre 1 Kg di peso corporeo. Un ulteriore livello di complessità è rappresentato dalla diversità spaziale e temporale della flora batterica: tale ecosistema non solo è quali/quantitativamente diverso a seconda dei vari livelli del tratto intestinale, ma si modifica in relazione allo sviluppo, all’età e all’influenza di fattori ambientali e dietetici1 (Fig. 2).

 

 

Immediatamente dopo la nascita l’intestino incontra i primi germi presi dalla placenta durante la vita intrauterina, ma poi viene sempre più colonizzato, a partire dall’orofaringe, dalle popolazioni batteriche presenti  nei diversi ecosistemi che il neonato incontra.2 Dopo 3-4 settimane, la flora batterica assume la composizione definitiva, che varia a seconda del tratto intestinale considerato. Essa, infatti, è quantitativamente scarsa a livello gastrico, duodenale e digiunale, ove è prevalentemente costituita da microrganismi aerobi Gram+ (lattobacilli ed enterococchi Gram+) di provenienza oro-faringea.3

A livello ileale, la concentrazione aumenta fino a 105-10 /grammo ed è costituita soprattutto da coliformi. Un brusco aumento della concentrazione batterica si realizza dopo la valvola ileo-cicale, ove sono presenti soprattutto Bacteriodes, Bifidobatteri, Clostridi e Lattobacilli4.

Lo studio della flora intestinale, usando approcci molecolari, ha rivelato una variabilità microbica di cui si ignorava l’esistenza. Infatti un terzo circa dei germi che fanno parte del Microbiota intestiale sono quelli acquisiti, in particolare dalla vagina della mamma, nei primi mesi di vita, mentre gli altri due terzi variano a seconda dei fattori ambientali, e possono rapidamente modificarsi per vari motivi: digiuno, dieta, stress, ecc.. Al momento, tuttavia, tali tecniche sono applicabili solo in alcuni grandi Centri e sono sicuramente costose rispetto alla classica coltura delle feci, per cui solo un reale impegno su questo versante permetterà di svelare i misteri del microcosmo presente nel nostro intestino5.

Va premesso che i germi svolgono una azione più efficace in condizioni di diminuzione del muco intestinale, sì da rendere possibile un vero contatto con rapporti diretti fra loro e le cellule assorbenti dell’intestino (Fig. 3).

 

 

Le principali funzioni svolte dalla flora batterica sono certamente di tipo metabolico, trofico e di regolazione dell’immunità mucosale e sistemica. I batteri sono infatti coinvolti nei meccanismi di fermentazione dei carboidrati con produzione di acidi grassi a catena breve (SCFA – acetato, butirrato e propionato), che rappresentano la principale fonte di energia per i colonociti e sono coinvolti nella regolazione della loro proliferazione e differenziazione.

Anche il metabolismo anaerobico di peptidi e proteine induce la formazione di acidi grassi a catena breve, ma, al tempo stesso, produce intermedi biochimici potenzialmente tossici, quali lo ione ammonio, le amine, i fenoli, i tioli e gli indoli .

I microorganismi presenti nel colon giocano un ruolo importante anche nell’assorbimento ionico, in particolare del Calcio, del Magnesio e del Ferro e nella sintesi di vitamine quali le B1, B2, B6, B12, PP, acido pantotenico e acido folico. La microflora intestinale svolge, inoltre, azione di de-coniugazione degli acidi biliari prodotti dal fegato favorendone la ricaptazione a livello intestinale e la riconiugazione a livello epatico.6

Per quanto riguarda invece il ruolo svolto nella regolazione del sistema immunitario, bisogna sottolineare come il perfetto bilanciamento tra l’ecoflora intestinale, il complesso superficie epiteliale/sistema immune dell’ospite si basa su un continuo scambio di informazioni (cross-talks) tale da modulare la risposta dell’ospite. Se da un lato infatti, il sistema immunitario deve essere in grado di riconoscere e attivarsi contro agenti patogeni, dall’altro lato è necessario che si istauri nei confronti di batteri commensali e di antigeni alimentari, un meccanismo di tolleranza immunologica che, pur mantenendo un livello basale di infiammazione mucosale, non risulti dannosa per l’ospite7-9.

Alterazioni quali/quantitative dell’ecoflora intestinale che siano in grado di alterare questo delicato equilibrio sembrano coinvolte nell’insorgenza di patologie gastroenterologiche e sistemiche, quali le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (IBD: inflammatory bowel diseases), l’atopia, il cancro del colon, la sindrome da contaminazione batterica dell’intestino tenue e la sindrome del colon irritabile (IBS: irritable bowel syndrome). Evidenze più recenti, inoltre, sembrano dimostrarne un ruolo nelle patologie del fegato (epatosteatosi: Fig. 4), nell’obesità e nella sindrome metabolica10-15.

 

 

In accordo con la definizione dell’organizzazione mondiale della sanità (OMS), i probiotici sono microorganismi che, se somministrati in dosi adeguate, determinano un beneficio alla salute dell’ospite, attraverso il ripristino del corretto equilibrio microbiologico.

I probiotici possono essere divisi in:

a)    Multiceppi
b)    Ceppi singoli
c)    Misti con altre sostanze
             

Dal punto di vista microbiologico, la maggior parte dei probiotici sono costituiti da lattobacilli e bifido batteri, che sono in grado di produrre acido lattico a partire da residui glucidici (perciò anche denominati “fermenti lattici”). Tuttavia, ci sono anche altre specie batteriche, come il Bacillus calusii, che possono essere somministrate in forme di spore e con profili di sicurezza supportati da svariati anni di utilizzo, anche in popolazioni pediatriche.

Anche i lieviti possono essere probiotici, come nel caso del Saccharomyces boulardii, unico nel suo genere e tra i più studiati.

Per quanto si riferisce alla modulazione della flora batterica intestinale, è chiaro che la conoscenza sempre più approfondita dell’ecoflora intestinale e delle sue funzioni ci consente oggi di agire in modo terapeutico sul complesso equilibrio microbico intestinale. Allo stato attuale, antibiotici, probiotici, prebiotici e simbiotici sono gli strumenti utilizzati per modulare la flora batterica, in termini quali/quantitativi, al fine di promuovere lo stato di salute dell’organismo.  Dati preliminari del nostro gruppo, scaturiti da uno studio tuttora in corso, mostrano, ad esempio, come la somministrazione di un preparato costituito da un’associazione tra beta-glucano, derivato da Saccharomyces cerevisiae, inositolo ed enzimi digestivi sia in grado di attenuare i tipici sintomi addominali dei pazienti affetti da dismicrobismo intestinale. Appare, quindi, possibile ipotizzare come l’azione sinergica del beta-glucano, dotato di una azione immunostimolante, e dell’inositolo, potente prebiotico, permetterebbe di contrastare la crescita della flora batterica patogena favorendo, invece, lo sviluppo di quella fisiologica.

Studi di questo tipo sono di grande interesse, in quanto è auspicabile che, in futuro, la modulazione della flora batterica intestinale, realizzata tramite strumenti diversi, quali antibiotici, probiotici, prebiotici e simbiotici, possa rappresentare un’ulteriore arma per la prevenzione e il trattamento di patologie intestinali e sistemiche, quali l’obesità e la sindrome metabolica16-20, e le malattie digestive21, 22.

In casi di profonde alterazioni del Microbiota intestinale, quale quella da infezione da Clostridium difficile, ma anche in casi di malattie intestinali gravi, in cui i sintomi non si risolvono con le terapie tradizionali, si può praticare un trapianto fecale .


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