Dott. Massimo Papi

Responsabile Naz. ADOI  Gruppo di studio Ulcere e Dermatologia vascolare, Coordinatore Dermatologia LILT, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 4, Ottobre - Dicembre 2016

Conferenza: I colori nella diagnosi dermatologica: dermatologia tra scienza e arte

14 giugno 2016

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I colori nella diagnosi dermatologica: dermatologia tra scienza e arte

M. Papi, E. Fiscarelli, C. Papi

Introduzione

La diagnostica clinica in Dermatologia si basa sul colore della manifestazione cutanea, sulla distribuzione lineare e topografica delle lesioni e sulla interpretazione morfologica delle figure che tali lesioni tendono a comporre. L’elaborazione della diagnosi di una malattia cutanea si fonda principalmente su un processo di analisi visiva, che involontariamente un Dermatologo compie ad ogni visita e si traduce in una diagnosi clinica che spesso non ha bisogno di conferma con esami laboratoristici e/o strumentali.

Molte espressioni delle malattie della pelle hanno aspetti ben definiti che evocano descrizioni sintetiche (homme rouge, langue noire, lilac ring etc) utili a facilitare la comunicazione rapida. Tutto ciò ha consentito a generazioni di professionisti di sospettare o diagnosticare dermopatie di varia natura nell’attimo di uno sguardo.

I trattati di Dermatologia sono pieni di definizioni e appellativi basati su un colore o una “sfumatura cromatica” che indica  in maniera precisa una malattia o una fase evolutiva della stessa.

Il colore della lesione cutanea, pertanto, è fondamento di molte diagnosi e orienta in modo decisivo il percorso diagnostico del clinico dermatologo.

E’ noto che il colore “base” della cute varia nelle diverse etnie condizionato dalla genetica e dalle collocazioni geografiche. Sappiamo anche che la variabilità individuale del colore cutaneo, è funzione della quantità e della qualità di pigmenti e cromofori costitutivi e della loro distribuzione.

Ne discende che il colore della lesione cutanea attribuibile ad una certa malattia, rimane elemento di riferimento costante nell’ambito di un certa colorazione “base” della cute, seppure con variazioni soggettive che rendono ogni problema cutaneo molto ”individuale”. Ad esempio i colori che riusciamo a definire con precisione sulla pelle chiara come tipici di alcune dermopatie, assumono sfumature più scure sulla cute geneticamente pigmentata e ciò sposta verso tonalità diverse l’interpretazione del clinico.

E’ intuitivo che le differenze di colore delle affezioni cutanee sono più facilmente apprezzabili sulla pelle geneticamente chiara in quanto si presentano con una variabilità di tinte più ampia.

Un ulteriore elemento che condiziona ciò che percepiamo come colore di una lesione della pelle, è dato dalla luce (quantità e caratteristiche fisiche dei raggi) nella quale ci troviamo ad osservare quella lesione e dalle modalità di incidenza di quest’ultima sulla superficie del soggetto in esame. Quindi, oltre alla variabilità individuale di espressione del colore lesionale, dobbiamo sempre tener conto di una variabilità intraosservazionale di ricezione del colore.

 

Il colore della pelle umana

Ogni elemento ha un suo colore: la terra è azzurra, l’acqua verde, l’aria gialla, il fuoco rosso; poi vi sono altri colori casuali e commisti, appena riconoscibili. Ma tu bada con cura al colore elementare che predomina, e giudica secondo quello” -  Paracelso

Il colore della pelle risulta dalla presenza di diversi pigmenti (melanina) e cromofori, dallo spessore dello strato corneo, dalla qualità di alcune molecole costitutive (es. collagene) e dalla luce sulla quale si osserva.

Il maggior determinante del colore cutaneo è la melanina, seguita dal sangue circolante nei capillari (emoglobina ossidata e ridotta), dai cromofori carotene e licopene e dal collagene dermico (sfumatura biancastra) (tab. 1).

 

Tabella 1 Fattori che determinano il colore della cute

 

Melanina Eumelanine Nero
Feomelanine Rosso
Emoglobina   Rosso
Collagene   Bianco
Carotene   Giallo
Licopene  

 

 

I fattori fisici che condizionano il colore recepito dall'osservatore sono rappresentati dallo spettro luminoso che colpisce la cute e dai fenomeni relativi di riflessione, rifrazione e assorbimento associati alla trasparenza dello strato corneo e dell'epidermide. L’uso della luce di Wood può essere di aiuto nel discriminare alcune pigmentazioni da deposito in alcune affezioni dermatologiche (tab. 2).

 

Tabella 2

 

La vascolarizzazione della cute può nascondere la pigmentazione da melanina. La diascopia, in tal caso, può rilevare la presenza di pigmento melanico eliminando l’effetto confondente del sangue.
L’acromia da ridotta o assente vascolarizzazione (melanina presente), è rilevata ad occhio nudo con la luce di Wood
L’iperpigmentazione da accumulo di pigmento melanico aumenta con la luce di Wood se  l’accumulo è epidermico e scompare con la luce di Wood se dermico

 

 

Non esiste un colore che definisca la pelle "normale" . Il colorito cutaneo delle varie popolazioni è evoluto nel tempo.

Alle estremità sono i colori chiari dei popoli del nord (Celtici, Scandinavi) e il nero degli Africani e quasi nero degli Aborigeni Australiani. In mezzo ci sono le colorazioni bruno-scuro degli Indiani e il colore giallo e rossastro degli Asiatici e degli indigeni Americani.

Il colore della pelle umana è determinato dai geni della pigmentazione e dagli stimoli ambientali tra i quali il principale è il sole.

Sul piano pratico i maggiori fattori che determinano il colore scuro della pelle umana sono :

 

   a) numero dei melanociti  

   b) capacità di sintesi della melanina, trasferimento e trasporto dei melanosomi

   c) dendriticità dei melanociti

   d) quantità e tipo di melanina

 

Le variazioni etniche del colore cutaneo non dipendono della densità dei melanociti nell'epidermide.

È noto infatti che il numero di melanociti per mm2 nelle differenti aree cutanee è pressoché  identico nelle varie etnie. E’ piuttosto l'attività melanogenetica dei melanociti responsabile delle variazioni di colore e, soprattutto, quantità, dimensioni e dispersione dei melanosomi all'interno dei cheratinociti epidermici.

 

Misurare il colore della cute

Non esiste un’esatta corrispondenza tra il colore che viene definito in fisica e la percezione del nostro cervello (tab.3). I colori infatti possono essere paragonati a dei movimenti vibratori ovvero onde che arrivano ai nostri occhi i quali, a loro volta, girano l’informazione al cervello. I colori sono in grado di stimolare una sensazione mentale ed emozionale (sensazione colorata).

 

Tabella 3. Fattori che condizionano la percezione del colore

 

Luminosità                                                                        
Fonte di emissione di luce utilizata per esaminare la persona
Geometria d'osservazione Angoli e piani osservazionali del soggetto e della lesione
Caratteristiche fisiche della persona in esame                                                                                                              
Tipo di pelle, vascolarizzazione attuale, etc.
Capacità recettive dell'osservatore Variabili individuali fisiche
"Cervello" dell'osservatore Capacità di discernimento dei colori evoluta in funzione dell'età e dell'esperienza pratica acquisita dal singolo osservatore

 

Il linguaggio del colore è anche fortemente simbolico, evoca suggestioni e non è solo recepito in modo razionale. In altri termini “il colore parla e noi dobbiamo sforzarci di comprendere ciò che esso dice” (C. Piana).

In ambito clinico dermatologico è necessario individuare un parametro di valutazione del colore condivisibile e oggettivo.

La “valutazione visiva” rimane, peraltro, il “gold standard” tra i metodi in uso per la valutazione della cute.

Negli anni più recenti numerose tecnologie sono state introdotte per ridurre il rischio della variabilità individuale legata al singolo osservatore.

La luce ultravioletta (lampade ad emissione di raggi tra 300 e 400 nanometri) permette di valutare i disordini da accumulo di melanina intraepidermica.

La luce UV consente di differenziare la pigmentazione epidermica da melanina da quella dovuta ad altre cause quali anomalie vascolari, cicatrici e depositi di collagene.

La fotografia a luce polarizzata permette di valutare bene le alterazioni di colore derivanti da anomalie dermiche di carattere vascolare.

La spettrofotometria introdotta da pochi anni, permette un’attendibile valutazione del colore e della presenza di pigmento nella cute (Cromameter, Minolta – DermaSpectrophotometer e Mexameter) .

La dermatoscopia è una metodica fondamentale da alcuni anni per valutare il colore e la forma di lesioni infiammatorie, neviche e tumorali.

La microscopia laser con focale (laser a diodi) consente un’analisi visiva della cute con risultati che si avvicinano all’osservazione istologica .

 

Fare diagnosi con il colore

“Quando uscite a dipingere sforzatevi di dimenticare gli oggetti che avete davanti: un albero, una casa, un campo o altro. Pensate semplicemente: qui c’è un quadratino d’azzurro, qui un ovale di rosa, qui una striscia di giallo, e dipingete proprio come vi sembrano il colore e la forma esatti, finchè otterrete la vostra impressione ingenua della scena che vi sta davanti”  –  Claude Monet

 

Il linguaggio cromatico della pelle consente d’interpretare molte lesioni cutanee attraverso una chiave di lettura che è squisitamente visiva. Questa si fonda su variazioni di colore che avvengono all’interno di alcuni colori basilari geneticamente determinati. Nell’ambito di questi colori possono essere fatte rientrare tutte la patologie cutanee. Tuttavia, alcuni di questi colori base o sfumature intermedie di essi, caratterizzano alcune specifiche malattie. Tali quadri, nei soggetti con cute chiara, possono essere facilmente individuati da medici allenati e porre il Dermatologo sulla strada di un “diagnosi clinica semplificata”.

 

Fatte queste minime ma necessarie precisazioni, prendiamo in esame i vari colori che caratterizzano alcune malattie della pelle rendendole spesso sospettabili o identificabili con la sola accurata osservazione clinica (tab. 4).

 

Tabella 4. Tonalità di colore e malattie dermatologiche

 

Rosso

Rosso pompeiano, veneziano: vasculite
  Rosso mattone, bordeaux: vasculite
  Rosso caramello: tubercolosi cutanea (lupus volgare)
  Rosso violaceo: lichen planus
  Rosso scarlatto: poichiloderma atrophicans vascolare
  Rosso cardinale: tossidermie, s. di Lyell
  Rosso e rosa ciliegia: lupus, dermatomiosite
  Rosso rosa: psoriasi
  Rosa arancio: pitiriasi rubra pilare
  Rosa rameico: sifilide secondaria

Blu

Blu oltremare e blu di prussia: nevo blu
  Blu cobalto: nevo di Ota, macchia mongolica

Viola

Viola melanzana e viola prugna: pioderma gangrenoso, ecchimosi, porpora di Bateman m. di Kaposi, m. di Gardner- Diamond

Giallo

Giallo paglierino: pus, xantelasmi, xantomi eruttivi
  Giallo ambra e giallo arancio: ipercheratosi palmo-plantari
  Giallo oro e giallo primario: fibrina, slough
  Giallo ocra: dermatite ocra, xantogranuloma necrobiotico
  Giallo camoscio. necrobiosi lipoidica
Verde Verde smeraldo, Veronese: infezione da piocianeo
Bianco Bianco latte: vitiligine
  Bianco crema: morfea e sclerodermia localizzata
  Bianco madreperla: lichen scleroatrofico
  Bianco avorio: atrofia bianca e vasculopatia livedoide
Nero melanoma, alcuni nevi e cheratosi, necrosi, pigmentazioni esogene
Grigio Grigio seppia aranciato e bronzo antico: eritema fisso da farmaco, esiti di lichen planus
   Grigio ferro: tigna microsporica cuio capelluto, m. di Addison
   Grigio bluastro: pigmentazione da farmaco (amiodarone, fenotiazina, minociclina), m. di Addison
Marrone Marrone chiaro: lentiggini, macchie caffè-latte, melasma
  Marrone scuro: pigmentazioni postinfiammatorie o postraumatiche

 


Rosso

Fuoco, sangue, amore, inferno. 

È il colore per eccellenza di molte malattie della cute ed è dovuto prevalentemente al colore dell’emoglobina e delle feomelanine. La percentuale di emoglobina ossidata e ridotta circolante condiziona la tonalità del rosso nella cute normale ma anche in alcune condizioni di fisiopatologia (es. eritrosi post-attinica e da sforzo degli sportivi, eritrosi emozionale, cute rosso-bluastra della cianosi, etc).

Altre manifestazioni patologiche, invece, sono caratterizzate da un colore rosso “particolare”, che può orientare la diagnosi clinica verso specifiche malattie dermatologiche.

 

Rosso pompeiano e veneziano (porpora): tipico delle vasculiti cutanee (porpora palpabile) localizzate prevalentemente agli arti inferiori (fig 1). Lo stravaso di globuli rossi conseguente al danno infiammatorio angiocentrico mediato da neutrofili (e in misura minore dai linfomonociti), si traduce in tante piccole lesioni lenticolari o monetiformi, che non scompaiono alla pressione. Spesso si attenuano fino a scomparire nell’arco di pochi giorni, ma a volte si complicano con aree necrotiche e/o lesioni bollose. I questi casi il colorito vira verso il rosso mattone e rosso bordeaux.

 

Rosso mattone e rosso bordeaux: è tipico delle lesioni necrotizzanti che complicano patologie cutanee da danno microangiopatico (fig 2).

 

Rosso caramello: è molto indicativo di una lesione da TBC cutanea (lupus tubercolare), attualmente molto più rara in Italia rispetto ad alcuni decenni or sono. Le lesioni possono avere varie localizzazioni ma più spesso interessano il volto e il tronco. La diascopia (pressione della cute con spatola di vetro) mostra i lupomi (noduli puntiformi giallastri) che sono responsabili dell’aspetto translucido della lesione e del colore rosso simile allo zucchero caramellato (fig 3).

 

Rosso violaceo: la sfumatura violacea del rosso evoca la diagnosi di lichen planus, malattia che si presenta con papule lenticolari e poligonali molto pruriginose, spesso localizzate agli arti superiori e ai fianchi con tipico reticolo biancastro di superficie (reticolo di Wickham) (fig 4).

 

Rosso scarlatto: è un colore che si rileva frequentemente nelle affezioni cutanee ma nella sua tonalità più tipica, con caratteristiche sfumature grigiastre, caratterizza la poichilodermia atrophicans vascolare (PAV). La PAV interessa spesso le zone coperte della mutandina da bagno e del seno nelle donne dove si osservano chiazze poichilodermiche a margini sfumati con tipico colore  (fig 5) associate, a volte, a zone di cute “a carta di sigaretta” di colore meno marcato.

E’ una malattia linfoproliferativa cutanea a cellule T,  a bassa malignità e lenta evoluzione, che nelle fasi tardive può manifestare lesioni più tipiche della micosi fungoide (noduli, placche).

Il rosso scarlatto è anche il colore del granuloma piogenico.

 

Rosso e rosa lillaceo: è la sfumatura di colore che si riscontra spesso nelle lesioni infiammatorie cutanee delle connettivopatie, in particolare lupus eritematoso (LE) e dermatomiosite (fig 6). Questa tipica tinta lillacea definita anche rosso ciliegia, caratterizza a nostro avviso molte patologie dell’interfaccia, comprese alcune reazioni da farmaco. In corso di LE le vasculiti degli arti inferiori e delle mani e le lesioni “a vespertilio” del volto hanno spesso questa nota di colore (fig 7).

 

Rosso cardinale: è il colore che fa sospettare patologie impegnative sul piano evolutivo e prognostico quali ad esempio le tossidermie e in particolare la necrolisi epidermica tossica (s. di Lyell). Spesso si apprezzano lesioni parcellari iniziali con questo tipico colore che confluiscono in aree progressivamente più estese fino a compromettere vaste superfici cutanee lasciando isole di cute indenne ben riconoscibili e complicandosi con scollamenti e distacchi dermoepidermici (malattia del grande ustionato) (fig 8).

 

Rosso carminio: è il colore del derma che produce tessuto di granulazione ottimale per ricostituire i tessuti nelle ferite e ulcere croniche (fig 9)ma è anche la tonalità di rosso che contraddistingue alcuni quadri meno specifici quali ectoparassitosi, mal rossino, erisipela etc..

 

Rosso rosa: è la definizione che nella tavolozza dei colori definisce meglio la tonalità che prevale in molte lesioni della psoriasi (fig 10). Rosa, con varie tonalità, è anche la sfumatura di colore degli esantemi.

 

Rosa arancio: è tipico della pitiriasis rubra pilaris (PRP). La PRP è un disordine della cheratinizzazione geneticamente determinato che si manifesta con lesioni eritematose ricoperte da fine desquamazione di colorito rosa aranciato con sfumature giallastre, associate a ipercheratosi palmo-plantare (fig 11) e note di desquamazione pitiriasica del volto e del corpo.

 

Rosa rameico: caratterizza le lesioni roseoliche della sifilide secondaria, con tipica localizzazione nelle aree palmari e plantari e al tronco.

 

Blu

Nell’antica Roma avere gli occhi azzurri era una disgrazia. Poi il blu è diventato il segno dell’eleganza e della neutralità. Ma sono passati tanti secoli.

È tra i colori primari uno dei meno rappresentati sulla cute ed è spesso una sfumatura che si osserva nelle lesioni che tendono a raggiungere gli strati profondi della cute e a realizzare l’effetto ottico definito “effetto Tyndall”.

 

Blu oltremare e blu di prussia:  caratterizzano il nevo blu, neoformazione in genere acquisita e benigna che pone, talvolta, problemi di diagnosi differenziale clinica con il melanoma quando assume sfumature grigio-nerastre (fig 12).

           

Blu cobalto: il nevo di Ota e la macchia mongolica, neoformazioni di solito congenite, presentano questa tonalità di colore

 

Blu violaceo: è la tonalità che segnala gli angiomi profondi (fig 13) ed il colore della cianosi (dita blu o blu toes degli anglosassoni) (fig 14).

 

Viola e lilla

Sono colori secondari (rosso+blu) che si apprezzano raramente nelle malattie cutanee ma sono tipici di alcune condizioni molto ben definite.

 

Viola melanzana e viola prugna: il pioderma gangrenoso (PG) è la malattia cutanea più caratterizzata dal colore viola del bordo perilesionale che si osserva nelle fasi di attività/estensione della malattia. Il bordo è scollato (sottominato) (fig 15)ed è interpretato come un diffuso danno micro vasale successivo al massiccio infiltrato dermico di polimorfonucleati neutrofili che contraddistingue il PG.

Viola è anche il colore delle ecchimosi (fig 16), dei massivi stravasi ematici (es. coagulopatie), di quelli parcellari localizzati alla cute degli arti con componente elastica ridotta di persone anziane o trattate a lungo con steroidi (porpora di Bateman) e delle lesioni in corso di s. da sensibilizzazione eritrocita ria (s. di Gardner-Diamond).

Il morbo di Kaposi può avere varie espressioni lesionali. Tipiche sono le lesioni violacee nodulari o a placca localizzate agli arti nel Kaposi classico mediterraneo (fig 17).

 

Lilla: è tipico del bordo esterno infiammatorio di alcune chiazze di morfea, specie nelle fasi iniziali di questa malattia (lilac ring).

 

Giallo

Colore poco apprezzato in Occidente in alcuni periodi storici: è il colore dell’invidia e s’imbrattavano di giallo le case dei falsari.

La cute gialla è quella dell’ittero che si evidenzia con elevati valori della bilirubinemia. E’ anche il colore di molte patologie cutanee sia congenite che acquisite.

 

Giallo paglierino: è tipico del pus e delle croste mieliceriche che si apprezzano su molte lesioni cutanee con sovrainfezione secondaria. Identifica anche patologie da accumulo come gli xantelasmi palpebrali e gli xantomi multipli eruttivi (fig 18).

 

Giallo ambra e giallo arancio: questa sfumatura si riscontra spesso nelle ipercheratosi palmo-plantari sia congenite che acquisite (fig 19) e la  sfumatura arancione delle mani caratterizza la carotenemia.

 

Giallo oro e giallo primario: è il giallo della fibrina che ricopre il fondo delle ferite croniche, a volte misto a pus e tessuti devitalizzati (slough) (fig 20). La presenza di questo materiale richiede un intervento di pulizia o sbrigliamento meccanico dell’ulcera o l’applicazione di un apparecchio a pressione negativa (VAC o Vacuum Assisted Closure).

 

Giallo ocra: la dermatite ocra del 3° inferiore della gamba espressione dell’insufficienza venosa è caratterizzata da questo colore dovuto alle modificazioni biochimiche dell’emoglobina derivante da ripetuti microstravasi ematici capillar (fig 21). Si apprezza anche nelle lesioni dello xantogranuloma necrobiotico.

 

Giallo camoscio: è caratteristico e molto specifico della necrobiosi lipoidica, patologia che insorge spesso agli arti inferiori e può precedere la comparsa del diabete. Le lesioni sono spesso anulari o policicliche (fig 22).

 

Verde

Era considerato un colore eccentrico e simbolo d’instabilità. Ed è anche il colore delle acque stagnanti.

In Dermatologia è il colore dell’infezione ed è legato alla produzione di sostanze (pioverdina, piocianina) da parte di alcune specie microbiche quali il piocianeo.

 

Verde smeraldo e verde Veronese: si osservano sul fondo delle ferite croniche nelle fasi iniziali dell’infezione da piocianeo (fig 23).

 

Bianco

E’ il simbolo della purezza e dell’innocenza. Ma è un colore ?

Molte diagnosi dermatologiche necessitano un’accurata distinzione delle sfumature del bianco.

 

Bianco latte:  è la sfumatura che consente di riconoscere la vitiligine anche su pelli molto chiare (fig 24).

Crea importanti inestetismi con ricadute sul piano emozionale e psicologico.

Bianco crema: si riscontra in molte lesioni di morfea e sclerodermia localizzata (fig 25). La cute è dura e non si solleva in pliche.

Bianco madreperla: è tipico del lichen scleroatrofico (fig 26) che si localizza spesso ai genitali

Bianco avorio: e’ la sfumatura che si ritrova nell’atrofia bianca del 3° inferiore della gamba di pazienti con insufficienza venosa cronica. Le chiazze sono ovalari o moneti formi a margini netti. Si associano alla lipodermatosclerosi e spesso precedono l’ulcerazione (fig 27). Lesioni con caratteri simili e aspetto ramificato sono a volte esito della vasculopatia livedoide, malattia occlusiva dei piccoli vasi dermici, condizione che colpisce individui giovani prevalentemente di sesso femminile

 

Nero

E’ il non-colore per eccellenza e indica lutto e raffinatezza.

In Dermatologia è una nota spesso inquietante.

La presenza di aree nere nell’ambito di un nevo fa sospettare il melanoma maligno (fig 28). Il nero è però anche il colore di alcune cheratosi ed è soprattutto il colore della necrosi che indica sofferenza di apporto nutritivo ai tessuti (ischemia) e che caratterizza le arteriopatie e le ulcere vascolari correlate.

 

Grigio

Grigio seppia aranciato e bronzo antico: sono tonalità di colore tipiche dell’eritema fisso da farmaco nelle fasi tardive della sua evoluzione (fig 29). Si apprezza anche nelle lesioni esito di lichen planus

Grigio ferro: è caratteristico della tigna microsporica del cuoio capelluto (fig 30).

Grigio bluastro: si ritrova nelle pigmentazioni da farmaco (amiodarone, fenotiazine, minociclina), nella dermatite cinicienta (Ashy dermatitis) e nelle lesioni muco-cutanee del morbo di Addison.

 

Marrone

Marrone chiaro: caratteristico delle lentiggini, del melasma superficiale e delle macchie caffè-latte.

 

Marrone scuro: si osserva spesso nelle pigmentazioni post-infiammatorie.

 

Conclusioni

Il colore delle lesioni cutanee è un parametro clinico fondamentale per molte diagnosi di malattie della pelle.

La capacità del Dermatologo di cogliere le differenti colorazioni e le sfumature che spesso caratterizzano le dermopatie, consente di sospettare alcuni specifici quadri clinici, di ridurre lo spettro degli esami laboratoristici e, a volte, di fare diagnosi avvalendosi esclusivamente del dato clinico costituito dal colore.

Tale capacità può essere affinata cogliendo particolari e aspetti rilevabili con l’esame visivo o con indagini strumentali.


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