Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 4, Ottobre - Dicembre 2023

Conferenza: L'Isola Tiberina nella storia della Dermatologia e Venereologia

06 giugno 2023

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L'Isola Tiberina nella storia della Dermatologia e Venereologia

L. Valenzano

Questa antica e famosa isola sorge sul fiume Tevere nel quartiere Trastevere di Roma e, fin dai tempi più remoti, è stata usata come valico fra le due sponde permettendo così di raggiungere il Mar Tirreno per rifornirsi di sale e di merci provenienti dai paesi più lontani. Ha la caratteristica forma di una nave ed è stata appellata nel tempo con le più diverse denominazioni: “Insula Tiberina”, “Inter duos pontes” (ponte Cestio e ponte Fabricio), “Insula Epidauri o Aesculapi”, “Insula Licaonia” (Tempio di Giove Licaonio), “Isola di San Bartolomeo”, “Isola della salute” e tanti altri in rapporto alla sua lunga e travagliata storia e alla sua specifica e multiforme vocazione sanitaria e sociale nelle diverse epoche e religioni. Quest’isola, seppur di dimensioni ridottissime (lunga 270 e larga 67 metri) in quanto è “la più piccola ed abitata isola al mondo”, secondo alcuni autori è definibile anche “sacra” o “santa” perché è stata ininterrottamente sede di luoghi di culto e di ricovero.

Secondo quanto riferito da Tito Livio (59 a.C. – 17 d.C.), la nascita dell'Isola Tiberina sarebbe alquanto originale, fantasiosa e mitologica: “Si narra che in quel momento il farro era maturo per il raccolto. Ma poiché era sacrilego consumare il frutto di quel terreno, una grande folla tagliò spighe e steli e li gettò nel Tevere. Così i cumuli del grano, incagliandosi nei punti dove l’acqua era bassa, si fermarono coprendosi di melma. A poco a poco, anche con tutto ciò che il fiume trasporta, vi si andò formando un’isola. In seguito, con macigni e mano d’opera, quell’area divenne tanto elevata e sicura, da poter sostenere anche portici e templi” (II, 5).

Anche Dionigi da Alicarnasso (60-7 a.C.) e Plutarco (46-125 d.C.) confermano l’evento e precisano che il popolo romano, per protesta contro il re Tarquinio il Superbo, gettò nel Tevere covoni di grano mietuto a campo Marzio, territorio di proprietà del re, e che la rivolta provocò addirittura la cacciata dell'ultimo Re di Roma.

Sempre secondo Tito Livio l'origine della Medicina-Dermatologia avvenne sull'isola. Narra infatti che una grave e insanabile epidemia di peste nel 293 a.C. aveva talmente sconvolto la popolazione, che fu deciso di consultare la Sibilla. Questo illustre personaggio, consultando riti e sacri testi sibillini, interpretò il significato della pestilenza come ira del Dio Asclepio e, per dominare la disgrazia, suggerì di inviare una delegazione in pellegrinaggio a Epidauro dove sorgeva il Tempio maggiore della divinità e ottenere così le modalità della guarigione. Perciò la spedizione partì e, giunta ad Epidauro, fra lo stupore dei presenti, il «serpente sacro» salì sulla nave e lì rimase fino a quando, al ritorno a Roma risalendo il Tevere, abbandonò il natante e si rifugiò sull’isola attorcigliandosi ad un bastone. Questo evento venne interpretato dalla Sibilla come la volontà del Dio che proprio sull'isola fosse costruito un tempio a lui dedicato e su cui fossero raccolti tutti i malati. Così fu fatto e lì vennero convogliati tutti gli appestati di Roma per essere assistiti e curati. In breve la peste miracolosamente scomparve (in realtà per l’efficace pratica dell’isolamento e della disinfezione). Ecco perché si ritiene che da quel momento abbia inizio sull’Isola Tiberina la grande Medicina greco-romana.

Anche Ovidio (43 a.C. – 17 d.C.), nelle sue Metamorfosi (15, 739-741), parla di “un fiume che si scinde in due parti avvolgendo un lembo di terra che prende il nome di isola, e si protende ai due lati di essa con due rami di uguale lunghezza. Lì si stanzia il serpente, figlio di Febo, riprende il suo aspetto di Dio e con la sua venuta apportatrice di salute pone fine ai lutti della città”.   

Queste testimonianze storico-letterarie suffragano anche la sacralità dell'arte medica in effetti voluta e protetta dal divino Asclepio in Grecia, che sarà poi Esculapio a Roma, Dio della Medicina perché figlio del Dio Apollo, fondatore dell'arte medica, e di Coronide. Il serpente, avvolto sulla verga, diventerà poi il “Caduceo”, bastone alato con due serpenti simmetricamente attorcigliati sotto due ali aperte, sempre considerato simbolo di prosperità e pace, ma soprattutto oggi emblema mondiale dell'Ordine dei Medici e Farmacisti.

L’imponente Tempio di Esculapio viene edificato nel 289 a.C. sulla parte posteriore dell'isola ed è circondato da un ampio porticato, il cosiddetto “recinto sacro”, indispensabile per accogliere e far soggiornare fedeli che lì si recano in pellegrinaggio e malati che si ricoverano.

Il tempio diventa sempre più sede di accoglienza e cure, un vero e proprio ospizio aperto a pellegrini, poveri, malati abbandonati e schiavi vecchi, inabili e quindi “scartati”, come è solito dire oggi Papa Francesco.

Nel tempio vengono impiegati primordiali rimedi a base di erbe e piante, ma anche più evolute pratiche medico-chirurgiche per le quali è indispensabile la “sorgente sacra” e il pozzo per cure idropiniche e immersioni terapeutiche. Viene effettuata in particolare l’”incubatio” (dal latino incubare = dormire), una pratica magica e religiosa che prevede cure attraverso il sonno. Questa importante ed evoluta terapia, già presente nella civiltà sumerica e poi nell’antica Grecia a Epidauro, consiste nel dormire in un’area sacra per sperimentare in sogno rivelazioni sul futuro (oniromanzia) oppure ricevere cure, suggerimenti e benedizioni di vario tipo.

Molto usate e varie le terapie, specie quelle topiche, a base di vino, olio, lana, miele, sterco d'asino, farina d'orzo, cavolo, decotto di melagrana e il diffusissimo “garum” (salsa di pesce), alimento che resterà il principe della culinaria romana nei secoli successivi. Vengono anche già eseguiti interventi chirurgici e applicati sorprendenti strumenti protesici: bastoni, stampelle e fissaggi per le fratture e i danni osteo-muscolari, il parto cesareo per salvare il bambino, i bagni bollenti e traumi per aborti, budelli animali per preservativi maschili e gomitoli di lana imbevuti di grasso per le esigenze femminili.

Si deve considerare che la Medicina romana evolve nel tempo: dapprima è «empirica» con superstizioni e stregonerie e poi «ieratica», perciò religiosa; dopo il terzo secolo diventa «professionale» con importanti apporti dal mondo greco orientale e solo in età Imperiale diventa «scientifica». Di questa evoluzione e qualificazione ne sono autorevoli esempi Giulio Cesare, che nel 46 a.C., nonostante l’avversione di Catone il Censore, concede la cittadinanza romana ai medici stranieri, istituisce i Valetudinaria, ospedali dedicati ai soldati feriti nelle battaglie, e crea la figura del Vulnerarius, medico che cura traumi e ferite e quindi la pelle, e perciò considerato un vero e proprio antesignano del Dermatologo. Il sommo Augusto, riconoscendo la necessità di un buon livello culturale dei Sanitari, nel 14 d.C. istituisce le prime Scuole Mediche, regolamenta sesso e prostituzione a difesa della salute e del decoro, compiendo un primo passo verso la Venereologia. Ma, ancor più interessante e significativa, è l’istituzione del “medico archiatra” che cura gratuitamente gli indigenti e che quindi rappresenta già una prima forma di medicina assistenziale alquanto innovativa e sorprendente per l'epoca. A questo proposito, come indice di sensibilità umanitaria, l’Imperatore Claudio (10 a.C.-54 d.C.), secondo quanto riferito da Svetonio, stabilisce che gli schiavi una volta guariti diventano liberi (i cosiddetti “liberti”).

Si giunge così all’Alto Medioevo, quando con l’arrivo della nuova fede tra VI e XII secolo sorge la Medicina monasteriale, nella quale si curano i malati con piante ed erbe, pur riponendo sempre le massime speranze nel potere divino. A fianco dei dignitari del monastero, che studiano e prescrivono i farmaci e che sono spesso anche amanuensi, ci sono i magazzinieri-farmacisti, chiamati “speziali”. In pratica questi monaci-medici speziali sono quindi preparatori e dispensatori dei farmaci. Sarà poi il grande Imperatore Federico II di Svevia (1194-1250), lo “stupor mundi”, a separare definitivamente nel Basso Medioevo la figura dello speziale da quella del medico.

Sull’Isola Tiberina nel 998 d.C. sorge la Chiesa di San Bartolomeo, monaco benedettino detto “Santo guaritore”. Ciò avviene perché l'imperatore Ottone III di Sassonia decide di edificare la Chiesa di San Bartolomeo proprio sui resti del tempio di Esculapio. Accanto vi sorge il monastero delle Suore Benedettine, dette “Santuccine” perché fondate da Santuccia da Gubbio e particolarmente votate all’assistenza degli ultimi.

Nel IX secolo sorge la chiesa di San Giovanni Calibita, edificata sui resti del tempio di Giove Licaonio, “Jupiter Iurarius” ovvero garante dei giuramenti.

Ma sembra addirittura che la sua costruzione possa essere molto precedente in quanto sarebbe stata arsa dai soldati di Genserico e poi riedificata nel 464 da Pietro vescovo di Porto. Comunque il più antico e certo riferimento alla costruzione della chiesa si trova in una Bolla di Papa Benedetto VIII del 1018.

Nel 1584 viene edificato l’ospedale di San Giovanni Calibita, poi detto “dei Fatebenefratelli” perché Gregorio XIII concede la chiesa ad una Confraternita di soccorso che opera appunto secondo la regola di San Giovanni di Dio. Questi religiosi annettono il preesistente monastero benedettino di San Bartolomeo destinandone alcuni locali alla cura dei malati. Nasce così un vero e proprio ospedale ed uno dei suoi maggiori esponenti, Fra’ Pietro Soriano, con spirito fortemente innovativo stabilisce che ogni paziente debba avere un letto singolo ed essere ricoverato in reparti specialistici.

Così gli ospedali, da ricoveri, diventano “fabbriche della salute” con dotazioni di medici, chirurghi e infermieri.

Nel 1600 sorge l'Ospedale Israelitico per offrire un’idonea assistenza sanitaria agli ebrei che sono appunto reclusi nel confinante Ghetto e comunque con accesso libero a tutti i malati di qualsiasi fede e provenienza.

Nel 1656 per la comparsa di una grave e diffusa epidemia di peste e quindi una conseguente grande richiesta di assistenza, cure e ricoveri, viene costruito il cosiddetto Lazzaretto Brutto a supporto dell’ormai saturo Ospedale San Giacomo degli Incurabili operante già dal 1339.

Arriviamo così nell’Era Contemporanea dove, specie nel XIX sec., continua la vocazione sanitaria dell'isola che si rivela particolarmente utile nelle epidemie di colera (1832), nella cura e assistenza dei feriti della Guerra della Repubblica romana (1849), poi di quelli di Porta Pia (1870) e delle popolazioni coinvolte nelle due Guerre Mondiali (1915-1918 e 1939-1945).

A questo proposito ci interessa particolarmente riferire che l'isola, con la sua relativa struttura sanitaria, ha avuto un ruolo fondamentale nel salvataggio e nella cura degli ebrei perseguitati e ricercati secondo le Leggi Razziali del 1938 per essere poi avviati ai campi di concentramento e di sterminio. Al fine di evitarne la cattura, vengono ospitati e nascosti in luoghi sicuri: nell’Ospedale Fatebenefratelli viene allestito un reparto riservato a malati definiti “contagiosissimi” e “pericolosissimi”. Questi malati perciò vengono etichettati come affetti dal terribile “Morbo di K”, termine convenzionale ideato sarcasticamente dal Dott. Sacerdoti per scherno nei confronti dei militari tedeschi Kappler e Kesserling, veri responsabili della caccia e distruzione degli ebrei. Di questo reparto speciale, collocato nella Sala Assunta del Fatebenefratelli, sono responsabili il Primario Giovanni Borromeo e il Dott. Ossicini, che hanno talmente rischiato la loro vita e quella dei familiari da essere poi riconosciuti “Giusti fra le nazioni”, come tributo al loro eroico comportamento.

Successivamente la Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, Comunità ebraica della Shoah, definisce significativamente l'ospedale “Casa di vita”, nell’osservanza del proverbio talmudico “chi salva una vita è come se avesse salvato il mondo intero”.

Oggi l'Ospedale Fatebenefratelli è un’imponente struttura sanitaria multidisciplinare molto attiva e complessa e, per quanto ci riguarda, ospita anche un efficiente Servizio Dermatologico ambulatoriale, attivo da circa mezzo secolo, suggerito e supportato a suo tempo dal Prof. Umberto Granelli, famoso Direttore Primario del vicino Ospedale San Gallicano che, allorquando raggiunse l’età della pensione, terminò la sua carriera nell’Ambulatorio Dermatologico dell’Isola Tiberina.

A riprova dell’efficienza e validità della struttura nosocomiale, nel Giugno 2022 è stata decisa l’annessione del glorioso Ospedale Fatebenefratelli al grande Policlinico Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

In conclusione, alla luce di questo sia pur sommario excursus storico, si può affermare che è confermata la perenne vocazione dell'Isola Tiberina alla cura del corpo e dell'anima nei più diversi credi religiosi. E quindi appare pienamente giustificato l’appellativo di “sacra” o “santa”, suggerito e confermato da molti studiosi, specie cultori e comunicatori della storia della Medicina-Dermatologia.