Prof.ssa Mirella Tronci

Consigliere della Fondazione San Camillo-Forlanini

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 2, Aprile - Giugno 2023

Simposio: Rischio clinico e sicurezza del paziente. Conoscere per prevenire

17 gennaio 2023

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La cultura della cura sicura

M. Tronci

In Sanità, in linea generale, si ritiene che ogni investimento in denaro, personale e tecnologia debba portare nel tempo ad un miglioramento per quanto riguarda l’appropriatezza della richiesta e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate, intesa quest’ultima in termini di efficacia, efficienza e sicurezza. Questo pensiero è corretto solo in parte, perché se gli investimenti dianzi citati non sono accompagnati da altrettanto impegnativi investimenti nella formazione - sia per quanto riguarda la formazione specialistica clinica degli operatori sanitari che la informazione sanitaria di base di pazienti e loro familiari - e nella cultura della sicurezza e della qualità delle cure, cioè quindi nella “cultura della cura sicura” - ogni sforzo economico risulterà vano.

Cosa intendiamo oggi per prestazione appropriata? Intendiamo una prestazione giusta, fatta al paziente giusto, nel modo giusto, nel tempo giusto, nel momento giusto, nel posto giusto. Riferire in maniera letterale questa definizione in via teorica è facile, meno facile è ottemperare in pratica al dettato delle varie articolazioni della stessa, tenendo bene a mente che non sempre fare di più è bene per il paziente, anzi spesso fare di meno è meglio (less is better).

Cosa intendiamo dire oggi quando affermiamo che una prestazione sanitaria è di qualità? Quando la prestazione è il risultato della integrazione e della sinergia di diversi fattori quali efficienza, efficacia, equità, partecipazione degli utenti, appropriatezza e sicurezza.

Il sistema sanitario è un sistema estremamente complesso in cui interagiscono molteplici fattori, eterogenei e dinamici, tra questi possiamo citare la pluralità delle prestazioni sanitarie erogabili, delle competenze specialistiche e dei ruoli professionali impegnati, siano essi tecnico-sanitari e/o economico-amministrativi, senza tralasciare poi l’eterogeneità dei processi e dei risultati da conseguire. Tutti gli elementi del sistema devono integrarsi e coordinarsi tra loro per rispondere ai bisogni assistenziali del paziente ed assicurargli la migliore cura possibile. Per ottenere ciò con continuità, non vanificare gli sforzi e le risorse impegnate, è necessario attivare tra l’altro, last but not least, anche rigorose procedure di sicurezza.


Gli errori

Come in altri sistemi complessi anche in ambito sanitario possono verificarsi errori e talora incidenti di vario grado di gravità.  Per molti anni si è tentato di trasferire in Sanità le procedure di sicurezza progettate per gli altri settori, ma nel settore sanitario prevale il “fattore umano”, nel contempo risorsa e criticità, diversamente da quanto succede in genere negli altri settori dove prevale un fattore di tipo “meccanicistico”. La “performance” individuale è variabile e, soprattutto, i risultati dei processi non sempre sono prevedibili e riproducibili perché “variabili”, e pure di molto, sono anche gli “oggetti della cura”, cioè gli esseri umani in tutta la loro complessità e diversità biologica e culturale.

La possibilità che si verifichi un evento avverso dipende spesso, oltre che da una causa diretta e immediata - cioè da una “insufficienza attiva”- rappresentata da un errore umano, da una procedura non rispettata, da una distrazione o da un incidente di percorso che ha direttamente consentito il verificarsi dell’evento stesso - anche dalla presenza, nel sistema, di “insufficienze latenti”, ovvero insufficienze o errori di progettazione, organizzazione e controllo, che restano silenti nel sistema finché un fattore scatenante non li rende manifesti in tutta la loro potenzialità, causando danni più o meno gravi, a volte reversibili, a volte no.


La “teoria del formaggio svizzero” (James Reason)

La denominazione di questa teoria si rifà alla esemplificazione grafica che James Reason diede per descrivere in quale modo può manifestarsi un evento avverso. Tale modello è un cosiddetto system failure ovvero un modo per rappresentare come, nei sistemi complessi (e non solo in quelli sanitari), si possano verificare situazioni tali da determinare eventi anche catastrofici. In tutte le attività che si susseguono per raggiungere un determinato outcome (che sia in relazione ad una attività produttiva, nucleare, bancaria, sanitaria, aerospaziale o altro) ogni procedura può essere esposta ad un rischio di non essere completata adeguatamente.

Nella Fig. 1 le “fette” rappresentano le difese del sistema, i “buchi” rappresentano invece i difetti del sistema, l’assenza di meccanismi di controllo, che possono portare, insieme ad altre carenze, ad un evento avverso.

Un esempio: mancata anamnesi su allergia ad un farmaco.

  • il medico prescrive il farmaco, ma non raccoglie la storia clinica del paziente con riferimento specifico alle allergie;
  • il farmacista non verifica se sia stata accertata l’idiosincrasia al preparato prescritto;
  • l’infermiere somministra il farmaco;
  • il paziente va in arresto e muore.

Ad ogni livello, se una delle difese organizzative di controllo previste da procedure condivise tra i vari attori, è messa in atto, l’evento avverso viene bloccato ed il danno non avviene. Se invece, le “fette”, cioè le difese, consentono un allineamento dei “buchi”, cioè dei difetti, come rappresentato nella Fig. 1, si può verificare un evento avverso, come nell’esempio riportato, con il conseguente danno, in questo caso il decesso del paziente.

 

Fig. 1.  Il modello di Reason:” the Swiss cheese model”

 

L’individuazione dell’errore “attivo” non esonera dalla ricerca degli errori “latenti”, e questo perché sono le insufficienze del sistema che devono essere rimosse se si vuole raggiungere un efficace controllo del rischio, ovvero ridurre la probabilità che si verifichi un errore (attività di prevenzione) e contenere le conseguenze dannose degli errori comunque verificatisi (attività di protezione e di cura). In ogni caso molto importante è non negare mai gli errori e non nascondere i “quasi errori”, ma invece riconoscerli, studiarli, farne tesoro, e poi utilizzarli per migliorare la performance propria e delle altre varie professionalità coinvolte nel processo di cura.


Il principio di precauzione

Negli ultimi decenni è cresciuta la consapevolezza che la scienza spesso fornisce risposte provvisorie e che, in alcune circostanze, occorre prendere decisioni in assenza di dati scientifici consolidati oppure in presenza di dati contradditori e non conclusivi. Il principio di precauzione si applica a circostanze di questo tipo. Il principio di precauzione è dunque un principio di azione che impegna a prendere misure provvisorie e flessibili di fronte a potenziali rischi - per i quali non si dispone di sufficienti dati scientifici oppure si dispone di dati scientifici incerti o contraddittori - senza attendere il progresso delle conoscenze. È importante sottolineare che tutti i documenti che definiscono i criteri di attuazione del principio di precauzione evidenziano come il principio sia applicabile a casi in cui, pur nell’incertezza sulla probabilità o sulla intensità del danno, il rischio è in qualche modo identificato e quindi deve essere posto sotto controllo.


La Medicina difensiva

I media sono molto attenti agli “errori” in ambito sanitario; ogni giorno quotidiani e riviste riportano casi più o meno eclatanti di presunta o reale “malasanità”. Alcune categorie di «professionisti» sono molto attente all’errore clinico, o meglio al presunto errore clinico, degli altri. Per il proprio tornaconto? Per un desiderio di giustizia astratto o desiderio di giustizia verso il paziente che ha subito un danno? Fatto sta che le denunce per errore sanitario sono in continuo aumento con variazioni notevoli nelle varie aree geografiche (Nord 32,2%; Centro 23,2%; Sud e Isole 44,5%).

È ormai noto come la sempre più diffusa tendenza a portare nelle aule dei tribunali le controversie nate da rischi ed errori in ambito medico abbia condotto a sviluppare una sorta di atteggiamento, cosiddetto di “medicina difensiva”, che spinge il medico ad astenersi dall’atto che gli compete in funzione della probabilità che il “rischio sanitario” del paziente diventi un “rischio giuridico” per il medico stesso. Da notare inoltre che la sempre maggiore sensibilità dei medici verso le possibili conseguenze giudiziarie dei propri atti è anche una delle cause del sempre più frequente ricorso ad esami diagnostici non necessari, che da “complementari” diventano così “indispensabili” con conseguente aumento del livello di inappropriatezza prescrittiva e della spesa sanitaria. Inoltre le sentenze di condanna sia in sede civile con ricadute risarcitorie che, più raramente, in sede penale con possibili ricadute sulla libertà individuale, stanno comportando un profondo cambiamento nel campo degli obblighi assicurativi, e relativi oneri, per i professionisti e per i loro datori di lavoro.


Cambiare approccio, ma come?

Ormai da tempo è apparso chiaro che per ridurre il rischio e provare a minimizzarlo, dovevano essere implementate nuove modalità di approccio al problema, che coinvolgessero i diversi soggetti interessati ai vari livelli. A tal fine dall’inizio del nuovo millennio furono implementate a livello internazionale alcune attività, qui di seguito citate a titolo di esempio non esaustivo:

  1. Nel 1999 Bill Clinton, decise di istituire una Commissione per studiare il fenomeno e per dare poi attuazione alle raccomandazioni contenute nel rapporto finale dei lavori. Fu istituito il “National Center for Patient Safety” allo scopo di ridurre gli eventi avversi, attraverso la promozione di una nuova cultura di approccio all’errore non più basata sulla ricerca e la condanna del colpevole (“blame and shame”), ma sulla individuazione degli errori, sulla ricerca delle cause e sulla messa in atto delle azioni correttive.
  2. Nel 2005 la WHO World Alliance on Patient Safety organizzò a Londra il «Patient Safety workshop»; 21 esperti furono chiamati a condividere esperienze e idee sul tema della sicurezza. L’outcome di tale iniziativa è rappresentato dalla “Dichiarazione di Londra” che rende esplicito l’impegno verso il tema della sicurezza. Nel documento viene anche ribadito il diritto ad un’assistenza sicura con la seguente affermazione: “…. faremo della riduzione degli errori correlati all’assistenza sanitaria un diritto umano di base”.
  3. Sempre nel 2005 analoga iniziativa fu intrapresa in ambito U.E. e la “Dichiarazione del Lussemburgo” sulla sicurezza dei pazienti, cioè il documento finale dei lavori, raccomanda che la sicurezza del paziente sia una priorità per la politica sanitaria di tutti gli Stati membri dell’Unione, e fornisce specifiche raccomandazioni tra cui l’utilizzo sistematico di un programma di Risk Management. Inoltre, ribadisce che l’accesso a cure di alta qualità è un diritto umano riconosciuto dall’U.E. I pazienti hanno il diritto di attendersi che ogni sforzo verrà compiuto per assicurare la loro sicurezza come utenti dei servizi sanitari.
  4. Nel 2006 la SIQuAS-VRQ, Società Italiana per la qualità dell’Assistenza Sanitaria, nella convinzione dell’importanza di dare un contributo allo sviluppo della conoscenza da parte dei soggetti italiani coinvolti nella problematica della gestione e riduzione dei rischi e dei danni per i pazienti assistiti dai sistemi sanitari, ha prodotto un documento costituito da proprie raccomandazioni implementate con raccomandazioni derivanti dalla letteratura più recente. Il documento citato è affiancato, in allegato, da tre liste di raccomandazioni delle azioni più efficaci da effettuare nell’immediato per garantire l’affidabilità pubblica del sistema sanitario in prevenzione dei rischi che i pazienti affrontano tutte le volte che vengono trattati dal sistema sanitario; due di esse sono prodotte da organizzazioni americane (l’AHRO e il NQF) ed una dall’associazione degli ospedali canadesi (Wong & Beglaryan -2004). Tutte queste raccomandazioni sottolineano l’importanza di creare una “cultura della sicurezza delle cura” e di fornire una formazione di base e permanente a tutti i professionisti sanitari (con il coinvolgimento in tale mission delle Università, delle Società Scientifiche, degli Ordini Professionali, delle associazioni professionali, ecc.. per la parte formativa, e dei Governi Regionali per il necessario finanziamento dei programmi di formazione e sviluppo a supporto della sicurezza degli ospedali e delle altre strutture sanitarie).

Vanno pertanto progettati specifici “modelli di controllo del rischio clinico”, con l’obiettivo di prevenire il verificarsi di un errore e, qualora questo accada, contenerne le conseguenze.

Nella promozione della sicurezza del paziente è necessario prevedere il coinvolgimento degli “stakeholder”. Il termine “coinvolgimento” viene inteso come la sequenza integrata di azioni finalizzate a:

1) rendere le persone consapevoli:

a. del loro ruolo potenziale rispetto al fenomeno “rischio clinico”;

b. delle loro responsabilità rispetto allo stesso, alla sua prevenzione e gestione;

c. delle azioni da intraprendere e del loro impatto;

2) intervenire rispetto al rischio, in termini di prevenzione o gestione.

In un circolo virtuoso ciascuno di questi momenti è propedeutico e preparatorio rispetto all’altro.

Gli “stakeholder” principali, cioè i portatori di interesse, per la promozione della sicurezza sono:

  • i cittadini fruitori dei servizi sanitari, i familiari, gli informal caregivers (ossia le persone che accudiscono, quali badanti, volontari che collaborano nel supporto durante i processi di assistenza);
  • le organizzazioni di rappresentanza dei cittadini e le associazioni di volontariato;
  • gli enti locali che concorrono alle decisioni sulle politiche ed alle erogazioni di servizi che concorrono alle prestazioni sanitarie;
  • il personale ed i dirigenti delle aziende sanitarie e delle ASL;
  • i fornitori (tra cui anche gli altri prestatori d’opera, quali ad esempio le cooperative);
  • gli studenti che effettuano tirocini e stage nei servizi sanitari;
  • le categorie professionali, i sindacati, gli assicuratori.

Sulla base di quanto sopra, e quindi del rinnovato interesse per la “cura sicura”, a partire dal 2017 in Italia è stata individuata nel 17 settembre la data per celebrare la “Giornata mondiale per la Sicurezza del Paziente”. In tale occasione ogni anno le varie Istituzioni competenti in campo sanitario, quali Ministero della salute, I.S.S., gli IRCCS, e anche istituzioni universitarie quali la L.U.I.S.S., e altre Università, organizzano manifestazioni sull’argomento e mettono a disposizione degli stakeholder nuove pubblicazioni di aggiornamento sul tema della sicurezza dei pazienti e della gestione del rischio in Sanità.

Alla luce di quanto finora detto è lecito affermare che l’attenzione delle istituzioni sul problema sicurezza è oggi alta e che sono disponibili per tutti gli stakeholder risorse economiche anche se limitate, e anche strumenti formativi e strumenti gestionali specificamente approntati. Di conseguenza però è anche lecito ribadire ciò che scriveva Marco Tullio Cicerone “Errare è umano, ma il perseverare nell’errore può essere solo l’azione di uno stupido”.


BIBLIOGRAFIA

Choosing wisely. “Do you really need that medical test or treatment? The answer may be no”. https://www.choosingwisely.org/wp-content/uploads/2018/03/Do-You-Need-That-Test_4x9-Eng.pdf.

Institute of Medicine (US) Committee on Quality of Health Care in America. To Err is Human: Building a Safer Health System. Kohn LT, Corrigan JM, Donaldson MS, editors. Washington (DC): National Academies Press (US); 2000. PMID: 25077248.

Mackay IM. The Swiss Cheese Respiratory Virus Defence. figshare. Figure. 2020. https://doi.org/10.6084/m9.figshare.13082618.v26.

Ministero della Salute. Dipartimento della Qualità. Risk management in Sanità. Il problema degli errori. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_583_allegato.pdf.

Reason J. (1990-04-12). The Contribution of Latent Human Failures to the Breakdown of Complex Systems.  Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci 1990; 327: 475-84.

Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria (SIQuAS-VRQ). Raccomandazioni sulla gestione del rischio clinico per la sicurezza dei pazienti. Milano, 2006. www.siquas.it.

WHO. The WHO World Alliance  for Patient Safety. https://www.who.int/teams/integrated-health-services/patient-safety.