Anno Accademico 2022-2023

Vol. 67, n° 1, Gennaio - Marzo 2023

Seduta Inaugurale

08 novembre 2022

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Prolusione. Cambiamenti climatici, ambiente e salute

F. Cotana


Introduzione

Presso il Centro Interuniversitario di Ricerca sull’Inquinamento e sull’Ambiente Felli CIRIAF, sono attivi da oltre 20 anni gruppi di ricerca sui temi dell’ambiente, dei cambiamenti climatici e sugli effetti dell’inquinamento sulla salute umana. Il CIRIAF, istituito nel 1997 dal prof. Mauro Felli inizialmente tra l’ateneo di Perugia e Roma 3, oggi può vantare l’afferenza, con delibera dei rispettivi organi di governo, di 10 Atenei e, al consiglio scientifico del CIRIAF, partecipano oltre cento docenti universitari anche di altre Università e del CNR. I membri del consiglio CIRIAF sono in prevalenza ingegneri e medici, ma anche agronomi, architetti, veterinari, chimici, giuristi, economisti e letterati, sono organizzati in sezioni e sezioni strutturate. Tra le sezioni strutturate giova ricordare: il CRB, Centro Nazionale di Ricerca sulle Biomasse, e la SSTAM, Scuola Superiore Territorio Ambiente e Management (entrambi i centri sono stati istituiti dal Ministero dell’Ambiente presso l’Ateneo di Perugia, rispettivamente nel 2003 e nel 2006, poi nel 2013 e nel 2015 integrati nel CIRIAF come sezioni autonome) (Fig. 1).

 


Fig. 1.
CIRIAF - Attività di ricerca interuniversitaria e interdisciplinare tra medici e ingegneri.

 

Il CRB può vantare da 18 anni anche un dottorato di ricerca internazionale e industriale nel cui collegio dei docenti sono presenti oltre a ingegneri e agronomi anche i medici di Medicina del Lavoro dell’Ateneo e vari docenti di prestigiose università internazionali, tra cui il Premio Nobel ing. Shūji Nakamura inventore del led blù e delle lampade a led. Non di minore importanza è il CRC, Centro di Ricerca sul Clima e i Cambiamenti Climatici, istituito nel 2006 tra 6 dipartimenti e centri dell’Università di Perugia, anche tale centro dal 2015 è divenuta una sezione strutturata del CIRIAF.

Dopo la prematura morte del prof. M. Felli, da 22 anni ogni anno, nella prima quindicina di Aprile, si svolge il congresso nazionale CIRIAF da me presieduto, con il tema interdisciplinare dal titolo: Sviluppo Sostenibile, Tutela dell’Ambiente e della Salute Umana” e l’attribuzione a ricercatori del settore della Medicina, del concomitante “Premio Felli”, assegnato a ricerche effettuate nel campo interdisciplinare dell’ambiente e della salute umana.

È da questo patrimonio ventennale di ricerche interdisciplinari che mi accingo ad affrontare il tema dei cambiamenti climatici, ambiente e salute.

Iniziando dai cambiamenti climatici, è ormai consolidata la convinzione, nel modo scientifico, che il considerevole incremento dei gas serra in atmosfera sia la principale causa dell’incremento della temperatura media del pianeta e dell’aumento degli eventi meteo estremi (uragani, tempeste, bombe d’acqua e nubifragi, elevate escursioni termiche), con temperature massime mai registrate negli ultimi 150 anni. In effetti la concentrazione della CO2 in atmosfera, per l’intenso uso dei combustibili fossili, ha raggiunto i 420 ppm in pochissimo tempo se confrontato con le escursioni degli ultimi 300.000 anni (Fig. 2). Sebbene in passato la Terra ha vissuto escursioni della sua temperatura media anche di 8 °C in 100.000 anni, quello che avviene oggi non ha precedenti in termini di rapidità e velocità dei fenomeni perché sta accadendo in meno di 150 anni. Sono oltre 37 i miliardi di tonnellate di CO2 equivalente che ogni anno vengono immessi in atmosfera per l’uso dei combustibili fossili, oltre a questo, milioni di tonnellate di macro inquinanti come NOx e SOx e polveri sottili rendono vaste aree del Pianeta particolarmente inquinate da avere impatti rilevanti sulla salute umana (Fig. 3).

Gli effetti diretti e indiretti dell’uso dei combustibili fossili sulla salute umana son ben noti da molto tempo e sono ben rappresentati nella Fig. 4 (malattie polmonari, cardiovascolari, tumori, etc).

La COP21 di Parigi del 2015 ha fissato i limiti di incremento della temperatura media del pianeta a 1,5 °C al 2050 e ha dato avvio all’agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile con la definizione dei 17 SDGs Sustainable Development Goals. Tale importantissimo evento era stato preceduto di qualche mese dalla pubblicazione il 24 Maggio 2015 dell’Enciclica “Laudato Sii” di Papa Francesco.

Potremmo dire che il 2015 è stato un anno di svolta in cui si è iniziato a mettere in atto concretamente le strategie per quella lunga corsa di 35 anni che viene ormai da tutti definita come il temine di “decarbonizzazione” dell’economia (Fig. 5).

 

 


Fig. 2.
Emissioni di CO2 e effetto serra e conseguenze planetarie.

 


Fig. 3.
Variazioni della temperatura media terrestre e concentrazione della CO2.

 


Fig. 4.
Effetti diretti e indiretti dell’uso dei combustibili fossili sulla salute umana.


Fig. 5.
Ipotesi di piano di decarbonizzazione al 2050 dell’Economia italiana.

 


La decarbonizzazione dell’Economia in 27 anni

Oggi viviamo proprio in questo periodo di transizione verso la decarbonizzazione dell'economia mondiale da raggiungere nel 2050 (almeno in Europa), in attuazione al protocollo di Parigi del 2015 della COP21. Per questo ambizioso obiettivo tutte le tecnologie per il contrasto, la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici, vanno implementate con rapidità e senza indugio.

Il bilancio energetico dell’Italia, ad esempio, mostra come il 40% dell’energia consumata sia legata agli usi Civili, in particolare per riscaldamento e raffrescamento delle nostre abitazioni, il 30% per i Trasporti e, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, solo il 27% all’Industria, mentre i consumi energetici in agricoltura sono solo del 3%. Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) nel 2020 aveva stabilito una riduzione di circa il 40% di CO2 in Italia da raggiungere nel 2030; nel 2021 la direttiva UE Fit For 55 ha incrementato tale obiettivo con una riduzione media in Europa delle emissioni di CO2 al 2030 del 55%.

Recentemente la guerra in Ucraina ha costretto l’UE a rivedere il piano di decarbonizzazione Europeo con la direttiva Repower EU del 18 maggio 2022 che ha stanziato 300 miliardi di euro per incrementare alcuni obiettivi al 2030, tra questi ricordiamo:


a. incremento delle rinnovabili al 45% (tali impianti diventano di interesse pubblico prevalente);
b. maggiore efficienza energetica pari al 13%;
c. produzione europea di idrogeno verde pari al 10 milioni di tonnellate annuo più altri 10 da importazioni;
d. riduzione immediata dei tempi di autorizzazione per la realizzazione degli impianti a massimo un anno.

 

L’attuazione di un serio piano di decarbonizzazione in Italia entro il 2050 comporterebbe entro i prossimi 27 anni:


- un incremento dell’Efficienza energetica del 30%, riducendo i consumi dagli attuali 126 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) a 90 Mtep;
- un Incremento della Produzione di Energia da fonti rinnovabili del 77%, incremento pari a 70 Mtep. Il mix di energie rinnovabili sfruttabile annuo avrebbe nell’eolico e soprattutto nelle biomasse e nel fotovoltaico i punti di forza maggiori. Solo per il Fotovoltaico occorrerebbero oltre 150.000 ettari di superficie per installare impianti per circa 250 GW (miliardi di watt) di potenza di picco;
- la produzione di idrogeno rinnovabile dovrebbe raggiungere circa i 5,4 milioni di tonnellate annue pari al 18% del consumo energetico nazionale.


L’Idrogeno come vettore energetico

In merito a tale prospettiva, la decarbonizzazione nei prossimi anni prevede due vettori energetici: l’Idrogeno rinnovabile e l’energia elettrica.

Mentre l’energia elettrica è già ampiamente utilizzata e richiederà reti elettriche potenziate e intelligenti per poter bilanciare in ogni istante la produzione e l’utilizzazione dell’energia, per quanto riguarda l’idrogeno rinnovabile occorre perfezionare e sviluppare ancora tecnologie capaci di migliorare e perfezionare la produzione, lo stoccaggio, il trasporto e l’utilizzazione dell’idrogeno stesso.

Le auto elettriche consentono una modesta autonomia e sono destinate prevalentemente al trasporto urbano. L’auto a Idrogeno è un’auto elettrica in cui l’elettricità è prodotta a bordo grazie a dispositivi elettrochimici denominati celle a combustibile. In tali dispositivi l’idrogeno proveniente dalle bombole a bordo del veicolo è utilizzato con l’ossigeno dell’aria per una reazione elettrochimica senza combustione che permette la produzione ad alta efficienza (oltre il 60%) di elettricità e, come scarto, si ha soltanto la produzione di un innocuo vapore acqueo. I vantaggi sono evidenti: il rifornimento è fatto in pochi minuti e l’autonomia con 6 o 7 kg di idrogeno raggiungendo i circa 700 km è confrontabile con quella delle attuali autovetture a benzina o a gasolio.

Già esistono in commercio auto a Idrogeno prodotte in Corea del Sud e in Giappone ma in Europa ancora manca una adeguata rete di distributori di idrogeno rinnovabile e soprattutto i costi di questo nuovo vettore energetico sono ancora competitivi con i combustibili fossili. In Italia a Bolzano nell’unico distributore aperto al Pubblico il prezzo per ogni kg di Idrogeno supera i 16 euro e, sebbene con un kg di idrogeno una autovettura percorre circa 100 km, il prezzo è troppo elevato per immaginare nel breve una diffusione delle auto a idrogeno. 


Fig. 6.
Produzione di Idrogeno rinnovabile dal Legno: confronto tra “Steam Gasification” e Elettrolisi.

Ma come viene prodotto oggi l’idrogeno e come potrebbe essere prodotto a costi contenuti? Contrariamente a quanto potremmo immaginare, la tecnologia più diffusa per la produzione dell’idrogeno non è l’elettrolisi dell’acqua ma la tecnologia chimica è costituita dalla “Steam Reforming” del metano (gas naturale) che rappresenta circa il 95% dell’intera produzione mondiale, ovviamente tale idrogeno non è rinnovabile in quanto il gas naturale è una fonte energetica fossile che ha come scarto l’emissione di CO2 in atmosfera (Fig. 6).

Sebbene la produzione di idrogeno Rinnovabile attraverso elettricità da fonti rinnovabili con il processo di elettrolisi dall’acqua, sia la strada principale indicata dall’Unione Europea, esistono altre tecnologie in avanzato stato di sviluppo e pre-commercializzazione o addirittura tecnologie già consolidate e immediatamente disponibili che permettono di produrre idrogeno a basso costo a partire da biomasse.


Fig. 7.
Produzione di Idrogeno rinnovabile a basso costo da Legno.

In primo luogo le biomasse erbacee e/o zuccherino-amidacee sono già ampiamente utilizzate negli impianti di digestione anerobica per la produzione di biogas e la generazione di energia elettrica incentivata con appositi motori-generatori. Con la cessazione degli incentivi, tali impianti possono essere facilmente trasformati per la produzione di bio-metano o metano rinnovabile che può essere immesso in rete o trasportato in carri bombolai. Gli attuali impianti di “Steam Reforming” per la produzione di idrogeno alimentati a gas naturale, potrebbero essere alimentati da questo nuovo bio-metano in modo che l’idrogeno prodotto sia idrogeno rinnovabile. L’incremento della produzione di bio-metano da biomasse erbacee potrebbe essere anche ottenuto incrementando la costruzione degli impianti di digestione anaerobica e utilizzando i rifiuti organici da raccolta differenziata o le biomasse erbacee ottenute dalla coltivazione di una parte degli oltre 4 milioni di ettari abbandonati dagli agricoltori negli ultimi 50 anni. Ma il contributo maggiore alla produzione di Idrogeno rinnovabile potrebbe arrivare dai boschi e dalla filiera legno energia. Senza passare dall’elettricità ma utilizzando direttamente l’energia dei legami chimici delle biomasse ligno-cellulosiche, frutto dell’energia solare accumulata con la fotosintesi clorofilliana, è possibile utilizzare il processo di “Steam Gasification” per produrre direttamente Idrogeno con rendimenti altissimi e quindi con costi inferiori a 3 Euro al Kg di idrogeno, come nell’impianto di SENDEN in Germania o nel prototipo dell’ENEA Trisaglia in Basilicata (Fig. 7).

Del resto i boschi sono in continuo aumento in Europa e, in Italia meno del 30% del legno che cresce ogni anno viene utilizzato, contro una media europea di oltre il 75%. I boschi italiani, costituiti da oltre 12 milioni di ettari gran parte abbandonati e non coltivati, sono prevalentemente boschi cedui e necessitano di un accorta pratica silvi-colturale che consenta ogni 30 anni di rinnovare il bosco stesso. Tale pratica permette di incrementarne la capacità di assorbire CO2 dall’atmosfera, prevenire gli incendi tutelando la biodiversità, coltivare i prodotti del sottobosco incrementandone anche gli usi turistici e i servizi ecosistemici.

Giova infine sottolineare che, a differenza della produzione di idrogeno da elettrolisi con elettricità rinnovabile (da fotovoltaico, eolico, idroelettrico o geotermico), l’uso delle biomasse è l’unico modo che consente la produzione di idrogeno rinnovabile e al tempo stesso l’assorbimento della CO2 dall’atmosfera e lo stoccaggio di una parte di questa nel terreno sotto forma, rispettivamente di compost da biomasse erbacee o biochar da biomasse ligno-cellulosiche.


La mitigazione del Cambiamento Climatico e la solidarietà tra i popoli

Il processo di decarbonizzazione dei paesi più ricchi non basta da solo ad assicurare uno sviluppo sostenibile e armonioso della civiltà umana. Al contrario impedire l’uso di combustibili fossili a paesi poveri in via di sviluppo potrebbe far piombare tali paesi nella miseria e nelle guerre civili innescando grandi processi di emigrazione.

Nel breve periodo occorre perseguire a livello mondiale gli obiettivi dell'agenda ONU 2030 (Fig. 8) per lo sviluppo sostenibile che coniugano la tutela dell'ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici e la solidarietà con:


- il contrasto alla povertà, alla fame e alle disuguaglianze;
- la disponibilità di energia pulita e di acqua come beni primari per lo sviluppo economico, l'innovazione e il lavoro, la tutela della salute umana;
- la pace, la giustizia e l'istruzione come presupposto per la cooperazione e la solidarietà tra i popoli.

 


Fig. 8
. I diciassette obiettivi dell’agenda ONU 2030 in relazione alle 3/5 P (Planet, People, Prosperity).

 

Per tali finalità e obiettivi, sono inseriti, nell'agenda del padiglione Italiano della Conferenza mondiale sul Clima COP27, numerose proposte e progetti che coinvolgono i giovani, il mondo delle Università e della ricerca Italiana.    

Tra questi abbiamo avuto il piacere e l’orgoglio di poter illustrare come “side event” della COP27 il progetto ALBEDO, proposto dal CIRIAF dell'Università di Perugia e supportato dalla Fondazione Sorella Natura di Assisi (riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente) che, oltre a contribuire a mitigare il riscaldamento globale, misurandone gli effetti da satellite, ha importanti risvolti sociali per popolazioni povere, in particolare Africane, nell'area sub-sahariana (Fig. 9).

 


Fig. 9.
Ruolo fondamentale dell’Albedo (radiation reflected) nel bilancio energetico della terra.

 


Fig. 10
. Gruppo di ricerca internazionale sull’effetto dell’Albedo e sui materiali riflettenti.

Tale progetto, a cui la ricerca Italiana del CIRIAF con 10 Atenei italiani consorziati (Pavia, Firenze, Pisa, Roma3, Roma La Sapienza, l'Aquila, Cassino, Bari, Lecce) e altri gruppi internazionali (Fig. 10) ha dato un rilevante contributo, prevede lo sviluppo di un'orticoltura estensiva, con l'uso di una speciale membrana innovativa riciclabile ad elevato Albedo per la pacciamatura, la raccolta dell'acqua piovana, la subirrigazione e la riflessione della radiazione solare onde mantenere fresco il terreno (Fig. 11).

Il risultato che viene perseguito è quello di produrre cibo in abbondanza con pochissima acqua nelle aree maggiormente soleggiate e semiaride del Pianeta (Figg. 12 e 13). Inoltre, la commercializzazione, anche su base volontaria, dei crediti di compensazione dell'anidride carbonica, certificata con misure e monitoraggi da satellite, permetterebbe di autofinanziare la diffusione del progetto su larga scala, facendo crescere una economia locale in grado di alleviare le sofferenze di certe popolazioni costrette per ragioni economiche all'emigrazione. Il Fondo “Loss and Demage”, che sarà istituito a conclusione della COP 27 il prossimo 18 novembre, potrà avviare il progetto che poi si autofinanzierà grazie ai crediti di carbonio equivalenti certificati attraverso il monitoraggio e le misure da satellite (Fig. 14).

L’auspicio è che l’Italia abbia un ruolo rilevante nel progetto, contribuendo all’istituzione di una agenzia per la certificazione dei crediti di carbonio equivalenti generati dall’incremento dell’albedo terrestre, con le pratiche agro-orticole proposte. Determinante sarà l’uso dei satelliti per l’osservazione e la misura dallo spazio degli effetti sul contenimento della temperatura media della Terra, grazie ai progetti che via via saranno proposti e implementati prioritariamente nelle parti povere e più aride Pianeta.

 


Fig. 11.
Membrana ad elevato albedo per la Pacciamatura di ortaggi con sub-irrigazione e raccolta di acque piovane. La quantità di radiazione solare rifessa fuori dall’atmosfera è misurata e contabilizzata da satellite.


Fig. 12.
Risultati dopo 3 anni di sperimentazione: abbondanza di cibo, meno di un ventesimo di acqua utilizzata e 15 metri quadrati di superficie compensano l’effetto serra di una ton di CO2.

 


Fig. 13.
Risultati del modello tarati sul modello sperimentale: nel SAEL l’effetto serra di una ton di Co2 può essere compensato da una superficie tra 5 e 10 m2 di orticoltura con pacciamatura ad elevato Albedo.


Fig. 14.
Prospettive della tecnologia ALBEDO per popolazioni povere. Progetto da avviare anche con i fondi “Loss an Demage” istituito dalla COP 27.