Anno Accademico 2021-2022

Vol. 66, n° 4, Ottobre - Dicembre 2022

Simposio: 2022: la Guerra

17 maggio 2022

Copertina Atti Quarto Trimestre 2022 per sito.jpg

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Report dal campo di guerra

A. Arcuri


I numeri e la verità sulla guerra.

La copertura mediatica sulla guerra in Ucraina è indubbiamente ampia. Ogni giorno ci arrivano notizie di nuove esplosioni, di nuovi orrori. Eppure ci mancano alcuni elementi. Per esempio il numero delle vittime. Non abbiamo numeri certi sulle vittime civili, anche se conosciamo i particolari terribili della loro morte. Nessuna notizia sui militari e combattenti ucraini morti. Sulle vittime russe, che dovrebbero aggirarsi intorno alle 25-30 mila, le uniche notizie che abbiamo arrivano da fonti ucraine. Che le rivelano con enfasi. Talvolta i numeri compaiono su siti indipendenti russi, ma nel giro di poche ore vengono rimossi. Perché? L’informazione che abbiamo sul campo, dai vari fronti di guerra, è tutta gestita dagli ucraini. Anche i giornalisti inviati sul campo sono accompagnati da “producer” ucraini. Sono attivisti o combattenti o essi stessi giornalisti.

La Russia, dal canto suo, ha interesse a nascondere perfino il concetto stesso di guerra: fa parte in qualche modo della sua propaganda. L’Ucraina, d’altra parte, mostra le proprie ferite al mondo, gli orrori subiti, la devastazione, i propri cadaveri martoriati. Ma tende a nascondere i soldati morti, per tenere alto il morale dei combattenti, non farli scoraggiare. Tra l’altro l’Onu ha fatto sapere che sono stati ritrovati corpi di militari russi torturati. Potrebbero essere le vittime della ritorsione ucraina. E corpi russi abbandonati nelle strade. Gli ucraini dicono siano stati abbandonati dai loro compagni.  Ma anche in questo caso non abbiamo conferme indipendenti, né da parte ucraina e neppure da parte di Mosca, che certamente non vuole ammettere le sue perdite.

Dunque, abbiamo un carico notevole di informazioni, e non sempre siamo in grado di verificarle, e inoltre ce ne mancano altre, che invece sarebbero utili per capire davvero cosa sta accadendo in Ucraina. Significa, purtroppo, che l’orrore potrebbe essere più grande di quanto sappiamo realmente.


Bucha, e gli altri orrori

Bucha, Borodianka, Irpin, le stragi dei civili, di cui abbiamo visto le immagini, ci hanno sorpreso con la loro crudezza. La Russia nega siano avvenute, parla di messinscena. Chi c’è stato conferma che non è una messinscena. I corpi morti, martoriati, i loro oggetti, le loro ciabatte… impossibile una messinscena. Su questo la giustizia internazionale indagherà, farà il suo corso, per verificare che si tratti di crimini di guerra. Quanto all’accusa, che più volte il presidente ucraino Zelensky ha citato, di “genocidio”, occorre che vi sia una condizione: l’intento di eliminare una etnia, una stirpe. Probabilmente non è questo il caso. Ma la gravità della violenza resta.


I rifugiati

Fin dal giorno prima che scoppiasse il conflitto, il 24 febbraio, quando la Farnesina ha invitato a lasciare il paese perché si prefigurava la guerra, e nei primi giorni di conflitto milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina. Chi ha potuto è fuggito in treno, in macchina. File di auto si sono incolonnate verso il confine, soprattutto verso la Polonia, il paese che ha più accolto: si parla di 3 milioni di persone. Anche altri paesi hanno accolto come la Moldavia. C’è chi è fuggito verso la Russia e la Bielorussia. Gli ucraini parlano di deportazioni, forzate. Anche questo è difficile da verificare. Ma è ragionevole credere che una parte della popolazione in ucraina si senta “russa” e sia fuggita dove si sente accolta. Altri potrebbero essere stati forzati. Chi ha potuto è fuggito: donne e bambini. Chi è rimasto spesso è chi non ha potuto farlo: anziani, poveri, bambini orfani di guerra. Per questi ultimi si sono attivate associazioni locali. I minori non possono espatriare da soli, sono sotto la tutela dello stato e sono accolti in strutture “sicure” nella zona di Leopoli, più tranquilla. Gli operatori ci hanno raccontato che talvolta è meglio non prelevare i bambini rimasti soli dalle zone dove il conflitto è più duro, per evitare il rischio più grande di essere uccisi durante il tragitto verso Leopoli, dove potrebbero essere accolti. Far pervenire loro cibo e medicine, lasciarli nei rifugi, seppur con mille difficoltà, talvolta è la soluzione meno rischiosa. Una scelta difficile.


Le bambine violate

Gli stupri di guerra vengono considerati, con un cinismo impressionante “effetti collaterali dei conflitti”. Lo ha sottolineato l’Onu stigmatizzando questa pratica che mira a colpire, distruggere il nemico, minando le basi della società stessa, la dignità di un popolo. Così in Ucraina. Operatori sociali operanti sul territorio raccontano di stupri terribili, inenarrabili su bambine di 9, 10, 12 anni. Come si può guarire da ferite simili? Nel Tigray, in Etiopia, che è l’altra guerra attuale, ma dimenticata da noi media, abbiamo notizie da fonti certe di stupri su giovanissime, su suore, oltre che su donne. Molte donne della diaspora tigrina raccontano che alle donne, dopo la violenza, vengono infilati chiodi nella vagina, affinché diventino sterili. Colpire le donne per sottomettere un popolo.

Tutto questo orrore conduce a una unica ragionevole considerazione: la guerra deve finire in prima possibile. Ogni giorno di guerra trascorso equivale a decine o forse centinaia di vittime in più. Russe o ucraine, civili o combattenti. Il prolungare il conflitto serve a isolare Putin sempre di più: questo è quanto al di là dell’Atlantico si dice. Un obiettivo geopolitico. Ma a che prezzo?