Dott.ssa Giorgetta Gencarelli

Dirigente Medico Sez. Pneumologia e Riabilitazione Respiratoria, Presidio Ospedaliero Massa Marittima, Grosseto

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2015-2016

Vol. 60, n° 2, Aprile - Giugno 2016

ECM: Cuore Polmone 2016

23 febbraio 2016

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Embolia Polmonare

G. Gencarelli

Si definisce embolia polmonare (EP) la migrazione di una massa solida, liquida o gassosa di dimensioni varie (embolo) da una sede periferica attraverso una vena sistemica o dal cuore destro in un vaso del circolo arterioso polmonare con interruzione improvvisa totale o parziale del flusso di sangue che può determinare sia alterazioni respiratorie (effetto spazio morto: zone alveolari ventilate ma non perfuse); sia alterazioni circolatorie (riduzione del letto arterioso polmonare, ipertensione polmonare, cuore polmonare acuto, calo della gittata cardiaca, ipotensione arteriosa sistemica, diminuzione della portata coronarica) sia infarto polmonare emorragico.

 Nel 95% dei casi l'embolo polmonare è costituito da un coagulo ematico che si stacca da un trombo di una trombosi venosa profonda (TVP) delle vene al di sopra del ginocchio (poplitee, femorali, iliache) o da un trombo più distale non trattato estesosi prossimalmente. In percentuali molto basse l'embolo proviene dal cuore destro o dai distretti venosi della cava superiore.

Fattori di rischio acquisiti per la trombosi venosa profonda e la tromboembolia polmonare sono numerosi: sesso femminile, l'età > 40 anni, l'obesità, il fumo, le fratture o traumi degli arti inferiori, anca o pelvi, la chirurgia (ortopedica, ginecologica, urologica,  addome), le neoplasie, le gravidanza, i contraccettivi orali, le varici venose degli arti inferiori con insufficienza venosa cronica, leimmobilizzazioni prolungate, la pregressa trombosi venosa profonda con tromboembolia polmonare (TEP), le malattie mieloproliferative, lecollagenopatie, i difetti di fattori della coagulazione, la fibrillazione atriale, la presenza di cateteri come pace-maker o CVC per nutrizione parenterale o chemioterapia.

L’EP si divide in: 1) Embolia acuta massiva (è interessato oltre il 50% del letto vascolare polmonare), 2) Embolia polmonare acuta submassiva, (è interessato il 30-40% del letto vascolare polmonare) e 3) Microembolia polmonare cronica recidivante (causa di ipertensione polmonare cronica).

I sintomi più frequenti dell’EP sono la dispnea improvvisa, il dolore precordiale violento "a colpo di pugnale, la tachicardia, la tachipnea con iperpnea, la tosse, la stasi giugulare, la cianosi, lo shock circolatorio, l'emottisi fino all' arresto cardiaco (dissociazione elettromeccanica).

La diagnosi rimane uno dei più difficili problemi nella pratica clinica, si pone con indagini strumentali e di laboratorio che devono susseguirsi rapidamente secondo un ordine prioritario per non rischiare decisioni terapeutiche affrettate e potenzialmente dannose

Gli esami di laboratorio comprendono il dosaggio del D-Dimero, l'emogasanalisi e gli enzimi cardiaci.

Gli esami strumentali comprendono in prima istanza: l'ECG e la  Radiografia del Torace che permette di fare anche diagnosi differenziale con altre patologie cardio-respiratorie, a seguire l'Ecocardiogramnma transtoracico con Doppler cardiaco e TC spirale del torace con m.d.c, e se fosse necessario l'angiografia polmonare e la scintigrafia polmonare ventilatoria e perfusionale.

Nelle attuali linee guida europee per la diagnosi ed il trattamento dell’ EP, la classificazione clinica è basata sul livello di rischio di mortalità precoce, definita come mortalità intraospedaliera o a 30 giorni. Questa stratificazione permette di distinguere tra EP ad alto rischio in presenza di shock o ipotensione persistente, EP a rischio intermedio, quest'ultimo diverso in: ad alto e basso a secondo se sono presenti o assenti segni di disfunzione ventricolare destra ed elevati livelli di biomarkers di danno cardiaco, ed EP a basso rischio con funzione ventricolare destra e biomarkers cardiaci nella norma.

I pazienti con EP e shock o ipotensione sono ad alto rischio di morte intraospedaliera, in particolare durante le prime ore dopo il ricovero, il trattamento deve essere immediato ed intensivo. Oltre al supporto emodinamico e respiratorio, deve essere somministrata, per via endovenosa, l’eparina non frazionata (UFH) come trattamento anticoagulante di prima scelta. L’ulteriore terapia da somministrare appena possibile in questi pazienti è la trombolisi sistemica  con streptochinasi o urochinasi oppure rtPA. Nei pazienti con controindicazioni alla trombolisi ed in quelli in cui la trombolisi è risultata inefficace, è indicata l’embolectomia chirurgica. In alternativa alla chirurgia, in quei pazienti che hanno controindicazioni assolute alla trombolisi o nei quali questa è risultata inefficace, deve essere preso in considerazione il cateterismo percutaneo.

Nella maggior parte dei pazienti con EP acuta senza compromissione emodinamica il trattamento di prima scelta, è la somministrazione per via parenterale di LMWH o fondaparinux iniziando contemporaneamente anche la somministrazione degli antagonisti della vitamina K, con un range terapeutico di INR compreso tra 2 e 3 . In alternativa potrebbero essere utilizzati i nuovi anticoagulanti orali NAO, a meno che il paziente non soffra di insufficienza renale di grado severo.