Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 3, Luglio - Settembre 2019

Settimana per la Cultura: Premio Giovanni Maria Lancisi 2017-2018

16 aprile 2019

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Tesi di Laurea: “Cross-talk tra muscolo e cartilagine: l’irisina attenua la degenerazione cartilaginea osteoartrosica attraverso l’inattivazione dei pathway p38/ERK MAPK in vitro”. (Sintesi)

L. Ambrosio

Introduzione

L’osteoartrosi è una patologia articolare degenerativa cronica, progressiva e debilitante che colpisce selettivamente le articolazioni sinoviali. Alla sua insorgenza concorre la combinazione di diversi fattori di rischio, tra cui i più prominenti risultano essere l’età, il sesso femminile e l’obesità1.

Da un punto di vista patogenetico, il processo degenerativo coinvolge tutti i tessuti articolari, con particolare interessamento della cartilagine. Ciò si traduce clinicamente nell’insorgenza di dolore, impotenza funzionale e rigidità fino alla disabilità, giustificando il notevole impatto socioeconomico che riserva tale condizione2.

La diagnosi scaturisce dall’accostamento dei dati anamnestico-clinici e degli esami radiologici, che consentono di valutare accuratamente la gravità della patologia sulla base della presenza di lesioni caratteristiche e deformità articolari3.

Il trattamento si avvale di approcci differenti che vengono variamente adottati in base alle caratteristiche del paziente e alla gravità dell’artrosi sottostante. Le opzioni disponibili includono soluzioni conservative (modificazioni dello stile di vita e terapia farmacologica) e chirurgiche, riservate generalmente a pazienti affetti da osteoartrosi avanzata non responsiva a trattamenti non invasivi4.

Nell’ambito della terapia conservativa, risulta fondamentale incoraggiare il paziente ad intraprendere un’attività motoria regolare: l’esercizio fisico, oltre a favorire il calo ponderale, mostra anche degli effetti diretti sul miglioramento delle condizioni anatomo-funzionali dell’articolazione. Tuttavia, i meccanismi coinvolti in questo processo non sono ancora del tutto noti5, 6.

Negli ultimi anni, particolare interesse è stato rivolto verso la caratterizzazione delle miochine, molecole rilasciate dal muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico. Tra queste, l’irisina è stata fin da subito oggetto di studio per i suoi effetti pleiotropici: essa agisce principalmente sugli adipociti, favorendo la lipolisi, la termogenesi e riducendo l’accumulo intracellulare di lipidi, migliorando complessivamente il profilo del metabolismo glucidico e lipidico7.

Nondimeno, l’azione dell’irisina è stata analizzata in molteplici tipi cellulari, tra cui i miociti, di cui favorisce il metabolismo ossidativo ma anche l’ipertrofia8, e gli osteoblasti, in cui induce proliferazione, differenziamento e aumentata deposizione di matrice mineralizzata. In molte delle evidenze scientifiche disponibili, l’effetto finale dell’irisina sul metabolismo cellulare coinvolge le vie di trasduzione intracellulare extracellular signal-regulated kinase (ERK) e p38, entrambe facenti parte del gruppo delle mitogen-activated protein kinases (MAPK)9.

Obiettivi dello studio

Date queste premesse e dato l’effetto comprovato dell’irisina sull’anabolismo muscolo-scheletrico, si è ipotizzato che, attraverso l’esercizio fisico, l’irisina sia in grado di supportare il mantenimento dell’omeostasi della cartilagine articolare instaurando un vero e proprio cross-talk tra muscolo e cartilagine. Tale ipotesi è inoltre sostenuta da un recente studio che ha riportato una correlazione inversa tra i livelli di irisina nel siero e nel liquido sinoviale e il grado di osteoartrosi del ginocchio10.

Gli obiettivi dello studio sono stati rivolti alla valutazione dell’effetto dell’irisina su condrociti umani osteoartrosici, con particolare attenzione verso la proliferazione cellulare e la sintesi di proteine strutturali della matrice extracellulare cartilaginea, nonché all’identificazione dei pathway di trasduzione intracellulare coinvolti in tali processi.

Materiali e metodi

Isolamento delle cellule    

I condrociti umani osteoartrosici (hOAc) sono stati isolati dai tessuti osteocondrali di sette pazienti sottoposti ad intervento di artroplastica del ginocchio con impianto di protesi totale. Il consenso informato è stato ottenuto secondo quanto previsto dalle linee guida del Comitato Etico del Policlinico Campus Bio-Medico di Roma. Gli hOAc sono stati estratti ed isolati secondo la procedura standard11. I campioni sono stati sminuzzati e digeriti per 90 minuti a 37°C in condizioni di lieve agitazione nel mezzo di coltura Dulbecco’s Modification of Eagle’s Medium (DMEM; Corning) contenente 1% di penicillina/streptomicina (P/S; P0781, Sigma, St. Louis, MO, USA), 5% di siero bovino fetale inattivato dal calore (FBS; Corning) e 0.2% di pronasi (Calbiochem). La soluzione contenente la pronasi è stata successivamente rimossa, il tessuto rimanente è stato lavato e digerito per tutta la notte all’interno del mezzo di coltura DMEM con 1% di P/S, 5% di FBS e 0.01% di collagenasi di tipo II (Worthington). Il tessuto digerito è stato dunque filtrato attraverso una rete di silicone con pori di 45 μm; le cellule sono state lavate e risospese nel mezzo di coltura DMEM con 10% di FBS e 1% di P/S e successivamente incubate a 37°C in un ambiente al 5% di anidride carbonica. Il mezzo di coltura è stato sostituito due volte a settimana e le colture cellulari sono state osservate fino al raggiungimento di una confluenza pari al 70%. Gli hOAc derivanti dal primo passaggio sono stati utilizzati per gli esperimenti.

Coltura cellulare ed esposizione all’irisina

Dopo l’aggiunta di tripsina (Corning) e il lavaggio del campione, 1.5·105 hOAc sono stati risospesi nel mezzo di coltura e centrifugati a bassa velocità (20 g) per 5 minuti in modo da ottenere delle micromasse cellulari. Le micromasse sono state trattate o con tampone fosfato salino di Dulbecco (DPBS; Euroclone), a costituire il gruppo di controllo (Ctr), o con irisina ricombinante (r-irisina; Sigma) per 7 giorni alla concentrazione di 100 ng/ ml, ritenuta, secondo studi recenti, simile alla concentrazione fisiologica di irisina nel siero umano9. Alla fine dell’esperimento, le micromasse sono state utilizzate per effettuare il saggio con 1,9- dimetilmetilene blu (DMMB) per valutare la concentrazione di glicosamminoglicani (GAG) e per effettuare la reazione a catena della polimerasi quantitativa in tempo reale (qRT-PCR) per valutare l’espressione genica. Inoltre, gli hOAc sono stati seminati in una piastra da 24 pozzetti con una densità di 5·105 cellule/ml nel mezzo di coltura DMEM con 10% di FBS e 1% di P/S a 37°C per 24 ore. Successivamente, il mezzo di coltura è stato rimosso da ogni pozzetto e sostituito da un mezzo supplementato con r-irisina (100 ng/ml) o DPBS (Ctr) ad intervalli di 5-10-20 minuti. Le colture sono state anche esposte all’inibitore di p38 SB203580 (SB; Selleckchem) (10 μm) per 30 minuti. Gli hOAc così trattati sono stati dunque adoperati per l’estrazione delle proteine e la successiva analisi con western blot.

Proliferazione cellulare      

La colorazione con trypan blue (Abcam) è stata effettuata secondo il protocollo fornito dal produttore. Le cellule sono state prelevate previa incubazione con tripsina e successivamente contate adoperando una camera di Bürker. La conta cellulare è stata effettuata ai giorni 0, 4, 10 e 14 dall’inizio del piastramento; l’esperimento è stato svolto in triplicato per ogni paziente. I risultati sono stati espressi come numero di cellule/ml.

Valutazione del contenuto di glicosaminoglicani

Il contenuto di GAG normalizzato in base alla concentrazione del DNA è stato valutato dopo 7 giorni di coltura dei pellet cellulari. I pellet sono stati lavati con DPBS e digeriti in 100 μl di soluzione di papaina (0.25 mg/ml in 50 mM di tampone fosfato a pH 6.5 con 5 mM di cisteina idrocloruro e 5 mM di acido etilenediaminotetetracetico) per tutta la notte in agitazione a 65°C. I GAG sono stati misurati attraverso la reazione con il DMMB (Polysciences) utilizzando il condroitin solfato (Sigma) come standard. La misurazione dell’assorbanza è stata effettuata ad una lunghezza d’onda di 530 nm (Tecan Infinite M200 PRO). Il contenuto di DNA è stato analizzato utilizzando il saggio PicoGreen (Invitrogen) seguendo il protocollo fornito dal produttore. Una curva standard basata sulla concentrazione nota di DNA è stata utilizzata per calcolare la concentrazione di DNA nei campioni. La misurazione dell’assorbanza è stata effettuata utilizzando lunghezze d’onda pari a 460 e 540 nm (Tecan Infinite M200 PRO). I dati sono stati espressi come quantità di GAG normalizzati in base al contenuto di DNA negli hOAc coltivati per 7 giorni, mettendo a confronto la variazione percentuale dei valori misurati nel gruppo di controllo rispetto a quello trattato con irisina.

Estrazione dell’RNA e analisi dell’espressione genica

L’RNA totale è stato estratto dai pellet dopo 7 giorni di coltura utilizzando il reagente TRIzol (Invitrogen) secondo il protocollo fornito dal produttore12. Il DNA complementare (cDNA) è stato sintetizzato utilizzato il kit High Capacity cDNA Reverse Transcription (Applied Biosystems) seguendo il protocollo fornito dal produttore. I livelli di RNA messaggero (mRNA) sono stati misurati mediante qRT-PCR utilizzando i saggi TaqMan Gene Expression e il TaqMan Universal Master mix con l’apparecchio UNG-Real Time PCR System 7900HT. È stata valutata l’espressione genica del collagene di tipo X, del collagene di tipo 2A1 e del GAPDH. Il livello di espressione di ciascun gene è stato normalizzato in base all’espressione del GAPDH e calcolato come 2-ΔCt. I reagenti sono stati acquistati presso l’azienda Applied Biosystems.

Estrazione delle proteine ed analisi con western blot 

I lisati cellulari sono stati ottenuti utilizzando il radioimmunoprecipitation assay buffer (RIPA buffer; R0278, Sigma) e quantificato utilizzando il kit DC protein assay (Bio-Rad). Gli estratti delle proteine totali (20 mg) di ogni campione sono stati caricati su di un gel per elettroforesi di poliacrilammide al 4-12% di sodio dodecil solfato e trasferiti su membrane di nitrocellulosa attraverso il Trans-Blot Turbo Transfer System (Bio-Rad). Le membrane sono state incubate con una soluzione di bloccaggio (TBST 1X con il 5% di latte in polvere senza grassi) per un’ora e, successivamente, con l’anticorpo primario per tutta la notte in lieve agitazione, ad una temperatura di 4°C. Sono stati utilizzati i seguenti anticorpi primari: anti-GAPDH (topo, 1:10000, Sigma), anti-Coll II (coniglio, 1:2500, Abcam, Cambridge, UK), anti-Coll X (coniglio, 1:2500, Abcam), anti-p38 (coniglio, 1:1000, Cell Signaling, Danvers, MA, USA), anti-phospho p38 Thr180/Tyr182 (coniglio, 1:1000, Cell Signaling), anti-p44/42 ERK1/2 (coniglio, 1:1000, Cell Signaling), anti-phospho p44/42 ERK1/2 Thr202/Tyr204 (coniglio, 1:2000, Cell Signaling). L’anticorpo anti-coniglio/topo coniugato con la perossidasi del rafano (1:1000, Abcam) è stato utilizzato per la detezione del segnale di chemiluminescenza mediante l’apparecchio ChemiDoc (Bio-Rad) e il software Quantity One (Bio-Rad) per quantificare l’intensità di segnale delle singole bande.

Microscopia ad immunofluorescenza    

Per l’analisi microscopica, gli hOAc sono stati fatti crescere su dei vetrini copri- oggetto in vetro (Carlo Erba) fino ad una confluenza del 60% e trattati con dosi differenti di r-irisina o DPBS. I campioni sono stati fissati utilizzando paraformaldeide al 4% per 30 minuti a temperatura ambiente e poi lavati con PBS. La permeabilizzazione delle cellule è stata ottenuta con Triton X-100 allo 0.1% (Sigma) per 10 minuti a temperatura ambiente; le cellule sono state lavate per tre volte con PBS e successivamente poste in una soluzione di bloccaggio composta da PBS/FBS al 10% per 30 minuti. In seguito, le cellule sono state incubate per 1 ora a temperatura ambiente in presenza degli anticorpi anti-p38 (coniglio, 1:100, Cell Signaling), anti-phospho p38 Thr180/Tyr182 (coniglio, 1:100, Cell Signaling), anti-p44/42 ERK1/2 (coniglio, 1:100, Cell Signaling), anti-phospho p44/42 ERK1/2 Thr202/Tyr204 (coniglio, 1:200, Cell Signaling); tutti gli anticorpi sono stati diluiti in PBS. I campioni sono stati in seguito lavati con PBS, incubati per 1 ora a temperatura ambiente in presenza dell’anticorpo anti- coniglio coniugato con il colorante AlexaFluor 568 (capra, Invitrogen) diluito in PBS. I vetrini sono stati lavati con PBS per tre volte e al secondo lavaggio è stato aggiunto il 4’,6-diamino-2-fenilindolo (DAPI; Sigma) ed incubato per 30 minuti a temperatura ambiente, in presenza della soluzione antifade Vectashield (Vector Laboratories) per ridurre il decadimento della fluorescenza. Le immagini sono state acquisite utilizzando un microscopio a fluorescenza Nikon Ti.

Analisi statistica

Tutti i dati quantitativi sono espressi sotto forma di media aritmetica ± deviazione standard. L’analisi è stata effettuata con il software SPSS 19.0. Le differenze tra il gruppo di controllo e il gruppo sperimentale sono state valutate con il test U di Manny-Whitney e il test t di Student a due code. Un livello di p < 0.05 è stato considerato statisticamente significativo. Ogni esperimento è stato ripetuto tre volte; sono riportati gli esperimenti più rappresentativi.

Risultati

L’irisina favorisce la proliferazione dei condrociti osteoartrosici.

La graduale riduzione del numero dei condrociti all’interno della cartilagine articolare è uno dei principali fenomeni responsabili degli eventi caratterizzanti la degenerazione osteoartrosica. L’esposizione degli hOAc all’irisina ha dimostrato di promuoverne la proliferazione in maniera statisticamente significativa a 4, 10 e 14 giorni dall’inizio della coltura (Fig. 1). Al giorno 4, l’irisina ha portato ad un significativo aumento della concentrazione cellulare (5475 ± 324 cellule/ml) rispetto al gruppo di controllo (3015 ± 142 cellule/ml; p < 0.01, test U di Mann-Whitney). Dopo 10 giorni di trattamento, il gruppo sperimentale presentava 8622 ± 25 cellule/ ml, mentre gli hOAc supplementati con DPBS contavano 5053 ± 47 cellule/ml (p < 0.01, test U di Mann-Whitney). Al giorno 14, la concentrazione media di hOAc nel gruppo trattato con irisina si dimostrava ancora significativamente più elevata rispetto al gruppo di controllo (9012 ± 76 cellule/ml e 6006 ± 87 cellule/ml, rispettivamente; p < 0.01, test U di Mann-Whitney).

 

Fig. 1: L’irisina favorisce la proliferazione cellulare dei condrociti osteoartrosici. I condrociti umani osteoartrosici sono stati coltivati in un terreno contenente DPBS (Ctr) o irisina. La conta cellulare ha rivelato un aumento del numero di cellule coltivate in presenza di irisina nettamente superiore rispetto al gruppo di controllo (**p < 0.01).

 

L’irisina promuove la sintesi di GAG da parte dei condrociti osteoartrosici

La perdita progressiva di GAG nella cartilagine articolare è uno dei fenomeni più caratteristici dell’osteoartrosi. Per questo motivo, è stato valutato l’effetto dell’irisina sulla produzione di GAG da parte degli hOAc. Le colture cellulari tridimensionali esposte a r-irisina hanno difatti dimostrato un aumento nella sintesi dei GAG normalizzati in base al contenuto cellulare di DNA rispetto al gruppo di controllo (Fig. 2). Considerando il valore del rapporto GAG/DNA nel gruppo di controllo come baseline pari al 100%, il gruppo sperimentale ha dimostrato un incremento statisticamente significativo del suddetto pari a 129.18 ± 10.9% (p = 0.012, t test).

 

Fig. 2: L’irisina promuove la sintesi di glicosamminoglicani da parte dei condrociti osteoartrosici.
Il saggio DMMB ha dimostrato la presenza di un contenuto di glicosamminoglicani (GAG) sensibilmente maggiore nei campioni trattati con irisina rispetto al gruppo di controllo. La quantità di GAG è stata normalizzata in base al contenuto cellulare di DNA misurato mediante il saggio PicoGreen (*p < 0.05). I risultati sono espressi come variazione percentuale del rapporto GAG/DNA misurato nei campioni trattati con irisina rispetto al gruppo di controllo (Ctr).

 

L’irisina ristabilisce il normale profilo di espressione genica dei condrociti osteoartrosici

Sono stati valutati gli effetti dell’irisina sull’espressione genica, da parte degli hOAc, delle principali proteine contenute nella matrice extracellulare cartilaginea. I risultati ottenuti hanno dimostrato un aumento dell’espressione dell’mRNA del collagene di tipo II (Fig. 3a), componente strutturale caratteristico della cartilagine articolare in condizioni fisiologiche: l’espressione relativa dei livelli di mRNA di del suddetto gene si è dimostrata essere 8.72 ± 2.8 nel gruppo di controllo rispetto a 10.91 ± 2.73 nel gruppo sperimentale (p < 0.001, t test). D’altro canto, si è riscontrata una significativa riduzione dell’espressione dell’mRNA codificante per il collagene di tipo X (Fig. 3b), marker caratteristico della matrice extracellulare osteoartrosica espresso dai condrociti ipertrofici: l’espressione genica dell’mRNA del collagene di tipo X si è rivelata essere 7.44 ± 2.84 nel gruppo esposto all’irisina e 9.79 ± 2.23 nel gruppo di controllo (p < 0.05, t test). Inoltre, questi dati sono stati confermati dalla valutazione quantitativa delle proteine corrispondenti (Fig. 3c): l’irisina ha dimostrato di aumentare la produzione di collagene di tipo II e ridurre quella di collagene di tipo X dopo 5 e 20 minuti di incubazione. Tali risultati sono stati poi confermati mediante analisi densitometrica dell’intensità delle bande (Fig. 3d). Difatti, l’espressione relativa dei livelli di collagene di tipo II normalizzata rispetto ai livelli GAPDH (proteina housekeeping) risultava essere 0.11 ± 0.003 nel gruppo di controllo, mentre il trattamento con irisina ha incrementato tali valori fino a 0.73 ± 0.072 a 5 minuti (p = 0.004, t test), e 6.87 ± 0.04 a 20 minuti (p = 0.001, t test). D’altro canto, l’espressione relativa dei livelli di collagene di tipo X normalizzata rispetto al contenuto di GAPDH si è rivelata pari a 1.92 ± 0.09 nel gruppo di controllo, per poi diminuire nel gruppo sperimentale fino a 1.11 ± 0.02 a 5 minuti (p = 0.003, t test) e 0.1 ± 0.009 dopo 20 minuti (p < 0.001, t test).

 

Fig. 3: L’irisina ristabilisce il normale profilo di espressione genica dei condrociti osteoartrosici.

a | L’espressione dell’mRNA codificante per il collagene di tipo II è stata valutata mediante RT-PCR. I risultati hanno dimostrato un aumento statisticamente significativo dell’espressione genica del collagene di tipo II nei campioni trattati con irisina (***p < 0.001). b | Con la medesima metodologia, è stata esaminata l’espressione genica del collagene di tipo X, i cui livelli si sono dimostrati significativamente inferiori nei campioni esposti all’irisina (*p < 0.05). c, d | Per valutare la sintesi effettiva delle proteine corrispondenti, è stata effettuata la quantificazione del collagene di tipo II e del collagene di tipo X mediante western blot dopo incubazione per 5 minuti (5’) e per 20 minuti (20’) con irisina. L’esperimento ha confermato i risultati precedentemente osservati alla PCR. Il grado di intensità delle bande è stato poi analizzato mediante densitometria. I risultati sono stati espressi come densità ottica relativa delle bande di proteina rispetto a quella del GAPDH, costitutivamente espresso dalle cellule. I livelli di collagene di tipo II sono risultati significativamente più elevati ad entrambi gli intervalli considerati (**p < 0.01). Al contrario, i livelli di collagene di tipo X sono progressivamente diminuiti a 5 minuti (**p < 0.01) e a 20 minuti (***p < 0.001).

 

L’irisina attenua la degenerazione cartilaginea osteoartrosica attraverso i pathway p38/ERK MAPK

Allo stato attuale, il recettore dell’irisina non è stato ancora identificato. Per meglio delineare il meccanismo con cui questa molecola agisce sui condrociti, sono stati condotti degli esperimenti volti ad individuare le vie di trasduzione coinvolte nei fenomeni sopra descritti. I dati ottenuti hanno mostrato come i pathway p38/ERK MAPK possano rivestire un ruolo fondamentale nell’attenuazione della degenerazione cartilaginea osteoartrosica mediata dall’irisina. Una riduzione significativa dei livelli di proteina p38 fosforilata (p-p38) e di proteina ERK fosforilata (p-ERK) nei condrociti osteoartrosici è stata gradualmente identificata attraverso western blot da 5 minuti fino a 20 minuti di trattamento con irisina. (Fig 4a). Per comprovare l'effettivo ruolo dei pathway p38/ERK, gli hOAC sono stati pre-trattati con l’inibitore di p38 SB203580 (SB) per 30 minuti; le cellule sono state quindi coltivate in presenza di r-irisina per 5, 10 e 20 minuti e la quantità di p-p38 e p-ERK è stata nuovamente valutata. I risultati mostrano che, in risposta al trattamento con r-irisina, i livelli di p-p38 e p-ERK tendono a ristabilirsi (Fig. 4c).

 

Fig. 4: L’irisina attenua la degenerazione cartilaginea osteoartrosica attraverso i pathway p38/ERK MAPK

a | Per valutare il possibile coinvolgimento dei pathway p38/ERK MAPK. la quantificazione di p38, p38 fosforilata (p-p38; forma attiva) ed ERK fosforilata (p-ERK; forma attiva) è stata effettuata mediante western blot nel gruppo di controllo e nel gruppo trattato con irisina. I risultati hanno dimostrato una riduzione dei livelli di p-p38 e di p-ERK a 5, 10 e 20 minuti (5’, 10’, 20’) dall’applicazione dell’irisina. Tali dati sono poi stati confermati mediante analisi densitometrica (b). I livelli di p-p38 si sono ridotti progressivamente dopo 5, 10 (**p < 0.01) e 20 minuti (***p < 0.001); i livelli di p-ERK hanno seguito un trend simile, con una diminuzione significativa della quantità di proteina a 5 (**p < 0.01), 10 (**p < 0.01) e 20 minuti (***p < 0.001). c | Il ruolo effettivo del pathway p-38/ERK MAPK è stato analizzato mediante quantificazione delle suddette proteine in seguito ad applicazione di irisina ed SB203580 (SB), inibitore di p38. I risultati mostrano come l’aggiunta di SB al terreno ristabilisca i valori di p38 fosforilata (p-p38) ed ERK fosforilata (p-ERK), bloccando presumibilmente l’effetto inibitorio dell’irisina sui pathway p38/ERK MAPK. I dati sono stato confermati mediante analisi densitometrica (d), che ha riportato un aumento significativo dei livelli di p-p38 a 10 (*p < 0.05) e 20 minuti (**p < 0.01). Similmente, i livelli di p-ERK si sono dimostrati più elevati ad ognuno degli intervalli temporali considerati (5 minuti: **p < 0.01; 10 e 20 minuti; ***p < 0.001).

 

L'esperimento è stato valutato tramite western blot: le relative densitometrie sono state dunque espresse graficamente (Fig. 4b,d). Partendo da una baseline di 1 (gruppo di controllo), l’espressione relativa di p-p38 si è rivelata essere 0.82 ± 0.08 a 5 minuti (p = 0.06, t test), 0.30 ± 0.04 a 10 minuti (p = 0.001, t test) e 0.25 ± 0.008 a 20 minuti (p < 0.001, t test). Per quanto concerne p-ERK, sempre considerando una baseline di 1 nel gruppo di controllo, l’espressione relativa della proteina si è dimostrata pari a 0.77 ± 0.03 a 5 minuti (p = 0.007, t test), 0.56 ± 0.02 a 10 minuti (p = 0.001, t test) e 0.49 ± 0.02 a 20 minuti (p < 0.001, t test). Nei campioni pre-trattati con SB e successivamente coltivati con irisina, considerando la baseline pari a 1 nel gruppo di controllo, i livelli di p-p38 sono rimasti stabili dopo 5 minuti (0.95 ± 0.07; p > 0.05, t test) per poi progressivamente aumentare dopo 10 minuti (1.25 ± 0.08; p < 0.05, t test) e 20 minuti (1.85 ± 0.08; p = 0.003, t test). Similmente, i livelli di p-ERK sono aumentati fino a 2.25 ± 0.11 a 5 minuti (p = 0.002, t test), 2.73 ± 0.05 a 10 minuti (p < 0.001, t test) e 4.26 ± 0.09 a 20 minuti (p < 0.001, t test). Per ulteriore conferma del risultato ottenuto sono state effettuati esperimenti con microscopia ad immunofluorescenza per verificare l'attivazione di p38 e di ERK. Come è possibile apprezzare, dopo trattamento con l'irisina p-p38 e p-ERK traslocano dal nucleo al citoplasma, a dimostrare la loro inattivazione (Fig. 5).

 

 

Fig. 5: L’irisina modifica l’espressione citoplasmatica di p-ERK e p-p38.
Sono raffigurate immagini rappresentative degli esperimenti di immunofluorescenza mirati a valutare la localizzazione e l’espressione di p38, ERK e delle rispettive forme attive fosforilate (p-p38 e p- ERK) all’interno delle cellule trattate con irisina. I risultati mostrano come l’esposizione all’irisina induca la traslocazione di p-p38 e p-ERK dal nucleo al citoplasma, testimoniando il ruolo inibitorio dell’irisina sulle suddette vie di trasduzione intracellulare. Blu = DAPI (nucleo).

 

In conclusione, tali risultati dimostrano che l’irisina attenua la degenerazione cartilaginea osteoartrosica agendo sui condrociti articolari mediante l’inibizione dei pathway p38 ed ERK in vitro.

Discussione

L’osteoartrosi è la patologia degenerativa articolare più comune in assoluto: l’impatto clinico, sociale ed economico che essa comporta giustifica la necessità di individuare un approccio terapeutico in grado di rallentare, o idealmente prevenire, la progressiva degenerazione dei tessuti articolari. L’esercizio fisico mostra effetti positivi sia nella prevenzione che nel trattamento dell’artrosi, seppur i meccanismi responsabili siano ancora sconosciuti. I dati ottenuti da questo studio dimostrano per la prima volta che l’irisina, una miochina di recente scoperta rilasciata in risposta all’esercizio fisico, è in grado di agire direttamente sui condrociti osteoartrosici promuovendo la sintesi di glicosamminoglicani e collagene di tipo II, riducendo allo stesso tempo la produzione di collagene di tipo X; l’insieme di questi effetti sembrerebbe derivare dall’inibizione delle vie di trasduzione intracellulare p38/ERK MAPK. Sulla base di quanto affermato, il presente studio riconosce per la prima volta la cartilagine come uno degli organi bersaglio dell’irisina, testimoniando l’esistenza di un vero e proprio cross-talk tra muscolo e cartilagine. L’irisina, secreta dal muscolo scheletrico in seguito all’esercizio fisico, potrebbe dunque promuovere l’anabolismo condrocitario in modo tale che la cartilagine possa meglio rispondere al sovraccarico biomeccanico e all’aumentato attrito che si generano durante un’attività motoria prolungata.

La transdifferenziazione adipocitaria e il ruolo positivo sul metabolismo energetico sono stati i primi effetti dell’irisina ad essere stati descritti7. Successivamente, è stato dimostrato che l’irisina favorisce la proliferazione, il differenziamento e l’anabolismo in diversi tipi cellulari, tra cui osteoblasti9, cellule staminali mesenchimali del midollo osseo13 e cellule endoteliali venose del cordone ombelicale umano14.     

I risultati del presente studio confermano come anche i condrociti facciano parte dei bersagli diretti dell’irisina: l’azione della miochina sulla cartilagine potrebbe estrinsecarsi per via endocrina o paracrina; ciò è confermato dalla correlazione inversa tra la concentrazione di irisina nel fluido sinoviale e la gravità dell’osteoartrosi del ginocchio, secondo quanto riportato in uno studio precedente10.

Nel presente studio, sono stati esaminati gli effetti anabolici dell’irisina su condrociti umani osteoartrosici trattati con irisina ricombinante umana per 7 giorni in un sistema di coltura tridimensionale. I risultati hanno dimostrato che il trattamento ha prodotto l’incremento della sintesi del collagene di tipo II (caratteristico della fisiologica matrice extracellulare cartilaginea), riducendo allo stesso tempo l’espressione del collagene di tipo X, noto marker di ipertrofia condrocitaria nella cartilagine osteoartrosica15. Inoltre, l’esposizione dei condrociti articolari all’irisina ha comportato un aumento significativo della proliferazione cellulare.

Allo stato attuale, il recettore dell’irisina non è stato ancora identificato; ciononostante, individuare le vie di trasduzione coinvolte negli effetti mediati dall’irisina sarebbe di notevole importanza per delinearne il ruolo fisiologico e specularne la futura applicazione. Diversi studi mostrano come, tra i pathway più frequentemente associati all’azione cellulare dell’irisina, figurino le vie coinvolgenti le MAPK p38 ed ERK, comunemente implicate in molteplici processi, tra cui sopravvivenza, proliferazione cellulare e sintesi proteica in risposta allo stress16. Difatti, l’attivazione dei pathway p38/ERK MAPK si è rivelata cruciale nel mediare gli effetti dell’irisina precedentemente descritti sugli adipociti7, sugli osteoblasti9, sui miociti17 e sulle cellule β del pancreas18.

Curiosamente, i risultati dello studio hanno dimostrato come l’azione anabolizzante dell’irisina sui condrociti non sia mediata dalla stimolazione delle suddette vie di trasduzione, bensì da una inibizione delle stesse. Dati simili sono stati riscontrati durante la valutazione dell’effetto anti-aterogeno dell’irisina sulle cellule endoteliali: anche in tale contesto, la miochina si è rivelata in grado di inibire il pathway p38 MAPK, riducendo così lo stress ossidativo cellulare19. Nel presente studio, l’applicazione di irisina alle colture cellulari ha provocato una riduzione della fosforilazione di p38 ed ERK: questi risultati sono stati successivamente comprovati dall’aggiunta di SB, un inibitore di p38, che è stato in grado di ristabilire i livelli originari delle forme attive p-38 e p-ERK, confermando quindi la capacità dell’irisina nell’ostacolare la fosforilazione di p38 ed ERK nei condrociti umani. Da questi risultati, è possibile supporre che i pathway p38/ERK MAPK siano responsabili dell’effetto condrogenico dell’irisina.  

Tale ipotesi è avvalorata dal noto coinvolgimento di tali vie di trasduzione nella patogenesi dell’artrosi. Nella cartilagine osteoartrosica, si rileva un eccessivo rilascio di basic fibroblast growth factor (bFGF) in seguito al sovraccarico meccanico: questo fattore stimola la trasduzione intracellulare attivando diverse MAPK, tra cui ERK e p38, che inducono l’aumentata espressione di metalloproteinasi come ADAMTS-5 e MMP-13, responsabili della degradazione del collagene di tipo II e della frammentazione dell’aggrecano20. Inoltre, l’attivazione del pathway p38 sembrerebbe inibire la sintesi di proteine strutturali della matrice e promuovere i processi di apoptosi e ipertrofia condrocitaria, ostacolando peraltro l’autofagia21. D’altro canto, l’induzione della via di trasduzione ERK nei condrociti osteoartrosici è stata correlata con l’assemblaggio del complesso di attacco alla membrana (MAC), importante effettore della risposta infiammatoria mediata dal sistema di complemento, potendo quindi suggerire il ruolo di questo pathway nell’infiammazione cronica di grado lieve caratteristica delle articolazioni artrosiche22. In quest’ottica, l’irisina potrebbe attenuare la degenerazione cartilaginea osteoartrosica arrestando i suddetti eventi e ripristinando la sintesi dei componenti fisiologici della matrice extracellulare attraverso l’inibizione dei pathway p38/ERK MAPK.

L’esercizio fisico supporta efficacemente la preservazione dell’omeostasi articolare ed è pertanto uno dei primi approcci conservativi nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoartrosi1. L’attività motoria, grazie al rinforzo dei muscoli periarticolari e al potenziamento del metabolismo aerobico, è in grado di migliorare la funzione articolare, ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita23, 24. L’importanza dell’esercizio fisico è comprovata dal fatto che la ridotta mobilità, dovuta ad esempio a dolore articolare intenso, cachessia o patologie muscolari, può favorire la degenerazione articolare e l’insorgenza di rigidità25. L’irisina potrebbe costituire difatti il mediatore degli effetti positivi dell’esercizio fisico sull’omeostasi cartilaginea: tuttavia, occorre sottolineare che l’effetto dell’allenamento sulla fisiologia articolare e sulla concentrazione sierica di irisina dipendono strettamente dalla tipologia di esercizio26-28.

Conclusioni

I risultati del presente studio dimostrano per la prima volta l’effetto dell’irisina sui condrociti articolari osteoartrosici. Attraverso l’inibizione dei pathway p38/ERK MAPK, la miochina è risultata in grado di aumentare l’espressione genica e, conseguentemente, la sintesi di collagene di tipo II; viceversa, si è registrata una riduzione nella produzione condrocitaria di collagene di tipo X. Allo stesso modo, il trattamento delle colture cellulari condrocitarie con irisina ha dimostrato di aumentare significativamente la proliferazione cellulare e la produzione di glicosamminoglicani.

L’insieme di queste evidenze dimostra per la prima volta in assoluto che l’irisina è in grado di instaurare un vero e proprio cross-talk capace di mettere in comunicazione il muscolo e la cartilagine, esercitando un effetto anabolico su entrambi i tessuti. In quest’ottica, i dati ottenuti potrebbero spiegare il meccanismo attraverso cui l’esercizio fisico migliori la funzione articolare.

Seppur siano necessari studi aggiuntivi volti a meglio definire il ruolo fisiologico dell’irisina, i risultati ottenuti sembrerebbero indicarne il grande potenziale nella prevenzione e nel trattamento dell’osteoartrosi.


Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Campus Bio-Medico di Roma

Relatore: Prof. Rocco Papalia, UOC Ortopedia e Traumatologia, Università Campus Bio-Medico di Roma

Correlatore: Dott. Gianluca Vadalà, Ricercatore in Malattie dell’apparato locomotore, Università Campus Bio-Medico di Roma

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