Dott. Alberto Santi

POIT - Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti, Servizio di Psicologia, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2018-2019

Vol. 63, n° 2, Aprile - Giugno 2019

ECM: Il mondo sorretto da Atlante. L’importanza delle discipline non chirurgiche nel trapianto di fegato

29 gennaio 2019

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Voci delle Associazioni: Associazione Psicologia dei Trapianti d’Organo (A.P.T.O.) - ONLUS

E. Campagna, T. Barucco, G. Prinzi, T. Battaglia, L. Ceresa, A. Santi, M. Rocco

L’Associazione Psicologia dei Trapianti d’Organo (A.P.T.O.) - Onlus nasce, dopo anni di lavoro e osservazione clinica, all’interno della U.O. di Psicologia dei Trapianti del A.O. San Camillo-Forlanini, dall’incontro di professionisti che hanno posto la loro attenzione sulle problematiche inerenti i trapianti d’organo, con un particolare focus sugli aspetti relazionali, sociali, emotivi ed umani che tale esperienza porta con sé.

Il trapianto d’organo è un intervento delicato e complesso sia dal punto di vista medico-chirurgico che da una prospettiva etica e psicologica. Esso consiste nella sostituzione di un organo deficitario, scompensato o disfunzionale con un organo sano prelevato da un donatore vivente o cadavere, compatibile con il soggetto malato.

Tendendo conto dei progressi scientifici e tecnologici, il trapianto rappresenta una conquista verso la gestione dei processi di deterioramento degli organi e verso un maggiore controllo dell’uomo di situazioni che si situano a confine tra la vita e della morte. È preso in considerazione quando non vi sono altre possibilità terapeutiche e la vita del soggetto è in pericolo; permette un miglioramento della qualità di vita del paziente e attiva un sentimento di speranza nell’individuo colpito da un grave scompenso a carico di un organo fondamentale.

Spesso la diagnosi che conduce al trapianto è un momento difficile per pazienti e familiari, che si trovano a doversi confrontare con la gestione di un tempo indeterminato e con la prospettiva di un intervento complicato. L’inserimento in lista avviene solo dopo numerosi accertamenti, che possono determinare l’attivazione di stati emotivi complessi sia nei pazienti che nei familiari che se ne prendono cura.  

Gli ambienti ospedalieri diventano familiari, luoghi in cui si assiste allo scorrere del tempo, dove viene alimentata la speranza di tornare ad una vita “normale”; la quotidianità subisce una modifica e deve essere necessariamente adattata alle nuove esigenze.

Durante l’attività clinica svolta presso la U.O. di Psicologia dei trapianti d’organo del A.O. San Camillo-Forlanini è stato possibile osservare che il trapianto offre sicuramente un miglioramento della qualità di vita da un punto di vista strettamente fisico, ma, tuttavia, comporta una modifica del benessere psico-sociale del paziente e dell’intero nucleo familiare. Nonostante gli evidenti cambiamenti relativi allo stato di salute, la cronicità della propria condizione conduce all’assunzione e all’adesione di specifiche prescrizioni mediche, non prive di conseguenze e il benessere ritrovato non coincide, a volte, con le possibilità di tornare alla “normalità”. Nel tempo il paziente dovrà accettare la cronicità della propria condizione, dovrà abbandonare il ruolo di “malato” per rimettersi in gioco e ricostruire parti della sua vita che avevano precedentemente subito una modifica necessaria. I familiari sono travolti dai medesimi cambiamenti e dovranno, insieme, affrontare nuove sfide relative all’aspetto lavorativo e al riappropriarsi della propria rete sociale.

I caregivers, spesso nell’ombra, hanno il compito di seguire il paziente nel delicato percorso trapiantologico e possono sentirsi “in dovere” di mettere da parte i propri vissuti a favore dell’assistenza del proprio congiunto bisognoso. Ciò non toglie che anche loro devono adattarsi a nuovi ruoli e questo comporta l’attivazione di un forte stress emotivo, che viene sottovalutato.

Pazienti e famiglie sono catapultati in una nuova condizione: laddove la malattia genera dolore, la possibilità di ricevere un trapianto fa nascere la speranza. Emergono sentimenti ed emozioni forti e, talvolta, contrastanti che possono essere gestiti e contenuti grazie ad un supporto psicologico che interessa non solo il paziente, ma l’intero nucleo familiare che, come lui, si trova a vivere un profondo cambiamento.

È stato osservato che nel corso dell’intero iter trapiantologico ogni nucleo familiare è sottoposto ad una ristrutturazione di ruoli che implica sia la capacità di ricercare e applicare nuove strategie relazionali ma anche la necessità di conformare le dinamiche intrapsichiche, familiari e sociali ai nuovi bisogni emersi.

L’APTO Onlus si è posta l’obiettivo di creare uno spazio di accoglienza per pazienti e familiari, oltre a quello previsto dalle istituzioni, al fine di offrire un servizio aperto a tutti coloro che sentono la necessità di condividere la propria esperienza e non viverla in solitudine. In tal senso si occupa di supportare psicologicamente pazienti e caregivers nella malattia e nel percorso terapeutico, fornendo, se necessario, assistenza nelle difficoltà riguardanti la sfera sociale, lavorativa, psichica e familiare. Credendo nel valore della collaborazione e del lavoro di squadra per il raggiungimento di un obiettivo comune, la Onlus è inserita nella Rete della Solidarietà dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini e collabora con il Polo Ospedaliero Interaziendale Trapianti (POIT), Dipartimento Cardiovascolare e Terapie Intensive.

Nel rispetto della “mission” e dei propri regimi statutari, l’APTO Onlus promuove progetti che spaziano dalla mera informazione al vero e proprio sostegno psicologico, grazie ad attività assistenziali create ad hoc sulle singole realtà incontrate e sulla base dell’esperienza maturata nel campo dei trapianti. 

La APTO Onlus riconosce l’importanza della comunicazione, atta ad aumentare il livello di conoscenza sul tema dei trapianti, informando e sensibilizzando l’opinione pubblica su argomenti, spesso percepiti distanti dalla propria vita.