Dott. Enrico Li Bianchi

Direttore U.O. Fisiopatologia Respiratoria, Az. Osp. San Camillo-Forlanini, Roma

Articolo pubblicato in:

Anno Accademico 2017-2018

Vol. 62, n° 3, Luglio - Settembre 2018

ECM: Cuore e Polmone 2018

27 marzo 2018

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Patologia Polmonare Ostruttiva: novità dai Trials Clinici

E. Li Bianchi

Il termine “trial clinico” definisce uno studio clinico farmacologico, biomedico o salute-correlato sull’uomo, che segue dei protocolli predefiniti. Lo scopo è quello di verificare che una nuova terapia sia sicura, efficace e migliore di quella normalmente impiegata e correntemente somministrata. Il trial clinico è parte integrante della cosiddetta medicina basata sull’evidenza, offrendo modalità organizzate e scientifiche per le migliori prove e sperimentazioni possibili e ottenendo risultati sui vantaggi e gli svantaggi dei diversi trattamenti. Senza i trial clinici, il progresso nella lotta contro le malattie sarebbe bloccato.

Gli  studi clinici controllati  randomizzati (randomized controlled trial, RCT) sono studi sperimentali che permettono di valutare l'efficacia di uno specifico trattamento  in   una determinata  popolazione.

Con il termine trattamento si intendono convenzionalmente non solo le terapie, ma tutti gli interventi (diagnostici, di screening, di educazione sanitaria) o anche l'assenza di intervento. Quando possibile, né lo sperimentatore né i soggetti coinvolti sono a conoscenza del trattamento assegnato (cioè entrambi sono in cieco, da cui il termine "doppio cieco") per ridurre la probabilità che ne siano influenzati. I pazienti potrebbero comportarsi in maniera diversa a seconda del gruppo al quale appartengono e gli operatori sanitari potrebbero valutare diversamente le loro condizioni (ad esempio in senso migliorativo se hanno molte aspettative nel trattamento sperimentale).

Nella tab. 1 (Moher) è rappresentato il flusso dei pazienti attraverso le fasi di sviluppo di uno studio randomizzato.

 

Tab.1

 

Nel corso degli ultimi due anni sono stati pubblicati alcuni studi clinici ricchi di novità  nel  campo della patologia polmonare ostruttiva, raccogliendo sotto questa denominazione sia la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva che l’Asma Bronchiale.

Lo studio FLAME

Consolidato dal 2015 (Cazzola et al.), l’utilizzo della doppia bronco dilatazione (LAMA + LABA) nei pazienti BPCO non controllati in monoterapia, per l’effetto superiore rispetto alle singole monocomponente, è stato recentemente pubblicato lo studio FLAME, studio multicentrico randomizzato, in doppio cieco, double dummy, di 52 settimane, di confronto tra l’associazione Indacaterolo e Glicopirronio versus Fluticasone e Salmeterolo,  condotto su una popolazione di 3362 pazienti affetti da BPCO, da moderata a  grave, con una storia di una o più riacutizzazioni nel corso del precedente anno.

  

Obiettivo primario:

Dimostrare che Glicopirronio/Indacaterolo fosse almeno non inferiore a Salmeterolo/Fluticasone (50/550 B.i.d.) in termini di riduzione del tasso di esacerbazioni nelle 52 settimane di trattamento.

 

Obiettivo secondario:

Il raggiungimento della superiorità di Gli/Inda.

È stato dimostrato  nel corso dello studio che Glicopirronio/Indacaterolo è superiore a Salmeterolo/Fluticasone (B.i.d.) in termini di frequenza di tutte le riacutizzazioni di BPCO nelle 52 settimane di trattamento.

End-point secondari:

- tempo alla prima esacerbazione (tutte) 

- tasso e tempo alla prima esacerbazione moderata/severa 

- tasso e tempo alla prima esacerbazione severa 

I risultati dello studio FLAME hanno confermato che l’associazione Glicopirronio/Indacaterolo è superiore alla associazione Salmeterolo/Fluticasone nel ridurre le riacutizzazioni a prescindere dalla gravità della malattia e dai livelli degli eosinofili del paziente.

Glicopirronio/Indacaterolo ha ridotto del 17% il tasso di riacutizzazioni moderate/gravi e, ha prolungato il tempo di comparsa di questi episodi con la riduzione del rischio del 22%n (16% se consideriamo tutte le esacerbazioni, 22% se consideriamo le esacerbazioni moderate/severe e 19% se consideriamo solo le esacerbazioni severe).

È stato dimostrato quindi che INDA/GLY è ben tollerato, con un profilo di sicurezza comparabile a SFC e una significativa ridotta incidenza di polmoniti.

Quindi lo studio FLAME ha posto le basi per un definitivo cambiamento di prospettiva: nel trattamento della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) gli steroidi inalatori non devono essere il trattamento di prima scelta. Lo studio, della durata di 12 mesi, ha coinvolto più di 3000 pazienti con BPCO di grado moderato-grave. Obiettivo era la valutazione della capacità dell’associazione di ridurre il numero di riacutizzazioni in un anno. Nato come studio di non inferiorità, lo studio FLAME ha invece dimostrato come la combinazione fissa Indacaterolo 110 mcg / Glycopyrronio 50 mcg in unica somministrazione giornaliera, è superiore alla combinazione fissa Salmeterolo 50 mcg / Fluticasone Propionato 500 mcg, in doppia somministrazione, nel prevenire ogni tipo di riacutizzazione e nel ritardare ogni tipo di riacutizzazione, con minore prevalenza del rischio di polmonite, ben noto con la combinazione contenente lo steroide inalatorio. Questo dato va ad aggiungersi alla già dimostrata superiorità della combinazione LAMA/LABA in termini di broncodilatazione rispetto, non solo alla combinazione LABA/ICS, ma anche a tutte le monoterapie. Dopo la pubblicazione dello studio FLAME, non vi è dubbio: le evidenze scientifiche a nostra disposizione orientano verso un’importante revisione delle Linee Guida e dei Documenti relativi alla terapia della BPCO.

 

Lo Studio TRILOGY

LA TRIPLICE COMBINAZIONE FISSA EXTRAFINE NEI PAZIENTI AFFETTI DA BPCO SEVERA E FREQUENTI RIACUTIZZATORI

Lo studio TRILOGY, della Chiesi farmaceutici, è stato pubblicato sulla rivista Lancet e presentato al Congresso dell’European respiratory society (Ers) 2016 a Londra.

Lo studio ha dimostrato che la tripla associazione fissa extrafine Ics /Laba/Lama (100 μg/6 μg/12,5 μg) da somministrare 2 volte al giorno, è superiore alla terapia combinata a dose fissa Ics/Laba (uno dei trattamenti standard in questa patologia) su un ampio numero di parametri clinici, che includono le esacerbazioni e la funzione respiratoria, mantenendo un alto profilo di sicurezza. I risultati dello studio supportano in modo convincente che, il primo inalatore ad associazione tripla fissa extrafine, è efficace per il trattamento della BPCO. L’inalatore è formulato specificatamente per permettere alle particelle extrafini di raggiungere le parti più profonde del polmone, e dimostra un significativo miglioramento deglioutcomes nei pazienti trattati. È un altro primato segnato da Chiesi e dal suo Centro di Ricerca nell’ambito dello sviluppo di terapie innovative nel trattamento della BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva).

Una maggiore ostruzione delle piccole vie aeree è associata con un aumento della mortalità. Lo studio è stato condotto su 101 pazienti con BPCO severa e grave (stadio GOLD 3 e 4) sottoposti ad intervento di riduzione del volume polmonare per enfisema avanzato, è uno studio clinico di fase III multicentrico, controllato, randomizzato, in doppio cieco (rapporto 1:1 tra i due bracci di trattamento) e in cui la terapia è stata somministrata per 52 settimane. Lo studio, precedentemente concordato con l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA), ha coinvolto 1368 pazienti di 159 centri in 14 Paesi in Europa e Sud America; in Italia hanno partecipato otto centri.

I pazienti, di età superiore ai 40 anni con una diagnosi di BPCO severa o molto severa e una storia recente di almeno un episodio di riacutizzazione, sono stati dapprima trattati tutti con l'associazione doppia fissa ICS/LABA per 2 settimane e poi sono stati randomizzati in due gruppi: metà ha continuato la terapia ICS/LABA (BDP/FF 100/6µg, due volte al giorno), l'altra metà è stata invece trattata con l'associazione tripla fissa ICS/LABA/LAMA (100/6/12·5µg, due volte al giorno). I pazienti sono stati valutati dopo 4, 12, 26, 40 e 52 settimane.                                                                                                             

Già dopo la 26esima settimana, la nuova terapia tripla a dose fissa di Chiesi ha aumentato in modo statisticamente significativo la funzionalità polmonare della mattina antecedente l'assunzione della prima dose giornaliera: il FEV1 (Forced Expiratory Volume in 1 second) è risultato di 81 mL più alto, in media, rispetto all'associazione doppia ICS/LABA.                                                             

Aumentata in modo statisticamente significativo la funzionalità polmonare già due ore dopo la prima dose giornaliera: il FEV1 è risultato di 117 mL più alto, in media, rispetto all'associazione doppia ICS/LABA. Questo vuol dire che l'effetto del farmaco si manifesta molto rapidamente, un fattore importante che può migliorare l'aderenza al trattamento e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Il Saint George’s Respiratory Questionnaire (un questionario utilizzato per valutare la qualità di vita delle persone con problemi respiratori) ha infatti mostrato che i pazienti trattati con l'associazione tripla fissa hanno migliorato il loro punteggio in media di oltre 4 unità, il limite ritenuto clinicamente rilevante.    Questi risultati sono stati confermati alla 52esima settimana. In questo arco di tempo è stata riscontrata una riduzione del 23% delle riacutizzazioni, che più di ogni altra cosa peggiorano la qualità di vita del paziente BPCO, che spesso causano il ricovero ospedaliero e che sono la principale causa di decesso. È stata quindi dimostrata l'importanza di trattare la BPCO severa con tutti e tre i principi attivi – ICS, LABA e LAMA, ed è possibile erogarli contemporaneamente, utilizzando un solo inalatore: un fattore importante che migliora sia l'efficacia della terapia, grazie alla co-deposizione dei tre principi attivi nelle vie aeree centrali e in quelle periferiche, sia l'aderenza alla terapia, soprattutto nei pazienti anziani che hanno maggiore difficoltà a gestire diversi dispositivi.

Asma Bronchiale

Trials clinici Real Life

 

Lo Studio SALFORD

Le Sperimentazioni cliniche randomizzate (RCT) ben condotte sono lo standard per la valutazione di efficacia dei farmaci e forniscono l’evidenza di cosa può essere ottenuto con un nuovo farmaco in condizioni strettamente controllate, in pazienti selezionati, trattati per un periodo di tempo definito. Tuttavia hanno dei limiti rilevanti: escludono molti pazienti che necessitano di trattamento, limitano la possibilità di generalizzare i risultati a popolazioni più ampie ed evidenziano difficoltà ad identificare eventi avversi rari ed efficacia a lungo termine dei farmaci.

Si inizia a parlare sempre più spesso degli studi di real life, richiesti dagli stessi enti regolatori, che rappresentano un utile complemento agli RCT. “Si tratta di un passaggio fondamentale per validare i dati ottenuti in ambiente più artificioso, come quello dei trial clinici randomizzati: si pensi che questi ultimi rappresentano di solito l’1% della popolazione con una data malattia, ma poi i risultati ottenuti con queste sperimentazioni si applicano al 100% dei pazienti”. Gli studi osservazionali longitudinali, real life, ben disegnati e condotti, sono un valido sistema per rispondere a quesiti chiave quali l’efficacia e la sicurezza a lungo termine di un farmaco, così come sull’appropriatezza di utilizzo nella normale pratica clinica. Permettono di valutare l’efficacia, in specifici sottogruppi, caratterizzati da elevata durata di malattia e terapie concomitanti per comorbilità. Pertanto, in contrasto alla RTC, le prove della vita reale, hanno un alto grado di generalizzabilità, ma una bassa validità interna.

Uno degli ultimi e maggiori realizzati è stato il Salford Study presentato da GlaxoSmithKline (Gsk) e Innoviva a Londra, al Congresso internazionale dell’European Respiratory Society (ERS), e pubblicato sul New England Journal of Medicine. Importante per la sua portata e caratteristiche. Si tratta infatti di uno studio prospettico e non retrospettivo, che in genere ha validità minore.

4.233 pazienti, 74 medici di famiglia, 132 farmacie di comunità, più di 3.000 persone coinvolte (tra medici, personale infermieristico e farmacisti nella gestione dello studio), un sistema digitale centralizzato di archiviazione di dati elettronici, più di 62 milioni di dati raccolti. Dietro l’apparente freddezza di questi numeri, si nasconde  un grande lavoro di coinvolgimento del Medico di Medicina Generale e dei pazienti nel mondo della ricerca clinica per la valutazione dell’efficacia e della sicurezza della terapia dell’asma nella pratica clinica reale, utilizzando alcuni “patient reported outcome”.

Uno studio di “effectiveness” in aperto, randomizzato, controllato vs. placebo, avente due bracci di trattamento, è stato pubblicato su The Lancet e presentato in contemporanea al Congresso ERS.

Lo studio ha dimostrato che iniziare il trattamento con fluticasone furoato (‘FF’) vilanterolo (‘VI’ or ‘FF/VI’) 92/22mcg o 184/22mcg in mono somministrazione quotidiana risulta superiore alla cura standard nel determinare un significativo miglioramento nel controllo dell’asma dei pazienti, nei 12 mesi di durata dello studio (misurata con l’Asma Control Test (ACT), in confronto ai pazienti che hanno continuato ad assumere i loro farmaci abituali. Per l'endpoint primario a 24 settimane, una percentuale significativamente più alta di pazienti con asma sintomatica che aveva iniziato il trattamento con FF/VI ha ottenuto un miglior controllo della malattia (71%) misurato con l’Asma Control test (ACT), in confronto ai pazienti che hanno mantenuto la terapia abituale (56%), (Odds ratio 2.00, 95% CI 1.70, 2.34; p<0.0001).

Come chiarisce il Prof. Francesco Blasi, “la particolarità del Salford Lung Study on Asthma è che si tratta uno studio pragmatico, che ha valutato l’efficacia comparativa, di più trattamenti, nella real life (effectiveness). Pur condividendo nella metodologia la pratica della randomizzazione in gruppi di trattamento, lo studio in questione non è un trial clinico randomizzato classico (RCT), dove vi sono dei criteri di ingresso e di esclusione molto stringenti, validi per una popolazione super selezionata. Ciò consente una generalizzazione dei risultati che non è possibile osservare con gli RCT, spesso la popolazione reclutata nei clinical trial, corrisponde al 2-3% della popolazione che ha una determinata malattia, lo studio Salford è caratterizzato per l’aver avuto criteri di esclusione minimi ed aver arruolato pazienti di età estremamente diverse. I medici avevano la possibilità di controllare i pazienti, gli eventuali accessi al Pronto Soccorso e in Ospedale, gli effetti indesiderati dei farmaci, ma erano gli stessi pazienti a gestirsi i farmaci, come succede nella vita di tutti i giorni. Lo studio, ha concluso Blasi, si aggiunge alle crescenti evidenze a supporto della nozione che la terapia con broncodilatatori a lunga durata d’azione, in aggiunta a steroidi inalatori (ICS), rappresenta uno dei capisaldi nella gestione del trattamento dell’asma. Il paziente asmatico, generalmente, viene controllato bene con questo tipo di trattamento, purché, ovviamente, lo si assuma correttamente, perché nessun farmaco (o combinazione farmacologica) funziona se non viene assunto in modo appropriato”.


BIBLIOGRAFIA

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